![]() Allo stadio
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L'avvento della televisione, e in particolare della pay-tv, ha modificato il nostro modo di partecipare agli avvenimenti sportivi. Tuttavia, vedere una partita allo stadio è, secondo me, uno spettacolo più piacevole che assistervi davanti a un apparecchio televisivo. Anzi, è uno degli spettacoli più suggestivi cui sia dato di prendere parte. Già l'attesa sugli spalti, dopo aver acquistato il biglietto, è un'esperienza più emozionante dell'attesa della partita seduti, magari sbadigliando, sul divano di casa. Poi la vivacità degli stimoli sensitivi, gli odori, la luce, le condizioni climatiche (il sole, la pioggia, la nebbia), i suoni (il brusio e le urla della folla, il suono della palla colpita dai giocatori, il rumore sordo degli scontri fisici di gioco, gli scambi verbali in campo e fuori, l'affanno di uno scatto improvviso dell'ala), i colori (il verde carico dell'erba, le tinte squillanti delle divise di gioco, i toni accesi di striscioni e bandiere). Inebriante è inoltre l'idea di raffinata geometria, azione, dinamismo, velocità, movimento, suspence che la gara riesce a comunicare. Forse anche il senso di appartenenza a una comunità, per quanto informe come può essere una folla di spettatori, è un'esperienza che solo la partita vista allo stadio può darti. Appena trovato posto sugli spalti, lo sguardo localizza la tifoseria avversaria e il sottopassaggio da cui usciranno i calciatori, mentre l'altoparlante manda le pubblicità delle aziende locali. Un'accoglienza festosa viene riservata allo speaker quando comunica le formazioni delle squadre. Prima quella avversaria, accolta da scarsi applausi e qualche fischio, poi quella dei beniamini di casa, dove ogni nome, come fosse quello di un eroe mitologico, viene scandito forte e chiaro ed è accolto da un fragoroso "olè!" della folla. Gli stessi atleti manifestano la tensione per la competizione imminente, hanno il viso tirato, scaldano con movimenti irrequieti i muscoli, salutano nervosamente il pubblico, mentre prendono posizione in campo secondo le istruzioni dell'allenatore, cui lanciano sguardi preoccupati. Più spaesati appaiono i calciatori ospiti, che avvertono l'ostilità del numeroso, rumoroso e vagamente minaccioso pubblico avversario; più ansiosi di ben figurare e timorosi di deludere le aspettative dei sostenitori, i giocatori della squadra di casa. Dicevamo dell'allenatore, questo deus ex-machina, da cui i tifosi si aspettano la soluzione dell'enigma, il taglio netto del nodo gordiano, lo scioglimento della tensione, la vittoria sugli avversari. Egli è un protagonista della partita, nonostante non partecipi direttamente al gioco. Il pubblico scruta il suo volto non appena fa il suo ingresso in campo, per capire se il suo sguardo è quello calmo del vincitore o quello corrucciato dello sconfitto. L'allenatore sembra un condottiero, un generale in battaglia. Durante il gioco si alza dalla panchina, richiama le sue truppe, gesticola in modo misterioso per richiamare i suoi agli schemi provati in allenamento e spiegati alla lavagna prima della partita. Loda o, più spesso, redarguisce i suoi atleti, entra in polemica con l'arbitro, - il Giove supremo della situazione -, scambia vivaci opinioni con i propri collaboratori, talvolta prende appunti, che costituiranno l'argomento, si suppone, della sua prossima lezione di strategia. In genere, se le cose vanno bene, se ne sta seduto, impassibile, in panchina. Quando si alza significa che qualcosa va storto: ecco allora che egli incita, sprona, rimbrotta, fa scaldare possibili sostituti, arriva a pestare la linea bianca di gesso che delimita il campo, quasi volesse invadere il terreno di gioco e infondere la sua autorità carismatica, la sua energia, il suo carattere ai propri giocatori. Altro protagonista della partita è il campione di casa, coccolato fuori e dentro il campo. Il tifoso non lo perde di vista, anche quando non ha la palla, è deliziato dalle sue giocate "geniali", che "valgono il prezzo del biglietto", gli perdona e giustifica ogni errore e quando riesce a gettare il pallone in rete, si alza dallo stadio un fragoroso boato che si estende su tutta la città, mentre i compagni esultanti lo abbracciano, lo sommergono, lo tirano per la maglia, gli scompigliano rudemente i capelli in una festa collettiva che continua sugli spalti con un tripudio di bandiere sventolanti, coriandoli, suoni di tromba, tamburi e maracas e cori di vittoria. Mentre molto diversa è l'accoglienza (si fa per dire) al campione avversario. Il pubblico lo vive come una divinità maligna in grado di rovinare la festa, un ostacolo severo al raggiungimento della vittoria. Difficilmente le sue giocate, per quanto tecnicamente ed esteticamente pregevoli, vengono accolte da applausi. Anzi, più spesso, gli vengono indirizzati ingenerosi fischi non appena tocca la palla e un brivido di soddisfazione maligna serpeggia tra il pubblico quando sbaglia un passaggio o un tiro. Ma il protagonista assoluto di quella festa pagana che è la partita allo stadio è il pubblico, col suo acre odore di fumo e di alcol, col suo calore animale e la passione smodata, ma anche con l'ironia, l'arguzia e l'umorismo carnevalesco di cui è capace la folla. Si ride allo stadio, anche quando si perde; una battuta, detta al momento giusto, è capace di stemperare tutta l'amarezza di una sconfitta. Questo quando il pubblico incarna il giusto spirito popolare. Un discorso diverso riguarda gli ultrà, capaci di fabbricare striscioni di strepitosa bellezza e intonare cori suggestivi, ma di cui non apprezzo la violenza, ingiustificata e fanatica, in cui sfocia talvolta il loro tifo, sproporzionata al contesto, e che appare come lo sfogo sbagliato di frustrazioni individuali e collettive, che niente hanno a che vedere con lo spirito sano del gioco. Non necessario, ma importante, per cogliere appieno l'arcana bellezza di una partita è assistervi con un amico, uno di quelli che leggono assiduamente la stampa sportiva, in grado di spiegarvi tutti i retroscena, le qualità di tutti e ventidue i contendenti, le scelte tecniche, le tattiche, le possibili combinazioni alternative. Uno che sa illustrarvi persino i risvolti psicologici e le dinamiche di gruppo e sa dirvi in che relazione stanno i giocatori tra loro e con l'allenatore, i malumori, gli screzi e i problemi esistenziali. Un tale amico vi permetterà di assistere alla partita come se visitaste una bellezza storica e paesaggistica in compagnia di una guida esperta. (tema svolto da n.l.) |
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Pagina aggiornata il
08.06.13 |