Energia nucleare sì o no?
L'undici marzo 2011 un terremoto, seguito da un terribile maremoto (tsunami) ha investito il Giappone. La centrale nucleare di Fukushima, una località situata nel nord del Giappone, ha subito dei seri danni, di cui ancor oggi non si conosce l'esatta entità. Ciò ha scatenato un flusso di panico che ha colpito non soltanto l'opinione pubblica giapponese, ma ha contagiato ben presto l'intero globo. Il nucleare, che appariva un'energia pulita e sicura, alternativa al costoso petrolio, inquinante e responsabile dell'effetto serra, non ci appare più la soluzione ideale ai nostri problemi energetici. Le radiazioni che fuoriescono dai reattori di Fukushima ci evocano spettri di terribili malattie: leucemia, cancro, alterazioni cromosomiche, malformazioni, danni alla salute che potrebbero ripercuotersi anche sulle generazioni future. Abituati a considerare il Giappone una nazione tecnologicamente all'avanguardia, una società perfettamente organizzata, dominata da una maniacale ossessione per la precisione, siamo rimasti sgomenti nel vedere i giapponesi alle prese con una catastrofe imprevista, incapaci di fronteggiarla pienamente e con successo. E ci diciamo: ma se non sono riusciti i Giapponesi a costruire centrali nucleari sicure, figurarsi se ci riusciremo noi italiani, con la nostra approssimazione latina, l'ideologismo dominante e lo scarso pragmatismo, la criminalità organizzata, il cemento impoverito usato dalle imprese edili controllate delle mafie, la corruzione politica, le tangenti e il rischio terrorismo. Per la verità, il nucleare il Italia non ha mai goduto di grande
popolarità, tanto che centrali nucleari funzionanti sul territorio
nazionale non ce ne sono, mentre ne hanno tutti i paesi confinanti, la
Francia, l'Austria e la Svizzera. Contro il nucleare si sono già espressi
in un referendum del novembre 1987 gli elettori italiani, ancora sconvolti
dal disastro, prevedibile con il senno di poi, della centrale sovietica di
Chernobyl. Certo la tecnica, che tanti benefici e comodità ci procura nella vita quotidiana, è delicata da maneggiare, è come il fuoco di Prometeo che può sempre sfuggirci di mano e provocare disastri. Dopo le bombe sganciate a Hiroshima e Nagasaki (ancora il Giappone colpito!) nella seconda guerra mondiale, l'incubo nucleare è una delle peggiori, ricorrenti paure collettive che tormentano i nostri sonni. E proprio uno scrittore italiano, Alberto Moravia, è stato negli ultimi decenni del Novecento uno dei maggiori interpreti mondiali di questo timore assillante, di questo incubo, nei suoi scritti saggistici e narrativi. La produzione dell'energia nucleare nel nostro paese pone comunque attualmente dei seri e concreti problemi. Bisogna scegliere i siti dove costruire le centrali, con tutte le possibili rimostranze dei cittadini locali da fronteggiare. Bisogna decidere dove e come stoccare le scorie radioattive. Inoltre, come ha fatto notare il premio Nobel Carlo Rubbia, per la costruzione di una centrale occorrono una decina d'anni e per produrre una quantità apprezzabile di energia è necessario costruire decine di centrali. Forse poi non è questo il momento più propizio per prendere decisioni. Non sappiamo le dimensioni precise della catastrofe giapponese e, mentre speriamo che i danni riportati siano molto inferiori rispetti a quelli prospettai dall'allarmismo creato dai media in questi giorni, siamo ancora dominati dall'irrazionale, dalle emozioni e dalla paura Decisioni così importanti, come il futuro energetico di una nazione, vanno prese invece, a mio avviso, a mente fredda e con cognizione di causa. Occorre promuovere una discussione pubblica pacata e informata. Perché proprio questo è uno dei maggiori elementi di fragilità delle moderne democrazie: chiamare il cittadino comune a prendere decisioni su problemi complessi, di difficile comprensione, specialistici sull'onda dell'emotività e della propaganda. Intanto, per fronteggiare il nostro deficit energetico e la nostra dipendenza dai paesi produttori di petrolio, possiamo cercare di razionalizzare i consumi, di limitarli al necessario e di sviluppare gli investimenti tecnologici nelle cosiddette fonti energetiche rinnovabili, fra le quali quella solare appare oggi la più promettente. Riferimenti bibliografici:
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Pagina aggiornata il 19.03.11 |