copertina libroGiampiero Boniperti nasce a Barengo, un borgo di poco più di mille abitanti, nei pressi di Novara, il 4 luglio del 1928. Il padre, Agabio, è proprietario terriero e podestà del paese; la madre, Camilla De Paoli, è maestra.
I Boniperti sono una famiglia benestante. Abitano in una villa spaziosa, ricavata da un ex convento e danno lavoro a decine di braccianti.

Giampiero ha due fratelli: Franca e Gino. Oltre ad estesi appezzamenti di terreno, i Boniperti possiedono un fiorente allevamento bovino. Novara e Vercelli sono le province maggiori produttrici di riso e così, durante la stagione della "monda", la tenuta della famiglia Boniperti ospita numerose lavoranti, le cosiddette mondine. Di giorno si fatica duramente in risaia, di sera si festeggia sull'aia con balli accompagnati dalla fisarmonica.

Giampiero è un bimbo vivace e sveglio. Diventato più grande, eredita dal padre la passione per la caccia. Frequenta il collegio ad Arona e lui e il fratello Gino giocano a calcio nella squadra del paese. Gino ha delle grandi doti atletiche, purtroppo dilapidate: eccelle in molti sport, ma è più attratto dalle ragazze. Insieme, i due Boniperti sono protagonisti di epici scontri con le squadre dei paesi vicini. Lo spirito di campanile non di rado sfocia in accese risse. Giampiero segna caterve di gol.
Si tessera col Momo, con la cui maglia gioca una sola partita, firmando i due gol della vittoria.

Il cuore di Giampiero batte per la Juventus. Il suo sogno è vestire la maglia bianconera. Grazie all'interessamento del medico di Barengo, ottiene la possibilità di sostenere un provino per la Juve. Impressiona lo staff bianconero. Alla sua prima uscita juventina, contro il Fossano, con la squadra delle riserve segna 7 reti. All'uscita successiva segna altri tre gol. Il 24 luglio 1946, a soli 18 anni, firma il contratto con la Juventus.

La scelta di giocare al calcio non viene bene accolta in famiglia. I genitori vorrebbero che Giampiero completasse gli studi e si laureasse, come la sorella Franca (laurea in Lettere e Filosofia) e il fratello Gino, medico radiologo. I suoi desideravano che l'ultimogenito studiasse Agraria o Veterinaria per poi dirigere l'azienda di famiglia.
La mamma Camilla teme che Giampiero si faccia male e ogni domenica va in una chiesetta a pregare per il figlio. Il papà Gabin, dapprincipio scettico, diventa poi il primo tifoso del figlio, seguendolo immancabilmente allo stadio ogni partita interna.

Nel 1946 Boniperti si trasferisce a Torino, ospite in casa di un colonnello, amico di famiglia. Dopo la laurea del fratello Gino prendono casa insieme. Di mattina Giampiero frequenta il collegio (si diplomera' geometra). Il pomeriggio si allena con la Juve e conosce i campioni della prima squadra. Un giorno, pungolato dall'allenatore Cesarini, fa un tunnell a Parola, che non la prende bene e con una gomitata gli fa un occhio nero. Gli anziani della squadra fanno capire con rudezza ai ragazzini, Boniperti e Muccinelli, che esigono rispetto.
Malgrado ciò, Giampiero manifesterà per Carlo Parola un'ammirazione imperitura. Solleciterà la Panini, che aveva messo sulla copertina degli album di figurine per anni proprio l'immagine di una rovesciata di Parola, a versare alla famiglia del giocatore, nel frattempo gravemente ammalato, 100 milioni di vecchie lire.

Boniperti fa il suo esordio in serie A il 2 marzo 1947: la Juve viene sconfitta dal Milan 2 a 1. Tuttavia conclude il campionato con 6 presenze e 5 gol.
Il 9 novembre 1947 Boniperti debutta in nazionale: sonora sconfitta contro l'Austria per 5 a 1. Ma il ragazzo di Barengo è entrato nel grande giro: i suoi compagni di squadra si chiamano Parola, Piola, Maroso, Valentino Mazzola (per Boniperti uno dei calciatori più straordinari di tutti i tempi), Carapellese, Biavati. Il ct è il leggendario Vittorio Pozzo, cui l'Italia deve due titoli mondiali consecutivi.
La folgorante carriera porta Giampiero ad esibirsi nei templi del calcio mondiale. Scrive: "Chi non ha provato almeno una volta il Maracanà, Wembley e San Siro non è un giocatore di calcio".

Negli anni Cinquanta, la quotidianità del calcio è fatta di menu frugali a base di "riso in bianco, minestre, bistecche, carne cruda. Assolutamente niente fritti". Non esiste il preparatore atletico mentre fa le sue prime, timide comparse, lo psicologo. Gli allenamenti senza palla risultano a Giampiero noiosi. Ci si allena in paio d'ore tutti i pomeriggi fino al venerdì. "Riscaldamento, corsa, qualche scatto e poi la palla". L'arrivo della primavera prevede qualche iniezione di ricostituente. Per ogni genere di infortunio si usano spugnature d'acqua e, per problemi fisici più gravi, impacchi bollenti. Infine palloni pesantissimi e duri come sassi, che non invitano certo a colpirli con la testa e terreni di gioco disastrati, specialmente in provincia.

