
"Non andava per il mondo ad applicare ordinamenti tracciati in anticipo, ma a vivere conforme al modo in cui erano vissuti i cavalieri erranti: il suo modello erano vite create e narrate dall'arte, non già sistemi montati e spiegati da una qualsiasi scienza. E a questo conviene anche aggiungere, per di più, che a quei tempi non esisteva ancora quella faccenda che si suol chiamare "sociologia", tanto per chiamarla con un qualche nome. (...) Non sceglieva lui , da superbo, le avventure, né si accingeva a far questo o quello, ma solamente ad affrontare quel che gli metteva innanzi la sorte delle strade; e poiché l'istinto delle bestie dipende dalla volontà divina in maniera più diretta che il nostro libero arbitrio, si lasciava guidare dal cavallo".
Di simili illuminazioni e sublimi metafore si compone questo libro, in apparenza un semplice testo di critica letteraria, una serie di postille ad un capolavoro, il Don Chisciotte di Cervantes.
In realtà un grande libro, autonomo, bello, un autentico breviario su come affrontare la vita, con coraggio, intelligenza, saggezza, responsabilità, energia.
Unamuno trasferisce in questo libro la grandezza della propria anima e ne fa una lettura indispensabile per fronteggiare i numerosi passaggi difficili con cui la vita ci impone di misurarci.
Don Chisciotte viene a rappresentare il prototipo della nobiltà d'animo e su di lui Unamuno dimostra di saperne più di Cervantes stesso. "Miguel de Unamuno disse che se Cervantes era nato per scrivere il Don Chisciotte, lui - Unamuno - era nato per commentarlo", recita la seconda di copertina.
Un libro da tenere sottomano quando al coraggio di vivere subentra lo scoramento.
Dopo questa lettura, che ci rende più liberi, barbieri e curati non avranno più nessun potere su di noi.