
Interessato da sempre ai cambiamenti che riguardano la nostra civiltà, a partire dalla globalizzazione trattata in Next e al successivo I barbari - quest'ultimo un saggio sulla mutazione antropologica che secondo Baricco caratterizza le giovani generazioni - in The Game l’autore prende in esame la rivoluzione digitale, tracciandone la cronistoria ed individuandone le tappe fondamentali dello sviluppo.
Soprattutto Baricco si sofferma ad analizzare come la rivoluzione informatica ci ha cambiati in profondità, ha cambiato proprio le nostre strutture cognitive e - concetto ancora più importante- come l’uomo, attraverso la rivoluzione informatica, abbia trasformato quasi intenzionalmente il proprio ambiente quotidiano. Una rivoluzione mentale dunque, prima ancora che tecnologica.
Nelle pagine del gradevole libretto si evocano i primi videogiochi, del tipo Space Invaders, che hanno ben presto soppiantato, nel gradimento degli appassionati, i gloriosi calcio-balilla e flipper. Sancendo l'affermazione di una nuova postura, che diventerà il paradigma della rivoluzione tecnologica stessa: uomo-tastiera-schermo. Si accenna ai primi personal computer (PC), come il mitico Commodore 64, poi via via si ricorda la grande novità rappresentata dai Mac, la posta elettronica, Arpanet come precursore di Internet, l’invenzione del Web da parte del professore (unico europeo fra tanti californiani) Tim Berners -Lee, la Play Station, i primi browser, i primi motori di ricerca (Google su tutti), l’e-commerce di eBay e di Amazon, l’affermazione degli smartphone, per finire con i social-network, le app e l'intelligenza artificiale.
La parte più interessante del saggio, redatto con lo stile colloquiale che caratterizza lo scrittore torinese, è quella denominata Commentari, in cui la riflessione sulla portata della rivoluzione digitale si fa ancora più puntuale.
Con la rivoluzione informatica e l’affermazione di Internet, viviamo tutti in un mondo più fluido, leggero e immateriale. Caratteristica fondamentale del Web è la disintermediazione. Gli esperti, i professori, i detentori certificati della conoscenza, i sacerdoti della cultura, le caste professionali hanno perso potere a vantaggio di un’intelligenza più diffusa, capillare, collettiva. Una struttura, quella del Web, a rete per definizione, dove ogni pagina o documento rimanda ad altre pagine e documenti. Un modo di procedere e di organizzarsi che salta e mette in crisi le gerarchie riconosciute, le burocrazie del sapere, l'”ordine ottuso” del precedente mondo. Un vero e proprio salto di paradigma nella mentalità, nel modo di essere e di pensare. Un duro colpo per le istituzioni storiche: lo Stato, la Chiesa, la Scuola.
Un “uomo nuovo” fa la sua comparsa all’orizzonte del reale. Aumentano per tutti gli spazi di libertà, di uguaglianza, di democrazia, di potere personale. Il movimento generato da una nuova cultura ha scacciato l’immobilità, la rigidità, il dogma, così nefasti per le sorti dell’uomo durante il Novecento. Al pensiero lineare si è sostituito un modo di procedere nomade, multitasking, anarchico, indisciplinato, più naturale e commisurato alla nostra struttura psichica.
Mondo reale e mondo virtuale si intrecciano fino a confondersi. È cambiato il nostro modo di fare esperienza e di apprendere. Si affaccia, per la prima volta nella storia, un "iperuomo" che vive in una realtà moltiplicata. I nuovi device sempre più leggeri e maneggevoli si integrano con il nostro corpo e la nostra mente, ne diventano delle estensioni naturali.
I protagonisti di questa rivoluzione non furono pensatori sistematici, teorici di un mondo nuovo. Furono uomini pragmatici, "problem solver", con un'idea ribelle in testa: ribaltare il tavolo, lasciarsi alle spalle il Novecento con tutte le sue brutture, nate da concezioni rigide, immobili, gerarchicamente piramidali. Molti dei fondatori del “mondo nuovo” provengono dalla “controcultura”, espressione della generazione beat e hippie. Gente che però aveva studiato “ingegneria, informatica, scienze”. Rari, secondo Baricco, gli umanisti.
Al vecchio mondo novecentesco, i ribelli del digitale rispondono non con teorie o ideologie complicate, ma con nuovi strumenti, con la tecnologia, con i tool. La rivoluzione digitale ha il merito di semplificare la vita, di nascondere la profondità in superficie. Tutto ha un aspetto ludico, giocoso, "The Game" appunto.
I grandi cambiamenti, che hanno investito la società contemporanea indotti dallo sviluppo informatico, generano inquietudini. Alcune riguardano le élite tradizionali, che si sentono in qualche modo detronizzate, private del consueto potere. La rivoluzione digitale ha minato i loro interessi castali. E ha impresso alle nostre vite un'accelerazione e un'intensità che prima non avevano. Ne risulta in pratica un'"umanità aumentata". Altre preoccupazioni sembrano invece più legittime e condivisibili. Molti hanno l’impressione che nel passaggio dall’analogico al digitale si sia perso qualcosa di importante e di vitale.
Non si tratta certo di magnifiche sorti progressive, prive di incertezze e contraddizioni, di passi falsi e di ripensamenti necessari. Il Game non è un ambiente per niente facile. Non tutti sono adatti al nuovo gioco. Alcuni si fermano alle operazioni più semplici. Nessuno ci prepara al nuovo. Men che meno la scuola. C'è il rischio allora che si formino nuove élite. Anzi si sono già formate. E mentre il Game ha incoraggiato un individualismo di massa, che spesso si tramuta in egoismo, pochi player veramente forti monopolizzano il mercato. Infine, secondo taluni, la rivoluzione digitale ha tradito i valori di partenza.
Insomma un libro denso, ma piacevole, che cerca di leggere il nostro presente caotico e disarmonico. E sembra riuscirci.