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Lampedusa e gli sbarchi degli immigrati
Le rivoluzioni politiche che hanno investito il Nord Africa, oltre alle guerre vecchie e nuove che incendiano il continente, ultima in ordine di tempo quella che ha come teatro la Libia, hanno determinato un afflusso senza precedenti di immigrati, per la maggior parte tunisini, sulle coste italiane, principalmente nell'isola di Lampedusa, estremo lembo del nostro territorio, che un braccio di mare largo appena un centinaio di chilometri separa dall'Africa Si tratta di una vera e propria invasione, in parte soltanto prevista dagli esperti, che ha provocato negli italiani paure e sussulti xenofobi. Qualche colto commentatore ha rievocato per l'occasione storiche migrazioni di popoli che in passato hanno minacciato la nostra penisola, per esempio quelle invasioni barbariche di longobardi e goti che, non senza seminare angosce e violenze, causarono la caduta dell'Impero Romano. L'invasione attuale appare per fortuna molto più pacifica e tuttavia suscita numerose e giustificate preoccupazioni nei nostri connazionali. Molti di coloro che sbarcano a Lampedusa sono clandestini senza documenti. Raccolti in centri di accoglienza e identificazione da cui è facile fuggire, finiranno presto per circolare senza controllo per le strade delle nostre città, aumentando nei cittadini un senso di insicurezza già elevato. Accoglierli, pur in modo insoddisfacente, senza tanto rispetto per la dignità umana, come denunciano di continuo varie associazioni umanitarie, comporta comunque ingenti esborsi di denaro pubblico: si calcola che l'accoglienza degli immigrati verrà a pesare sulle casse, già dissestate, dello stato italiano per mezzo miliardo di euro all'anno. Soprattutto, sembra un'invasione che non finirà presto e che è anzi destinata ad aumentare vertiginosamente nelle proporzioni, se non si trovano soluzioni politiche e tecniche efficaci. Nell'Africa subsahariana, infatti, le condizioni di vita sono disperate e la gente muore, vittima della guerra, della fame, di classi dirigenti spesso inette, corrotte e sanguinarie e di un'esplosione demografica incontrollata. È perciò comprensibile che centinaia di migliaia, se non milioni di africani, tentino quanto prima di cercare da noi quella possibilità di una vita migliore, che manca nelle loro terre. L'Italia, che si affaccia sul Mediterraneo con migliaia di chilometri di costa, rappresenta l'approdo più vicino e più semplice da raggiungere per queste torme di disperati. Lampedusa, una piccola isola che campa di un po' di pesca e di turismo, costituisce l'avamposto di quello che loro percepiscono come un mondo ricco, libero e pieno di prospettive, il miraggio di una vita degna di essere vissuta. L'immigrazione è un fenomeno complesso, da non affrontare con
improvvisazione e approssimazione. Già densamente popolato, il nostro è
un paese la cui storia si è formata nel corso dei millenni. Ospitare
milioni di immigrati significa per noi, che pur fummo emigranti per lungo
tempo, veder mutare radicalmente, nel breve
volgere di qualche anno, l'aspetto delle nostre città, abbandonare
abitudini e tradizioni consolidate nei secoli, significa incontrarsi e scontrarsi con culture e religioni molto diverse
dalle nostre. Un cambiamento così rapido è inevitabile che ingeneri
qualche soprassalto di xenofobia (paura dello straniero). L'Italia è un
paese con tanti problemi: disoccupazione, declino economico, corruzione,
inerzia politica. La presenza di un surplus di immigrati può innescare
conflitti con i nostri poveri e con una classe media sempre più in
difficoltà. D'altronde siamo consapevoli che la nostra economia necessita di manodopera straniera, da impiegare in quei lavori che (purtroppo?) gli italiani non vogliono più fare. Dobbiamo riconoscere che una buona fetta del nostro PIL (Prodotto Interno Lordo) lo dobbiamo al lavoro degli immigrati stranieri, il cui tasso di occupazione continua ad aumentare in modo esponenziale. Si tratta allora di cercare di governare, anziché limitarsi a subirlo,
un fenomeno articolato come quello dell'immigrazione. Compito quanto mai
arduo. Si potrebbe cominciare condonando il debito contratto dai paesi
africani più poveri. Per arginare migrazioni di massa, le nazioni più
ricche del globo dovrebbero inoltre cercare di promuove lo sviluppo in
loco e assecondare quelle aspirazioni di libertà e democrazia che
l'opinione pubblica più avanzata di alcuni stati africani sta
manifestando. Occorre però, purtroppo, anche porre dei limiti, periodicamente rivedibili, ai flussi
di immigrati. Avviare a soluzione il problema immigrati è un compito quanto mai difficile, da far tremare le vene ai polsi. Tuttavia, è pur sempre dal successo nelle sfide difficili che si misura la qualità di una classe dirigente. Riferimenti bibliografici:
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Pagina aggiornata il 05.04.11 |