Carrère, uno degli autori più acclamati del momento, continua con Yoga il lavoro di autofiction che è diventato il tratto distintivo della sua narrativa più recente.
Racconta di aver raggiunto nel 2015 un centro di meditazione Vipassana, per svolgervi uno stage intensivo di dieci giorni, in totale isolamento, escludendo dalla sua vita ogni strumento di connessione digitale: smartphone, computer, tablet ecc. Inoltre non porta con sé nemmeno un libro.
Prende questa decisione nel tentativo di mettere un po' d'ordine nel proprio caos interiore (“noi siamo puro caos, confusione, siamo una poltiglia di ricordi e paure e fantasie e vane aspettative”), impresa che non gli è riuscita nemmeno dopo vent'anni di psicoanalisi (“Per circa vent’anni sono passato dal lettino di un analista all'altro senza risultati apprezzabili”).
Carrère tocca temi che hanno oggi grande risonanza nell'ambito dei media occidentali: la cura di sé, il benessere psicologico, la vita spirituale, la meditazione, lo yoga, il tai chi e le arti marziali in generale.
Sulla meditazione scrive Carrère:
“[...] dall’alto della mia infima esperienza, penso che si possa arrivare alla meditazione attraverso un sentiero meno impervio, un sentiero banalissimo, accessibile a tutti, e che la tecnica per imboccarlo si impari in cinque minuti. Consiste nel sedersi e nello stare per un certo tempo immobili e in silenzio. Tutto ciò che accade nel lasso di tempo in cui stiamo seduti, immobili e in silenzio, è meditazione”.E più avanti:
“[... ] La meditazione è far nascere dentro di noi un testimone che osserva il turbine dei nostri pensieri senza lasciarsene travolgere. La meditazione è vedere le cose come sono. La meditazione è distaccarsi dalla propria identità. La meditazione è scoprire che siamo altro da ciò che dice in continuazione: Io! Io! Io! La meditazione è scoprire che siamo altro dal nostro ego. [...] La meditazione è non giudicare. La meditazione è fare attenzione. La meditazione è osservare i punti di contatto tra il sé e l'altro da sé. la meditazione è l’arresto delle fluttuazioni mentali [...]”.
La meditazione non va intesa come semplice tecnica di autoaiuto ma come un metodo per conoscere se stessi più a fondo:
“[...] voglio affrontare l'argomento da un punto di vista diverso, da un altro scaffale, che non è quello dei libri di autoaiuto. Non intendo dire soltanto che lo yoga e la meditazione servono a sentirsi meglio, ma anche che sono, più ancora che una pratica piacevole o salutare, una maniera di rapportarsi al mondo, una via di conoscenza, una modalità di accesso alle realtà meritevoli di occupare un posto centrale nelle nostre vite”.
L'importante nella meditazione è accogliere tutte le caotiche increspature della mente (o dell'anima) e lasciarle andare. Tale procedimento è generatore di una maggiore serenità. Stephen Hawking ha potuto venire a patti con la sua difficile condizione fisica - ci assicura Carrère - proprio grazie alla pratica della meditazione.
L'autore deve interrompere il suo ritiro meditativo a causa dell’attentato terroristico alla rivista satirica Charlie Hebdo, dove perde la vita Bernard, lo stimato compagno di una sua carissima amica, Hélène. Riprenderà e porterà a termine successivamente, in un momento più propizio, il suo tirocinio meditativo.Il progetto di scrivere un libro sullo yoga è da tempo vagheggiato da Carrère, quando, inaspettatamente, l’esistenza gli riserva nuove sofferenze e nuove disavventure. L'ostacolo che si interpone fra lui e una ritrovata felicità si chiama disturbo bipolare, che lo costringe a sottoporsi alle cure di uno psichiatra e ad assumere farmaci. Le sue condizioni peggiorano. Cerca conforto presso un ex psicoanalista lacaniano trasformatosi negli anni in un maestro zen. Progetta di recarsi in Iraq, per scrivere un reportage. Alterna fasi ipomaniacali ad altre depressive durante le quali cova idee suicidarie. Viene ricoverato all'ospedale Sainte-Anne, una clinica psichiatrica, dove fa delle flebo di ketamina, che in un primo momento sembrano rigenerarlo.
Nondimeno lo scompenso psichico continua ad attanagliarlo, così come i propositi di morte. Il suo viene definito dagli specialisti "disagio psichico intollerabile”. Viene sottoposto a ripetuti elettroshock, oggi chiamati più gentilmente TEC, terapia elettroconvulsivante. Scosse elettriche assestate al cervello del paziente, in anestesia generale, nella speranza di provocare un reset mentale.
La TEC gli provoca disturbi mnestici, che il protagonista attenua imparando poesie a memoria. Dimesso dal Sainte-Anne, realizza il progetto del reportage in Iraq e, successivamente, va in vacanza a Patmos, in Grecia. L'inquietudine continua tuttavia a non dargli tregua. I sogni di "gloria e stabilità, amore e saggezza", coltivati per tutta la vita non gli dicono più niente.
Attratto dall’”emergenza profughi”, Emmanuel fa rotta verso la vicina isola di Leros, quartier generale di associazioni umanitarie che, tramite i numerosi volontari, assistono i rifugiati afghani, siriani e pakistani, i quali cercano in Occidente un po' di pace o la realizzazione dei propri sogni. Qui è ospitato nella modesta dimora della sua nuova amica Frederica, una docente americana di storia medioevale in pensione, reduce da una delusione amorosa e da un lieve ictus, che tramite un corso di scrittura creativa aiuta i giovani immigrati a rielaborare le loro dolorose esperienze.
La vita, con le sue promesse di felicità, ha infine la meglio e il protagonista, pur consapevole della precarietà e del costante divenire di tutte le esistenze, dopo la discesa agli inferi della malattia mentale torna "a riveder le stelle".
Ricco di introspezione ed autoanalisi, il libro autobiografico di Carrère si segnala, oltre che per la piacevolezza del testo, per la capacità di iniziare il lettore occidentale alle filosofie e agli esercizi spirituali collegati alla concezione orientale dell'esistenza. Anche se, in conclusione della narrazione, al lettore rimane l’impressione che il protagonista del libro sia ancora lontano da un soddisfacente raggiungimento del nirvana.