La pandemia da COVID-19, che ha imperversato nel nostro pianeta, causando milioni di ammalati e di morti, ha rappresentato una catastrofe per tutto il genere umano. Lutti, economie in ginocchio, esistenze costrette a gravi limitazioni nella propria libertà di scelta e di movimento sono stati i prodotti di un’emergenza sanitaria inattesa.

Come in tutte le crisi, tuttavia, anche in quelle così terrificanti come quella che stiamo vivendo, si intravedono delle opportunità. La pandemia ci ha cambiato, ha cambiato cioè il nostro modo di concepire l’esistenza.
Innanzitutto, come già accaduto in passato in occasione di pestilenze, carestie e guerre, anche in questa circostanza il genere umano ha confermato una capacità di resilienza davvero notevole.

Se da un lato, infatti, il virus ha inferto un duro colpo al nostro orgoglio e alla nostra supponenza, facendoci capire che la nostra presenza sul pianeta non è necessaria - la vita sulla Terra continuerebbe infatti imperturbabile anche senza di noi - e che la specie umana è soltanto una delle tante specie esistenti, vulnerabile e a rischio di estinzione, dall’altro la pandemia ha accelerato cambiamenti che da tempo forse dovevano essere adottati.

Cominciando dall’aspetto psichico, la nostra coscienza ha dovuto misurarsi con dimensioni che il nostro modo di vivere consumista aveva rimosso. Si dice che il Buddha raggiunse l'illuminazione quando, giovane e ingenuo principe, si misurò con la realtà della vecchiaia, della malattia e della morte. La pandemia ci ha fatto appunto prendere coscienza della nostra fragilità e della nostra finitezza e questo ci ha motivato a riorientare i nostri valori, ha tolto molti di noi dalla dimensione infantile del consumo e del divertimento per aprirci a una maggiore maturità. Ha trasformato molti di noi, finalmente, in adulti consapevoli e responsabili.

Durante questa crisi abbiamo imparato a superare una visione di angusto individualismo e a comprendere che la nostra vita e quella degli altri sono intimamente legate. L'uso delle mascherine, l'osservanza del distanziamento sociale, ci hanno insegnato il rispetto di noi stessi e della nostra salute, ma anche l’attenzione verso gli altri, cui ci lega un vincolo di protezione e solidarietà.
Nel corso della pandemia abbiano inoltre sperimentato quanta generosità, altruismo, dedizione sia in grado di esprimere l'essere umano. Molti operatori sanitari, numerosi funzionari pubblici, molti insegnanti, ma oserei dire molte persone con i ruoli e le condizioni sociali più diverse, non di rado semplici cittadini, hanno saputo andare oltre il loro dovere professionale e personale, e hanno gettato il cuore oltre l'ostacolo per garantire a tutti gli altri una vita il più “normale” possibile. A riprova che l’essere umano è sì capace delle peggiori nefandezze, ma anche di slanci di energia, generosità e amore verso il prossimo.

E’ vero: siamo stati tutti più soli durante la pandemia. Ma questo ha spinto molti di noi a misurarsi con la dimensione più intima e spirituale della propria esistenza, a riprendere un dialogo con la profondità della propria anima, a sviluppare una vita interiore, spesso atrofizzata dalle frenetiche attività quotidiane. Certo, la solitudine può essere faticosa, la compagnia di se stessi può rivelarsi molesta, favorendo ruminazioni mentali, rimorsi, rimpianti e noia, ma, mentre per taluni tutto ciò ha determinato autentici e talora gravi squilibri psichici e familiari, per altri ha rappresentato l’occasione per approfondire la conoscenza di sé.

Sempre sul versante cognitivo, abbiamo imparato molte altre cose. Per esempio che la scienza non è quel monolite fatto di certezze che la maggior parte di noi credeva fosse. Virologi, epidemiologi, specialisti di malattie infettive, luminari della medicina, tutte persone preparate ed esperte, hanno espresso di frequente in questi mesi opinioni contrastanti quando non diametralmente opposte. Abbiamo compreso che la scienza non produce certezze assolute, ma si costruisce sul dubbio, la sperimentazione, la confutazione di teorie, lo spirito critico. Nondimeno continuiamo, giustamente, a dare credito alla scienza e ai suoi metodi, consapevoli che il dibattito anche acceso saprà produrre delle soluzioni benefiche per tutti noi.

