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Come internet modifica il nostro cervello e il nostro modo di pensare

 
La storia millenaria dell'uomo è un susseguirsi di rivoluzioni. Alcuni radicali cambiamenti portano con sé sangue e distruzioni, altri invece sono, almeno apparentemente, pacifici e benefici. La scienza e la tecnica hanno impresso negli ultimi decenni ai mutamenti storici un ritmo vorticoso, così che ci troviamo immersi, nel giro di pochi anni, in trasformazioni che, se da un lato ci affascinano, dall'altro, almeno un po', ci spaventano.
La rivoluzione digitale, informatica, dei computer e delle reti, di internet insomma, è il cambiamento epocale che ci coinvolge e travolge all'alba di questo nuovo millennio.
Poiché in tale rivoluzione siamo tuttora immersi, ci è difficile valutarne pro e contro, vantaggi e svantaggi, utili e perdite. Solo col tempo, col passare degli anni, storicizzando la nostra esperienza, riusciremo ad esprimere un giudizio più chiaro ed equilibrato.

Per adesso possiamo dar retta alle nostre impressioni, alle nostre sensazioni personali, nonché consultare le opinioni degli esperti. Che si dividono, come al solito, per citare un fortunato titolo di Umberto Eco, in apocalittici ed integrati, in coloro che sottolineano gli inconvenienti prodotti dai mutamenti tecnologici e in coloro che sono entusiasti del nuovo.

Che computer, internet e telefoni cellulari abbiano cambiato profondamente le nostre vite non c'è ombra di dubbio. Che l'uso delle nuove tecnologie abbia modificato le strutture stesse del nostro cervello, il nostro pensiero e il nostro stile cognitivo è un'ipotesi che i neurofisiologi hanno avanzato e che trova sempre più credito. D'altronde, tutte le grandi rivoluzioni tecnologiche hanno modificato le strutture cerebrali dell'uomo. L'invenzione della scrittura, per esempio, mise in crisi la tradizione orale della trasmissione della conoscenza e già Platone metteva in guardia contemporanei e posteri sul pericolo che l'espansione della scrittura indebolisse la memoria dell'uomo e contribuisse a diffondere un falso sapere.

Oggi siamo sempre connessi col mondo intero, anche se siamo da soli in una stanza, davanti allo schermo di un computer o armeggiando con il nostro smartphone. Chat, social network, blog, pagine web di quotidiani italiani e internazionali, Facebook, You Tube, Twitter, videogame, enciclopedie digitali a portata di clic sono comodità e strumenti di lavoro, di studio, di svago e di socialità cui pochi di noi saprebbero rinunciare. Anzi, una leggera ansia ci può sorprendere se per qualsiasi contrattempo dobbiamo stare lontani dai nostri aggeggi tecnologici e dalle nostre applicazioni preferite.

Viviamo costantemente immersi nella velocità e in un clima psicologico di leggera, maniacale euforia, in un blando delirio di onnipotenza. Pensiero, memoria, concentrazione e attenzione sono attività cognitive che si modificano in seguito all'uso delle nuove tecnologie. Cambiano proprio i dati bioelettrici e chimico-fisici, la concentrazione dei neurotrasmettitori, le connessioni neuronali, i tragitti abituali che compiono gli impulsi attraverso il nostro complicatissimo sistema nervoso. Mentre si rafforzano nuove connessioni e si attivano nuove aree cerebrali, altre sinapsi e altre aree del nostro cervello cadono in disuso.

Secondo molti esperti stiamo passando da un modi di pensare lineare, calmo, riflessivo, ad uno che procede rapido, per piccoli scatti; da una modalità di riflessione lenta, ma profonda ad una veloce, ma superficiale. Stiamo diventando incapaci di prolungare la nostra attenzione e concentrazione su un oggetto per più di pochi minuti, mentre probabilmente stiamo diventando più veloci e creativi nella risoluzione dei problemi, almeno di quelli più semplici.

Alcuni educatori hanno rilevato che i cambiamenti indotti dalla rivoluzione digitale ci hanno portato alla perdita di alcuni saperi. Ma, elemento più preoccupante, hanno intaccato il nostro stesso modo di apprendere. Lo studio approfondito è lento, sistematico, talvolta noioso e molto faticoso. Per padroneggiare alcune discipline è necessario uno sforzo prolungato per assimilare e memorizzare una quantità di conoscenze "previe", senza le quali non è possibile diventare dei veri esperti in una determinata materia. Oggi, invece, l'apprendimento, in virtù anche dei nuovi strumenti tecnologici, mette l'accento sulla rapidità e il divertimento, in definitiva su un sapere superficiale e senza radici profonde.

Potendo fare affidamento su una memoria esterna costituita dal web e dai vari supporti informatici, in cui si reperisce ogni sorta di informazione, la nostra memoria si sta progressivamente indebolendo. Fatichiamo persino a ricordare le date del compleanno di familiari ed amici, tanto ce le ricorda Facebook.

I cambiamenti indotti da internet non sono tuttavia soltanto negativi. La rete permette nuove forme di aggregazione dei cittadini, nuove forme di socialità e di partecipazione politica. Sembra che l'uso dei social network faciliti nei giovani la socializzazione, con un aumento dell'autostima e del benessere e felicità personali.

La rete migliora la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, permette di organizzare proteste, di gestire associazioni, di far sentire la voce e le preferenze di cittadini e consumatori, altrimenti privi di rappresentanza. Può diventare, purtroppo, anche lo strumento di una subdola manipolazione delle menti e delle coscienze, ad opera di demagoghi e mistificatori.

Soprattutto il web produce un surplus cognitivo, in grado di raccogliere un sapere delocalizzato e frammentato. Internet veicola una sterminata quantità di materiale prodotto dai singoli utenti, che rappresenta un'energia nuova e dirompente. Materiale che va aggregato, organizzato, selezionato, ma che indubbiamente può contribuire a un incremento del sapere e del progresso. Basta pensare ad un'impresa come Wikipedia, un'enciclopedia dalla mole imponente, continuamente aggiornata e totalmente gratuita, che si è guadagnata la fiducia di molti studiosi e che è nata dall'unione del sapere e delle conoscenze di anonimi cittadini, sfruttando una piattaforma informatica che li mette a confronto.

Come sempre forse il problema non è tanto il medium, il mezzo, quanto l'uso che ne facciamo. Penso che internet stia diventando per ciascuno di noi una comodità irrinunciabile. Si tratta, come suggerisce Nicholas Carr, studioso dei rapporti fra tecnologia, economia e cultura, di superare la nostra dipendenza dai nuovi strumenti tecnologici e di riprendersi spazi e tempi per riflettere in silenzio e di ritornare magari più di frequente alla lettura e alla meditazione dei cari, vecchi, trascurati libri.

Riferimenti bibliografici:
Carr, N., Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello, Milano, Cortina, 2011
Manacorda, E., "Facebook ci cambia la mente", L'Espresso, 4 dicembre 2012
Shirky, C., Surplus cognitivo. Creatività e generosità nell'era digitale, Torino, Codice, 2010
Simone, R., Presi nelle rete. La mente ai tempi del web, Milano, Garzanti, 2012

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Pagina aggiornata il 05.05.13
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