La crisi dell'euro

Dopo aver sollevato molti dubbi, apprensioni e polemiche al momento della sua entrata in vigore, l'euro si era rivelata negli anni scorsi una moneta molto forte, guadagnando costantemente nei confronti della valuta di riferimento per antonomasia, cioè il dollaro. Negli ultimi mesi, però, la moneta unica europea ha conosciuto un periodo di grave crisi, da cui ancor oggi non siamo usciti e che si preannuncia particolarmente lunga e difficile

I principali governi delle nazioni aderenti all'Unione Europea hanno varato manovre restrittive  severissime. Le economie europee sono in recessione. Si annunciano, per tutti, nel continente, sacrifici, lacrime e sangue. Una parola inglese è venuta di moda sui giornali: "default". Prima era confinata al gergo informatico. Oggi invece, nell'accezione economica, assume un significato un po' sinistro: significa "inadempienza", in pratica "fallimento".

La crisi dell'euro è cominciata con le difficoltà della Grecia, dove particolarismi, corruzione, clientelismi e un settore pubblico pletorico hanno determinato conti pubblici fuori controllo e una crisi economica senza precedenti. Nel frattempo però siamo stati informati che molte altre economie dei Paesi membri dell'Unione possono vacillare sotto il peso di conti pubblici dissestati: Portogallo, Spagna, Irlanda, Ungheria sono a rischio. E l'Italia?

In questo quadro instabile e fosco l'Italia è un po' un sorvegliato speciale. Vanta, infatti, uno dei debiti pubblici più elevati del mondo. Dal punto di vista economico, la nostra nazione ha perso, negli anni, competitività. L'Italia, infatti, è un Paese di mafie, caste, cricche e cupole, dove oggi, per trovare lavoro, conta più la raccomandazione del merito, dove gli insider fanno ostruzione sugli outsider, nelle professioni come negli impieghi. Dove non c'è vera concorrenza, una delle leve più forti dell'efficienza economica; dove i costi della politica e dei privilegi diventano sempre più  onerosi e insostenibili per i comuni cittadini; dove la criminalità organizzata controlla una parte cospicua del territorio nazionale. Una pubblica amministrazione inefficiente, un groviglio inestricabile di cavilli burocratici, la giustizia lenta impediscono di fare impresa e tengono lontani gli investitori stranieri. Intere generazioni di giovani sono, nel nostro Paese, tagliate fuori, di fatto, dalla possibilità di progettare il proprio futuro, di aspirare a un lavoro stabile, con una retribuzione accettabile, e a una futura pensione.

La situazione è comunque difficile un po' ovunque. L'Unione Europea  sta pagando il prezzo di aver raggiunto un'unione economica, per quanto instabile, prima di un'unione politica. Oltre che delle speculazioni finanziarie, stiamo pagando il prezzo di una globalizzazione, che mette gli europei in competizione serrata con le economie emergenti del pianeta, dove il rapporto costo del lavoro-produttività è più vantaggioso per gli investitori, come Cina, India, Brasile e Indonesia. Forse tutti noi ci siamo abituati a vivere al di sopra dei nostri mezzi. Per rimediare alla crisi dell'euro occorrono, dunque, urgenti riforme strutturali, che determinino, in molti settori, una rapida inversione di tendenza.

Ma della crisi che sta attraversando l'Europa contemporanea non esistono soltanto gli aspetti finanziari ed economici. Esistono anche gli aspetti psicologici e culturali. I cittadini europei sembrano dare per scontato il tenore di vita raggiunto oggi. Tutti i servizi e tutte le tutele di cui godono. Concentrati su se stessi e sui propri diritti e bisogni, hanno perso la prospettiva storica, non capiscono che il benessere lo si è raggiunto tramite lo sforzo, il lavoro, la fatica e l'impegno delle generazioni passate. Edonisti ed egoisti, noi europei sembriamo aver perso i valori etici della comunità e della solidarietà, ma soprattutto la capacità, l'orgoglio e l'energia di cogliere e fronteggiare le sfide che la complessità del mondo presente e futuro ci pone.  

La parola "crisi" non ha solo un'accezione negativa. Significa anche "opportunità", "scelta". Riuscirà l'Europa, il continente della libertà e della democrazia, a compiere le giuste scelte, risvegliandosi dal proprio torpore?

Riferimenti bibliografici:
Mihm, S., Roubini, N., La crisi non è finita, Milano, Feltrinelli, 2010
Jelloun, T.B., "Una nuova Europa" in L'Espresso, anno LVI n.22, 3 giugno 2010, pag. 9

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Pagina aggiornata il 15.06.10
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