I geologi sono le nuove star della televisione. O meglio, i vulcanologi, i sismologi, gli scienziati insomma esperti dei terremoti. Pendiamo tutti dalle loro labbra quando compaiono un po' compiaciuti sullo schermo, portatori di un sapere astruso per noi profani e tuttavia conoscenze, le loro, da cui sentiamo dipende la nostra vita.
Eh sì, perché un conto è leggere i resoconti dei terremoti sui giornali e vedere le immagini delle zone colpite alla tivù, un altro è vivere nelle zone vicine all'epicentro, come è capitato a noi in Emilia in questi giorni. L'esperienza del terremoto può essere terribile e regala giorni piuttosto concitati e angoscianti, come quando vieni svegliato nel cuore della notte dal letto che traballa, con la casa che si scuote e minaccia di crollarti addosso.
Neppure del tutto consapevole di cosa stia
succedendo, con il cuore che
batte all'impazzata, aspetti che tutto intorno smetta di
girare e di tremare e ti precipiti giù per le
scale, accendi il televisore, ti attacchi a
internet, in cerca di notizie, mentre il resto
della famiglia condivide con te l'ansia acuta e
dalle finestre di casa, subito spalancate, si
vedono i vicini che si sono raccolti in strada.
Scopriamo all'improvviso, con meraviglia, di
essere tutti inermi di fronte a una imminente
e inevitabile catastrofe, malgrado i nostri Suv,
i telefonini di ultima generazione, la nostra
rispettabilità, i nostri agi quotidiani, il
nostro benessere economico.
Nel frattempo si susseguono le telefonate ai
nonni e agli altri parenti più vicini, di cui ci preoccupa
l'incolumità. E mentre ci abbandoniamo sul
divano, scopriamo di avvertire un lieve tremolio
lungo tutto il corpo. Tratteniamo
il respiro e, come per un riflesso condizionato, lo sguardo
corre terrorizzato al lampadario del tinello
o a quello della cucina, che oscilla,
quasi impercettibile, ma oscilla.
Le scosse si susseguono, per tutta la giornata,
più volte al giorno, a tutte le ore, per tutta
la settimana.
La notte si dorme tutti con un occhio solo.
Nonostante la stanchezza
accumulata si fatica a rilassarsi e ad abbandonarsi al sonno,
memori delle scosse delle notti precedenti. I
più prudenti e organizzati (o ossessivi) si sistemano in
camper o roulotte oppure in tende
allestite in giardino, o dormono in macchina. Ma
si dorme davvero in macchina?
Di notte riesce difficile essere ottimisti, pensare che questo
tormento abbia fine. Le tenebre notturne si
accompagnano a pensieri cupi, pessimisti,
inquieti.
La luce del giorno induce ad un maggiore
fiducia e alla speranza. Il giorno porta una
parvenza e una voglia di normalità.
La scuola (quando è aperta) e il lavoro, con la loro routine,
ci obbligano a pensare ad altro. Attraversando
la città a piedi ci si offre
allo sguardo uno scenario da film di
fantascienza. L'atmosfera è sospesa, la gente
ostenta una dignitosa tranquillità, mentre è
circondata dai segni della distruzione: macerie
di edifici, mattoni accatastati, calcinacci, transenne.
I primi a cedere sono stati gli edifici storici,
cui magari quasi mai prestiamo attenzione. Ci
rendiamo conto, non di rado per la prima volta, di vivere
in centri carichi di storia e questo ci
inorgoglisce. Anche se ora il patrimonio
artistico è colpevolmente l'ultima delle nostre
preoccupazioni. Adesso conta la pura e primitiva
sopravvivenza, il desiderio di uscire da un
incubo che non molla la presa.
Mentre gli esperti di sismologia ci dicono che il terremoto di questi giorni è dovuto all'energia sprigionata dalla collisione nel sottosuolo tra la placca africana e quella euroasiatica, alcuni sembrano prestare orecchio alle ipotesi più astruse: le profezie dei Maya, gli influssi astrali e planetari, il terrorismo internazionale, gli esperimenti bellici americani, lo stoccaggio di gas nel sottosuolo.
Si è diffuso un clima di pericoloso irrazionalismo, di manzoniana caccia all'untore, quasi incredibile in un'epoca ipertecologica. Le leggende metropolitane propagatesi in questi giorni rappresentano un caso da manuale di psicologia,o forse meglio di psicopatologia, delle folle. Nonostante il progresso, il cuore dell'uomo sembra rimanere sempre lo stesso.
Anche se mi sembra che i sismologi non ne sappiano neppure loro granché sui terremoti e soprattutto sui loro sviluppi futuri, le loro spiegazioni scientifiche un po' mi rassicurano. In fondo, l'uomo è un animale che necessita di orientarsi nel mondo in cui vive, che ha bisogno di spiegazioni, per tenere a bada l'angoscia.
Ma al di là di un sistema di orientamento, è la fiducia e il prepotente istinto di conservazione che mi fa, ci fa dire, che da questa orribile esperienza ne usciremo, speriamo presto, vivi.
(tema svolto da n.l.)