In campo, Boniperti è un giocatore corretto, ma non certo uno che subisce in silenzio. Spesso le botte le restituisce. Tuttavia, rispettoso degli arbitri, colleziona in carriera soltanto 4 espulsioni in 15 campionati. In qualche occasione viene multato con severità dalla stessa dirigenza bianconera. Severità che egli farà propria una volta diventato dirigente, comminando multe ai giocatori recalcitranti alle rigide regole del club torinese, il famoso “stile Juventus”: Domenico Marocchino e Franco Causio su tutti. Una volta arriva a multare Oscar Damiani per l'eccessiva prudenza con cui affronta i contrasti con i difensori avversari.

Il 21 ottobre 1953 Boniperti viene chiamato a far parte, unico italiano, della rappresentativa del Resto d'Europa che affronta l'Inghilterra a Wembley. La partita finisce 4-4 e il nostro segna 2 reti.
Nel 1957 arrivano alla Juve Charles e Sivori. Boniperti arretra la sua posizione in campo, inventandosi mezzala di regia. La società torinese accumula vittorie e trofei: 3 scudetti in 4 anni.

Il 10 giugno 1961, dopo 444 partite in serie A, Boniperti decide, in accordo con la moglie e il fratello, di smettere di giocare. Nella sua ultima partita, la Juve batte l'Inter 9 a 1. Una partita strana: l'Inter per protesta in quell'occasione schiera la squadra Primavera. Fa il suo esordio in nerazzurro Sandro Mazzola.

A metà degli anni 60 la famiglia Agnelli affida a Boniperti la gestione di due tenute agricole di proprietà della SAI, una società assicurativa controllata dalla FIAT. Boniperti contribuisce alla modernizzazione delle due aziende agricole. Per inciso, una delle due, Veneria, era stata il set, nel 1948, del bellissimo film di Giuseppe De Santis Riso amaro, con Silvana Mangano e Vittorio Gassman protagonisti.
Nel 1969 a Boniperti è assegnato il ruolo di amministratore delegato della Juventus. Il 13 luglio 1971 ne diviene Presidente, succedendo a Vittore Catella.

Leggendarie sono ormai le trattative per il reingaggio dei calciatori condotte a Villar Perosa in prima persona da Boniperti che, da buon austero amministratore sabaudo, cerca di risparmiare il più possibile - ha un budget da rispettare - rinfacciando ad ogni singolo giocatore le manchevolezze di cui si è reso responsabile durante la stagione precedente.

Boniperti è attivo sul calciomercato, ma non disdegna di ricordare anche i colpi non andati a segno: le trattative fallite, in anni successivi, per portare a vestire la maglia della Juve Di Stefano, Garrincha, Pelè, Gigi Riva, Cruijff e Maradona. Il Gotha insomma della storia del calcio. Ma anche "geni minori" come l'ungherese Detari, che visto in partita a Francoforte non piacque all'Avvocato e Roberto Donadoni, soffiatogli sul filo di lana da Berlusconi. Così come avvenne per Franco Baresi e Paolo Maldini.
Tra i suoi colpi invece riuscitissimi, vantaggiosi sul piano economico e sportivo, i trasferimenti di Altafini, Boninsegna, Benetti, Gentile, Tardelli, Schillaci, Scirea, Cabrini e Platini.

Nella sua lunga milizia alla Juventus, prima da calciatore e poi da allenatore, Boniperti, artefice di tanti trionfi, ricorda anche le sconfitte brucianti come quella subita ad Atene ad opera dell'Amburgo, il 25 maggio del 1983 (gol di Magath).

Forse la pagina più triste della sua vita sportiva e di uomo è la strage di Bruxelles, allo stadio Heysel, durante la finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool, il 29 maggio 1985, poi vinta 1-0 dalla Juventus con un rigore trasformato da Platini. Muoiono 39 persone per il crollo di una struttura e l'inciviltà di un gruppo di hooligan inglesi.
Ma Boniperti è attonito testimone anche di altre sventure. Anni prima (maggio 1972) è lui a dover comunicare all'allora allenatore della Juve Cestmir Vycpalek la morte del figlio ventitrenne in seguito allo schianto in fase di atterraggio di un Dc-8 dell'Alitalia all'aeroporto Punta Raisi di Palermo.
Sempre a causa di una sciagura aerea (Superga, 1949) perirono i giocatori del Grande Torino, con molti dei quali, al di là della rivalità sportiva, Boniperti aveva stretto amicizia.
Immenso fu il dolore infine per la scomparsa di Gaetano Scirea, che il Presidente stimava moltissimo e cui era affezionato, morto in un incidente automobilistico sulla superstrada Katowice-Varsavia il 3 settembre 1989.