Nonostante tutte le limitazioni imposte dalle norme igieniche adottate per frenare il contagio, la vita sociale non si è fermata. Le persone hanno continuato a lavorare, a comunicare e a studiare. E tutto ciò è avvenuto in gran parte per merito della tecnologia, spesso ingiustamente criticata per i suoi presunti effetti alienanti. Computer, software, applicazioni sino a ieri neglette hanno permesso a milioni di persone di lavorare da casa, da remoto, in telelavoro, in smart working, lontani da uffici e stabilimenti concreti, fatti di mattoni.
Chi ha avuto occasione di muoversi in auto ha sperimentato un traffico finalmente fluido, città talvolta sinistramente deserte, ma nello stesso tempo libere da inquinamento.
Molte persone hanno potuto sperimentare la tanto attesa conciliazione fra tempi di vita e di lavoro, si sono potute dedicare alla famiglia e ai figli, hanno avuto una maggiore libertà di organizzare il tempo della loro giornata.

Non solo: il nuovo modo di lavorare, consentito dalla tecnologia digitale, potrebbe avere ripercussioni sulle stesse organizzazioni. Mette in discussione le strutture rigidamente gerarchiche delle aziende, valorizza responsabilità e protagonismo dei singoli lavoratori, richiede un nuovo modo, più fluido, snello e informale, di lavorare in team. Tutto ciò potrà rivoluzionare in futuro la vita stessa e l’assetto urbanistico delle città.
Esiste anche il rovescio della medaglia che è giusto non sottacere: alcune categorie di agenti economici (es.: proprietari di edifici, di capannoni e di uffici, baristi, ristoratori, addetti ai trasporti ecc,. ) potranno risentirne negativamente; le aziende potrebbero decidere di delocalizzare il lavoro laddove il suo costo è inferiore. Sta allora alla politica intervenire per mediare e cercare di tutelare gli interessi di tutti.

Da ultimo, ma non ultima, la scuola. La cosiddetta “didattica a distanza”, resa possibile dalle meraviglie dell’informatica, ha permesso di continuare la scuola portando i contenuti direttamente nelle case degli studenti. Anche in questo ambito, la trasformazione è stata più profonda di un semplice cambio di canale di comunicazione. Si è aperto finalmente, in Italia e nel mondo, un fecondo dibattito sull'apprendimento e sulla funzione della scuola.

Condizionate dall’urgenza di garantire comunque un servizio considerato essenziale, si sono sperimentate nuove concezioni pedagogiche e nuove tecniche educative e didattiche. Ci si è interrogati come non mai su quali siano i contenuti fondamentali da diffondere, su quale nuovo ruolo debbano assumere docenti, studenti e genitori. L’apprendimento sarà un’attività sempre più strategica nel prossimo futuro per tutte le società, fonte imprescindibile di conoscenza, di sviluppo umano ed economico oltre che di piacere individuale.
La scuola ottocentesca proposta sino ad oggi non può più essere la risposta ai bisogni educativi e formativi di tutta la popolazione. Nativi digitali, internet ed insegnanti progressisti stanno prospettando trasformazioni epocali nel campo dell’istruzione e dell’apprendimento.

Sicuramente i rivolgimenti radicali, catalizzati dall’emergenza coronavirus, in campo esistenziale, lavorativo ed educativo-formativo, avranno ripercussioni sulle nostre vite anche quando la pandemia sarà risolta.
Senza dubbio nessuno è così ingenuo da credere ciecamente nelle “magnifiche sorti e progressive”, che tutto quello che si faceva in passato sia da buttare e che non sia necessario intervenire con correzioni, talora energiche, sulle nuove sperimentazioni in atto. Tuttavia l'innovazione, temperata dalla tradizione, appare la sola forza capace di restituire entusiasmo, freschezza e rigenerazione alle nostre esistenze e alla nostra civiltà.

Riferimenti bibliografici:
Baricco, A., Quel che stavamo cercando, 2020
Bruschi, B., Perissinotto, A., Didattica a distanza. Com'è, come potrebbe essere, Roma-Bari, Laterza, 2020
De Masi, D., Smart working. La rivoluzione del lavoro intelligente, Venezia, Marsilio, 2020
Giordano, P., Nel contagio. Torino, Einaudi, 2020
Zizek, S., Virus. Catastrofe e solidarietà, Milano, Ponte alle Grazie, 2020