
Segue tra i commensali un’accesa discussione, in cui la maggioranza si schiera apertamente contro la donna, soprattutto contestando che si possa cedere così improvvisamente alla passione per un uomo che si è appena conosciuto. Solo il narratore manifesta un’opinione contraria. Egli crede al “colpo di fulmine”, crede che
“in certe ore della vita, al di fuori della propria volontà e della propria ragione, una donna può cadere sotto il dominio di qualche misteriosa potenza, il voler negare questo fatto, mostra solo paura del proprio istinto, del demonio della nostra natura”
.
Della comitiva di pensionanti fa parte anche una vecchia dama inglese molto rispettata, Mrs. C., “aristocratica e riservata”, un po’ distante, dedita alla lettura e al pianoforte. Qualche giorno più tardi Mrs. C. chiede per lettera al narratore di poter avere con lui una conversazione privata, in merito a un fatto accadutole più di vent’anni prima e che ancora la tormenta. L’incontro ha luogo, nella stanza della vecchia signora.
All’età di 40 anni Mrs. C. è rimasta vedova. Per riempire il vuoto affettivo, la signora viaggia molto. Si trascina apatica per grandi magazzini e musei. Il tedio e la noia insopportabile la conducono a Montecarlo. Frequenta il casinò, dove per vincere il tedio si mette ad osservare, come un tempo le aveva suggerito il marito, le mani dei giocatori, che spesso tradiscono le loro emozioni. Le mani di un giocatore in particolare attirano la sua attenzione:
“Erano mani di rara bellezza, molto lunghe, molto snelle, eppure tramate di nervi, molto bianche, unghie pallide alle punte, ben curvate, madreperlacee. [...] Ero in presenza, lo capii subito, di un giovane essere pieno di vita, che tratteneva tutta la sua passione nelle punte delle dita per non scoppiare lui stesso”.
Le mani appartengono a un ventiquattrenne, di una bellezza affascinante e quasi femminea. Quella sera alla roulette il giovane perde tutto. Abbandona barcollando la sala e Mrs. C. presagisce che quell’uomo cerca la morte. Allora lo segue. Non è innamorata di lui. Lo segue per paura che gli accada qualcosa di terribile e di irrevocabile. Fuori dal casinò l’uomo si abbandona disperato su una panchina, mentre si abbatte sulla città un nubifragio. La donna conduce il giovane con gli abiti fradici in un modesto albergo dove possa trovare riparo e trascorrere la notte, per ripartire poi per Nizza il giorno dopo. Gli dà anche del denaro.
Il giovane allora, con un moto improvviso, la trascina nella stanza d’albergo. L’uomo, ormai sull'orlo dell’abisso, si avvinghia alla donna come a un’ancora di salvezza. I due si abbandonano a una notte di furibonda passione. Al risveglio Mrs. C. si vergogna e prova ribrezzo nel trovarsi “con uno sconosciuto in un letto estraneo di un albergo sicuramente equivoco”. Prova l’impulso di vestirsi, fuggire e tornare all'esistenza di prima. Dà un ultimo sguardo al volto dello sconosciuto e lo trova sereno, di una beatitudine infantile. Prova la gratificante consapevolezza di averlo salvato.
In una sola notte la donna, che dalla morte del marito aveva rinunciato alla vita, si sente rinata, sente di avere finalmente uno scopo. Era accaduto nella sua vita qualcosa di “inaspettato”, la parola “impossibile” aveva perso per lei ogni significato.
“In quelle dieci ore avevo conosciuto la realtà vissuta mille volte meglio che in quarant’anni di pacifica esistenza borghese”.
Quando di nuovo si incontrano, il giovane, premuroso e grato, gli racconta la sua storia. Figlio di un nobile polacco, avviato agli studi diplomatici, dopo un esame superato brillantemente viene condotto dallo zio alle corse. Qui vince un somma notevole e si appassiona al gioco. Da lì ha inizio la sua disgrazia: la febbrile passione per il gioco. Comincia a fare debiti che non riesce a pagare, arriva a rubare gli orecchini di perla di una vecchia zia.
Mrs. C. si fa promettere dal giovane che rinuncerà ai tavoli da gioco per il resto della sua vita. La riconoscenza del giovane e i suoi delicati sentimenti nei suoi confronti rendono la donna felice, come forse non lo era mai stata. Gli porge del denaro che lui riluttante accetta. Una forma di infelicità si impossessa della donna: il giovane l'abbandona senza tentare di portarla con sé. La donna prova delusione, e scopre che di quel giovane è perdutamente innamorata, al punto che per lui sfiderebbe lo scandalo, le convenzioni sociali, la perdita della sua rispettabilità borghese. Mrs C. non intende più tornare alla sua grigia esistenza e quindi decide di partire con il giovane con il treno della sera.
Per una serie di contrattempi, quel treno parte senza di lei. Sentendosi perduta, con il cuore in fiamme, la donna cerca il giovane, ripercorre i luoghi in cui hanno trascorso del tempo insieme. E trova il giovane… al tavolo da gioco, gli occhi sbarrati ad osservare la pallina. Non era partito e il denaro che lei gli aveva dato, malgrado il giuramento, se lo stava giocando. Si siede allora vicino a lui, ma egli è preso totalmente dal suo vizio e non se ne accorge. Quando lei, irata, lo afferra per la spalla, lui la respinge spazientito, irritato, buttandole delle banconote in faccia. Umiliata, la donna fugge via.
Ventiquattro ore esatte dopo il suo folle incontro al casinò, Mrs C.sale
sul treno per Parigi, per proseguire poi per Londra e ritornare
alla sua precedente, rassicurante esistenza.
Anche se il tempo ha attenuato il rimorso e la vergogna , Mrs.
C. sente che la confessione fatta al narratore l’ha liberata di un peso.
Si è sentita compresa e assolta.
Il racconto verte sulla potenza dell’eros, sulla sua capacità di sovvertire ogni ordine morale e di rigenerare la vita, ma anche di travolgerla, scombussolarla, perderla. Le passioni conferiscono sapore alla nostra esistenza ma possono diventare generatrici di caos.
La catarsi successiva alla confessione ricorda i metodi
freudiani, in voga nella Vienna dell'epoca, che promettevano la
risoluzione dei sintomi dei pazienti nevrotici tramite
l'evocazione del trauma subito.