"Ragazzo serio, pratico, intelligente, con un grande senso del dovere", così Boniperti descrive Giovanni Trapattoni, allenatore cui ha fatto da mentore e a cui è molto legato. Con Trapattoni, Boniperti ha giocato la sua ultima partita in nazionale: Giovanni era invece all'esordio. Trapattoni arriva alla Juve nell'estate del 1976 e vince subito lo scudetto e la coppa Uefa. L'anno successivo, nuovo scudetto. Di scudetti se ne aggiudicherà sei più la Coppa Intercontinentale.

L'autobiografia di Boniperti è ricca di aneddoti gustosi, che aprono uno squarcio sul "dietro le quinte" del grande spettacolo domenicale: il pianto stizzito di Causio negli spogliatoi perché Trapattoni ha deciso di sostituirlo con Marocchino; le tiratissime vigilie del derby stracittadino, con lo stress che va a mille, più ancora da dirigente che da calciatore; le intemperanze goderecce del tedesco Helmut Haller; le battute di caccia con Morini, Salvadore, Capello, Baggio… e Gianni Brera, il principe del giornalismo sportivo.
Riguardo la caccia, Morini fece scrivere sul contratto che in caso di conquista dello scudetto come premio voleva un fucile da caccia. Vinto il campionato, si comprò il fucile più costoso e lo mise sul conto di Boniperti che si arrabbiò tantissimo.

Boniperti confessa numerosi tic, alcuni dei quali sono ormai proverbiali e di dominio pubblico, come quello di abbandonare lo stadio alla fine del primo tempo, isolandosi sensorialmente dall'evento sportivo. Lo fa perché è troppo coinvolto, non sopporta l'ansia della partita, l'incertezza del risultato. Del resto Boniperti ha un'idea del calcio abbastanza avveniristica, coltivata sin da giovane. Per lui un calciatore che dia tutto in 45 minuti sarebbe la massima gratificazione per lui e per il pubblico. Perciò è favorevolisimo alle sostituzioni e al turnover.
Avere Boniperti vicino di seggiola in tribuna non è propriamente uno spasso: ad ogni errore, magari soltanto un passaggio sbagliato, tende a colpire con un pugno, senza cattiveria, ma a causa dello stress, chi gli sta seduto a fianco.
Famosa è la sua insofferenza per i giornalisti impiccioni, che ha cercato tutta la vita di dribblare con più determinazione e astuzia di quella usata contro i difensori avversari.
Con i suoi giocatori Boniperti ha un po' il piglio tipico della tradizione militare piemontese. Non sopporta, per esempio, i capelli lunghi, per cui chi arriva alla Juve viene avvisato che deve tagliarseli.

Importantissimo nella vita di Giampiero il matrimonio, celebrato nel 1954, con Rosi Vergnano, che lo ha supportato e sopportato per tutta la vita e di cui ha condiviso gioie e dolori. Boniperti crede molto nel valore della famiglia ed ha sempre cercato di essere un padre (nei limiti dei suoi gravosi impegni di lavoro) e un nonno esemplari.

Il rapporto con gli Agnelli era improntato al massimo rispetto. Dava del Lei a Gianni e Umberto Agnelli, mentre loro lo ricambiavano col tu. Da giocatore Boniperti visitò le stalle degli Agnelli, dove si allevavano razze pregiate, e, come per scherzo, propose che l'Avvocato gli cedesse una mucca ogni gol fatto. L'avvocato rispettò il patto, ma Boniperti, con furbizia contadina, provvide a scegliere per sé solo vacche gravide.

Il 5 febbraio 1990, Boniperti, compreso che alla Juve ha fatto il suo tempo, si dimette da presidente, non senza una dose di amarezza. Ma nel giugno del 1991 Gianni Agnelli, preso atto dei risultati disastrosi conseguiti dal nuovo corso targato Montezemolo e Maifredi, richiama Boniperti, col ritorno di Trapattoni come allenatore. Intanto è iniziata l'era del Milan di Berlusconi, una sorta di team pigliatutto.

Nel 1994 la società affianca a Boniperti Roberto Bettega, ma i due hanno idee divergenti. Boniperti si dimette nuovamente il 29 aprile 1994, non prima di aver perfezionato l'acquisto dal Padova di Alessandro Del Piero.
Sempre nel 1994 Boniperti, presentatosi nelle liste di Forza Italia, viene eletto eurodeputato al Parlamento di Strasburgo con 140mila preferenze. Dal 2006, dopo le vicende di “Calciopoli” ha rivestito la carica di Presidente onorario della società bianconera.
Giampiero Boniperti muore il 18 giugno 2021 a Torino, a quasi 93 anni, a causa di un'insufficienza cardiaca.

Davvero interessante la biografia del Predidente, ben raccontata con l'aiuto della giornalista della Gazzetta dello Sport Enrica Speroni. Una vita bella, invidiabile ed esemplare la sua, lunga quasi un secolo, che ha incrociato da vicino la Storia del nostro Paese, anzi, che ha contribuito a farla. "Una vita intensa e straordinaria".