Destra e sinistra
Gran parte delle principali democrazie occidentali vede essenzialmente l'opposizione di due schieramenti, sui quali deve orientarsi la scelta degli elettori: destra e sinistra. Il cosiddetto bipolarismo politico viene auspicato e, in parte, realizzato, da qualche anno, anche in Italia, nel tentativo di semplificare un quadro politico eccessivamente frammentato e "bizantino" e di rendere più efficace e stabile l'azione del Governo. Destra e sinistra sono concetti nati un paio di secoli fa, al tempo della Rivoluzione francese. Rappresentano la diade cui si ispira l'azione politica, una delle numerose diadi che caratterizzano lo sviluppo di numerose discipline: per esempio, società-comunità in sociologia; mercato-piano in economia; privato-pubblico in diritto; classico-romantico in estetica; trascendenza-immanenza in filosofia. L'antitesi destra-sinistra non esclude che, nelle democrazie a sistema
elettorale proporzionale, sorgano schieramenti che si collocano sul
continuum destra-sinistra. Spesso, anzi, il consenso degli elettori va a
partiti, che si pongono al centro di questa linea continua. Destra e sinistra hanno conosciuto alterne fortune. Dopo la caduta dei fascismi che avevano imperversato in Europa nei primi decenni del Novecento, la destra sembrava essersi polverizzata. Oggi, dopo la caduta dell'Impero comunista sovietico, ci si chiede se abbia ancora un senso parlare di sinistra. Estranea alla contrapposizione destra-sinistra è la diade, sempre politica, estremismo-moderatismo. Estremisti e moderati possono militare sia nel campo della destra che della sinistra, ma mentre i moderati sono per la gradualità dell'azione politica, gli estremisti sono, sostanzialmente, per il cambiamento radicale, "la catastrofe", sono antidemocratici e antilluministi. In generale, nella società postmoderna, nell'epoca del tramonto delle ideologie, ha ancora dunque un senso operare un distinzione tra destra e sinistra? O sono concetti, diventati scatole vuote, etichette senza più alcun significato? Molti hanno cercato di spiegare l'antitesi fra destra e sinistra ricorrendo a contrapposizioni come progresso-conservazione, debolezza-forza, emancipazione-tradizione, eguaglianza-gerarchia, autodirezione-eterodirezione, classi inferiori-classi superiori, razionalismo-irrazionalismo. Il linguaggio usato dalla politica è sovente poco rigoroso, proviene dal linguaggio comune. In più è ambiguo e possiede forti sfumature emotive. Tuttavia, procedendo da un'analisi approfondita dei concetti di "destra e "sinistra" e servendosi in questo del lavoro di molti altri eminenti studiosi della politica, il filosofo Norberto Bobbio riconosce nel criterio eguaglianza-diseguaglianza l'aspetto fondante della distinzione tra sinistra e destra. In pratica, secondo Bobbio, la sinistra tende ad esaltare tutto ciò che rende gli uomini uguali, la destra tende a sottolineare le diseguaglianze. Eguaglianza non significa, naturalmente
"egualitarismo", ossia "eguaglianza di tutti in
tutto", né che sia possibile eliminare o correggere tutte le disuguaglianze
naturali e sociali. Aspirazioni, queste, perseguite da molti filosofi, ma,
alla prova dei fatti, rivelatesi ingenue e inattuabili. L'uguaglianza è un valore talmente importante per la nostra società, da uniformare buona parte della Costituzione Italiana, che, specificamente all'articolo 3, ricorda: "tutti i cittadini hanno parità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". La società umana, tuttavia, è un'entità complessa, che oltre all'eguaglianza può contemplare altri valori molto importanti e sentiti dalla comunità, quali la libertà, il benessere, l'ordine, la pace. Di frequente tali valori, dalla risonanza emotiva intensa, possono collidere ed entrare in drammatico conflitto fra loro, con conseguenze imprevedibili e non di rado negative. Riferimenti bibliografici:
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Pagina aggiornata il 24.05.10 |