La violenza quotidiana
Nonostante il progresso tecnologico del mondo contemporaneo,
la violenza sembra essere ancora un comportamento diffuso. Le cronache che ogni giorno i media ci propinano, ci parlano di aggressioni, di omicidi, di
violenze, spesso attribuibili a motivi futili. Per i media (televisione,
carta stampata, internet), anzi, la violenza quotidiana è occasione di
spettacolarizzazione e di lucro. L'approccio dei mezzi di comunicazione di
massa alla violenza è
ambiguo: da un lato promuovono la discussione e la riflessione, dall'altro
indugiano morbosamente sui particolari più macabri e truculenti delle
vicende rappresentate.
A fare le spese del clima brutale in cui viviamo sono quasi sempre i più deboli : i bambini, i vecchi, gli stranieri, le donne, i poveri. Alla regola ci sono però eccezioni sempre più frequenti, a riprova che la violenza si respira ormai dovunque. Forse è il cuore dell'uomo che è fatto così, forse nel nostro cervello convivono aspetti diversi, varie possibilità, e tra queste anche la violenza. A volte mi capita di pensare che la violenza diffusa dipenda in parte
dai modelli che gli stessi media e la pubblicità ci trasmettono: il
maschio vincente, la donna aggressiva e "performante", "l'uomo che non deve
chiedere mai". E non sono le argomentazioni pacate, bensì le risse quelle
che in tv fanno salire l'audience e garantiscono popolarità ai personaggi
coinvolti. La buona educazione, da sempre, impone di rinunciare al proprio comodo per tener conto anche delle esigenze degli altri. Oggi non è più così e per rendersene conto basta affrontare il traffico quotidiano: veicoli che passano col rosso, bici che circolano sui marciapiedi, auto che non rispettano elementari regole di sosta, limiti di velocità, precedenze e distanze di sicurezza, scooter che procedono zigzagando a ridosso del paraurti dei mezzi che li precedono. Conducenti che si mandano a quel paese, imprecando platealmente. Qualche volta, per una semplice questioncella di parcheggio, c'è scappato il morto, al termine, talvolta, di una vera e propria faida familiare. La corruzione stessa, così diffusa nel nostro paese, è una forma subdola di violenza, in quanto sottrae le risorse di tutti per finalità egoistiche e personali. La spregiudicatezza, l'arroganza, la prepotenza, l'affermazione
incondizionata di se stessi sembrano oggi diventate delle virtù da
ammirare e da coltivare. Prevale l'io smisurato di ciascuno di noi,
l'orgoglio individualista che non nutre nessuna pietà per le vittime, per
chi giace, per gli ultimi. Chi non ce la fa, è in difficoltà, perde
merita soltanto il nostro disprezzo o la nostra
indifferenza. La violenza è diffusa nel mondo ovunque, ma in Italia viviamo una condizione particolare. La nostra nazione è unita da solo 150 anni e da noi la famiglia va al di sopra e al di là di qualsiasi regola. Famiglia e violenza sono collegate forse di più di quanto non si possa pensare. La mafia stessa, un tipico prodotto italiano, è, per esempio, organizzata in famiglie e per i mafiosi la famiglia ha una autorità che va oltre le leggi dello stato. Ecco, forse per migliorare la situazione occorrerebbe appunto superare quello che gli studiosi chiamano "familismo amorale" degli italiani, occorrerebbe ripristinare la legalità, il rispetto delle regole e del bene comune, cominciando dalle piccole cose, dagli aspetti più minuti della vita quotidiana. Tuttavia, al di là di complessi interventi educativi e repressivi, forse basterebbe che tutti noi ricordassimo due semplici, ma sempre attuali, precetti cristiani: "Ama il prossimo tuo come te stesso. Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te". (tema svolto da n.l.) |
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Pagina aggiornata il 22.10.10 |