In un tempo di profonda crisi non solo economica, caratterizzato da scandali amministrativi in ogni regione del Paese, con un debito pubblico alle stelle e la necessità per lo Stato di far quadrare i conti, una locuzione è diventata di moda: spending review.
Spending review è un'espressione inglese che si può tradurre con "revisione della spesa (pubblica)". Fa parte da anni degli strumenti con cui nazioni culturalmente ed economicamente più avanzate della nostra, come ad esempio Gran Bretagna, Finlandia, Francia e Olanda tengono sotto controllo i costi della pubblica amministrazione, di cui cercano poi di migliorare l'efficienza e l'efficacia, razionalizzando e ottimizzando le spese.
Spending review non è quindi soltanto uno strumento per tenere a posto i conti pubblici, sia a livello centrale che locale, ma un mezzo per individuare i bisogni dei cittadini e progettare il modo più economico ed efficace di soddisfarli.
Esistono molti tipi di
spending review, che agiscono a livelli diversi di ampiezza, perimetro
e profondità.
In Italia tentativi di revisione della spesa sono stati già compiuti in
passato. Il
primo programma di riduzione della spesa
risale addirittura al 1923. Commissioni per il controllo dei conti pubblici sono state poi
create e sciolte varie volte negli ultimi decenni, così che si può storicamente ascrivere al governo "tecnico" Monti, insediatosi nel 2011,
il merito di aver attuato il primo
tentativo, nel nostro paese, veramente serio e sistematico
di spending review.
Un ritardo, quello italiano, nell'adeguarsi alle metodologie più avanzate di governo, che non ci fa onore e che è imputabile al potere dei partiti e alle loro brame elettorali. La spesa pubblica infatti, in Italia, è finita fuori controllo, principalmente perché è stata utilizzata dai partiti a scopi clientelari, per incrementare con assunzioni e favori il proprio bacino elettorale e per garantire alla classe politica privilegi che non hanno eguali nel mondo sviluppato.
I timidi tentativi, che si sono fatti da noi di tenere sotto controllo la spesa, hanno utilizzato nel passato il metodo, più semplice e rapido, ma iniquo, dei tagli lineari, operati sulla base del rifinanziamento della spesa storica di ogni singola amministrazione. Metodo che spesso andava a premiare proprio le amministrazioni più inefficienti.
La spending review si profila, invece, oggi come un processo molto più scientifico e sensibile, capace di operare dei tagli chirurgici sulle amministrazioni e sugli enti più inefficienti, quando non inutili. Una spending review efficace abbisogna di disporre di dati completi da analizzare, confrontare e soppesare. Lo sviluppo della tecnologia informatica favorisce il processo. Purtroppo molte amministrazioni dispongono soltanto di dati incompleti e approssimativi, a dimostrazione delle inerzie e delle negligenze che sino ad oggi hanno caratterizzato la gestione della cosa pubblica. Ne risulta che il processo di razionalizzazione sarà complicato e oneroso, anche per le resistenze al cambiamento che opporranno molti soggetti.
Il grande interesse che attualmente in Italia si sta manifestando verso il processo di spending review è di buon auspicio. Una revisione ben condotta della spesa non solo permetterebbe un risanamento più rapido dei conti pubblici, ma potrebbe concorrere a una sempre più necessaria riforma della pubblica amministrazione, ad un conseguente aumento del benessere e delle qualità della vita di milioni di cittadini, ad una promozione del merito anche nel settore del lavoro pubblico.
Una piccola grande rivoluzione che andrà a buon fine soltanto se verrà sostenuta in Parlamento dallo schieramento politico il più ampio possibile, ma soprattutto se si avvarrà del sostegno di un'opinione pubblica fortemente orientata al rispetto delle regole e della cosa pubblica. Un radicale cambiamento culturale nella mentalità degli italiani tutt'altro che scontato.
Riferimenti bibliografici:
Hinna, L., Marcantoni, M. Spending
review. È possibile tagliare la
spesa pubblica italiana senza farsi male?, Roma, Donzelli, 2012