La giustizia in Italia

Per chi non frequenta abitualmente tribunali, giudici e avvocati, i problemi legati all'amministrazione della giustizia appaiono sfocati e remoti.

Eppure il bisogno di giustizia è uno dei più radicati nel cuore e nella mente degli uomini, e il modo in cui lo Stato risponde a questo bisogno influenza molti ambiti della vita civile, sociale ed economica. Compito della giustizia è quello di dare "a ciascuno il suo" e l'aspirazione dei cittadini alla giustizia si coniuga con l'aspirazione più generale alla libertà e all'uguaglianza.

La percezione dei più è che la legge, nel nostro Paese, non è uguale per tutti, che denaro, potere e amicizie rendano taluni più uguali degli altri, che l'impunità sia garantita ai più forti. Nel frattempo mafie e corruzione dilagano e le carceri, sovrappopolate, stanno scoppiando.

Assistiamo inoltre, da qualche tempo, ad un'ingerenza sempre più allarmante del potere politico e legislativo su quello giudiziario, con l'approvazione di norme e l'adozione di provvedimenti che sembrano intralciare, quando non intimidire, il corso della giustizia.

Un'ingerenza, quella del potere politico, che è in contrasto con la separazione e autonomia dei poteri auspicata dall'illuminista Charles Louis de Secondat, barone di Montesquieu (1689-1755), già nel lontano 1748, nella sua geniale ed innovativa opera Lo spirito dello leggi.

Che la percezione di un malfunzionamento della giustizia non sia soltanto un'impressione soggettiva lo testimoniano i dati del rapporto "Doing Business 2012" della Banca Mondiale che, in tema di giustizia civile, colloca il nostro Paese al 158° posto su 183 Stati scrutinati.

Gli esperti sostengono che in Italia il sistema giudiziario è lento e farraginoso e non è in grado di rispondere con efficacia alle esigenze del cittadino. I processi possono prolungarsi anche per dieci, quindici anni. La lentezza e l'inefficienza nell'amministrazione della giustizia non soltanto ledono i diritti e la fiducia dei cittadini, ma provocano dei concreti danni economici. L'incertezza e i lunghi tempi correlati a una causa giudiziaria, scoraggiano i capitali stranieri che vorrebbero investire nella creazione di imprese sul nostro suolo nazionale.

Alcune delle cause del cattivo funzionamento del sistema giudiziario vanno ricercate nei mali che affliggono cronicamente la burocrazia e la società italiana: l'appartenenza e le relazioni contano più del merito e la comodità personale del singolo funzionario prevale sui diritti del cittadino. Il tutto unito a una difesa corporativa dei propri privilegi e accompagnato a un vuoto di motivazioni ideali che da noi lasciano sempre più spazio all'arrivismo e al profitto anche illecito.

Tutti noi italiani, poi, forse per carattere nazionale e incoraggiati dal numero spropositato di avvocati, siamo un popolo molto litigioso. Molte cause vengono intentate per futili motivi e vanno ad appesantire un sistema già stressato di suo.

I correttivi proposti sono una riduzione e redistribuzione sul territorio nazionale dei tribunali, la depenalizzazione dei reati minori, sostituendo alla condanna penale una sanzione amministrativa, lo stanziamento di risorse adeguate che vadano a sopperire alle carenze di organico e di mezzi, soprattutto laddove i magistrati sono in prima linea nella lotta ai reati gravi, nel contrasto alla criminalità organizzata, al traffico di droga e alla corruzione politica e amministrativa.

Il numero di leggi in Italia appare oggi eccessivo, per cui si dovrebbe procedere a un'intelligente opera di sfoltimento e di semplificazione. 
Una migliore organizzazione del lavoro e l'informatizzazione degli apparati di giustizia favorirebbe lo svolgimento di indagini e processi. Esperimenti proprio in questa direzione sono già stati compiuti, ad esempio a Milano e a Torino, con risultati molto incoraggianti, cui ampio risalto hanno dato anche libri e giornali.

Una incisiva riforma della giustizia urge, dunque in Italia, per diffondere nei cittadini quella fiducia nelle istituzioni, da noi atavicamente e pericolosamente assente, e scongiurare che si avveri il tragico monito di Trasimaco, secondo il quale "i giusti, nella relazione con gli ingiusti, perdono sempre".
Certamente una riforma della giustizia non è sufficiente se non si accompagna a una convinta educazione alla legalità, se non si si diffonde cioè fra i cittadini il concetto che la legalità e il rispetto di norme, regole e leggi porta nel medio termine benefici individuali e collettivi e alza la qualità della vita di tutti.

Riferimenti bibliografici:
Abravanel, R., Meritocrazia. Quattro proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro paese più ricco e più giusto, Milano, Garzanti, 2008
Biondani, P., "Ingiustizia" in L'Espresso, anno LVII n.48, 1 dicembre 2011, pag. 40-44
de Magistris, L., Giustizia e potere, Roma, Editori Riuniti, 2009
Gratteri, N., Nicaso, A., La giustizia è una cosa seria, Milano, Mondadori, 2011

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Pagina aggiornata il 02.01.12
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