Il filosofo ed economista Karl Marx aveva teorizzato che la rivoluzione socialista avrebbe trovato le migliori condizioni di attuazione nei Paesi più sviluppati, quelli che avevano raggiunto uno stadio di capitalismo maturo. Sarebbero stati i proletari a rovesciare un sistema borghese oppressivo.

Sorprendentemente, la prima realizzazione del socialismo reale si realizzò, invece, in una nazione economicamente arretrata come la Russia. Un Paese, ancora agli inizi del Novecento, a struttura semifeudale, retto dagli zar della stirpe dei Romanov, povero di industrie, popolato prevalentemente da contadini, che versavano in condizioni di miseria.

Tutto il sistema dell’agricoltura era arretrato, per cui da più parti si invocava una riforma che modernizzasse le campagne. Artefice della riforma agraria fu, tra il 1906 e il 1911, il ministro Stolypin. Personalità autoritaria, Stolypin si rese responsabile di atti di violenza particolarmente feroci nei confronti degli oppositori, in particolare contro i bolscevichi.
Con la sua riforma, Stolypin intendeva creare una classe di piccoli proprietari agiati, che avrebbero poi sostenuto il governo, allontanando i pericoli di una eventuale rivoluzione. Chiaramente i contadini più forti e abili riuscirono ad accaparrarsi le proprietà più grandi, andando a formare una classe di proprietari terrieri agiati (i kulaki). I lavoratori più poveri, costretti ad abbandonare la terra, si resero disponibili come manodopera per le industrie, di cui c’era tuttavia penuria, non essendo stata attuata una politica industriale adeguata.

Il risultato della riforma fu un drammatico aumento della povertà, della disoccupazione e dello sfruttamento. Il malcontento popolare sfociò in un attentato, che portò all'uccisione di Stolopyn. La guerra peggiorò la situazione: la Russia affrontò il conflitto divisa e impreparata.

La rivoluzione del febbraio 1917, concretizzatasi con l'abdicazione dello zar, dopo una rivolta indomata di soldati ed operai esasperati dalla corruzione dell’amministrazione pubblica e della corte, aveva creato due distinti organismi di potere: da una parte il governo provvisorio affidato al principe Georgij E. L’vov, dall’altra il soviet di Pietrogrado formato da rappresentanti di operai e soldati.

Dopo l’abdicazione dello zar Nicola II, il governo provvisorio sperava di instaurare in Russia un regime liberal-parlamentare. Il soviet di Pietrogrado decise di mantenere una linea moderata, sostenendo il governo provvisorio, scontentando le aspirazioni di soldati, operai e contadini , tutt’altro che in accordo con le scelte politiche dell’esecutivo al potere. Intanto, agli inizi di aprile del 1917, tornarono in Russia, dall’esilio svizzero, Lenin e un gruppo di dirigenti bolscevichi, accolti, al loro arrivo alla stazione di Pietrogrado, dall’entusiasmo della folla.

Lenin, fino a qualche mese prima molto scettico circa la possibile attuazione di una rivoluzione socialista in Russia, ritenendola invece realizzabile nei Paesi più sviluppati e industrializzati, appena tornato in Russia si dichiarò contrario al governo provvisorio. Secondo lui, bisognava dare tutto il potere ai soviet. Il suo progetto politico (“tesi di aprile”) comprendeva inoltre la confisca della terre, l’unificazione delle banche e la creazione di una nuova Internazionale, col compito di promuovere la rivoluzione negli altri paesi . La nuova repubblica dei soviet doveva rappresentare gli operai, i salariati agricoli e i contadini.

Il soviet di Pietrogrado, presieduto dal menscevico Ccheidze, decise tuttavia di mantenere il proprio appoggio al governo, provvisorio. Nel frattempo, le insurrezioni popolari crearono un clima di disordine e confusione. Il governo dichiarò i bolscevichi fuorilegge e Lenin dovette riparare in Finlandia, mentre Trockij, che era tornato da poco dagli Stati Uniti, venne arrestato. La Pravda, organo di partito dei rivoluzionari bolscevichi, dovette cessare le pubblicazioni.

Kerenskij, avversario dei bolscevichi, divenne i il capo del nuovo governo, composto per la maggior parte da ministri socialisti moderati. Il governo Kerenskij era osteggiato sia dalla sinistra rivoluzionaria che dalla destra. Il generale Kornilov tentò allora un colpo di stato che, con il suo fallimento, aprì la strada alla rivoluzione. I bolscevichi si distinsero nella opporre resistenza alla "controrivoluzione" dei militari e aumentarono il loro consenso nel Paese, mentre il governo Kerenskij vacillava.

Fu in questo clima che il 10 ottobre 1917 il comitato centrale del partito bolscevico prese la decisione di ricorrere all'insurrezione armata. Alla riunione decisiva partecipò oltre a Trockij e Lenin , anche il responsabile dell'organizzazione e della stampa, il georgiano Josif Stalin, che tanta importanza avrà nel prosieguo della storia russa. Nella notte tra il 24 e il 25 ottobre le truppe rivoluzionarie occuparono i punti chiave della città mentre Kerenskij fu costretto alla fuga. Il governo rivoluzionario, presieduto da Lenin, auspicò l’intenzione di arrivare al più presto alla pace tra i popoli ancora in guerra, decretò la soppressione delle grandi proprietà e il controllo degli operai e degli impiegati sulle fabbriche.

Il disimpegno russo dalla guerra non piacque agli alleati della Russia. I tedeschi imposero ai russi delle condizioni di pace particolarmente severe. La firma del trattato di pace tra i due paesi avvenne ai Brest-Litovks, 3 marzo 1918. Le condizioni vessatorie imposte dalla Germania generarono tensioni tra bolscevichi e socialrivoluzionari di sinistra, che sfociarono nell'assassinio dell'ambasciatore tedesco e in un attentato a Lenin, che rimase seriamente ferito.

Gli alleati, in particolare Francia e Inghilterra, cercarono di organizzare un intervento militare contro il governo rivoluzionario. Affidarono il compito alle cosiddette "armate bianche", che si costituirono in varie zone della Russia sotto la guida di generali zaristi e che si avvalevano dell’apporto di militari provenienti da varie parti del mondo. L’armata rossa però ebbe la meglio nel respingere gli attacchi delle truppe “controrivoluzionarie”. Gli alleati allora cercarono, riuscendoci, di isolare la Russia nel contesto internazionale.

Il partito bolscevico prese la denominazione di partito comunista, che costituì l’Internazionale comunista, o Comintern, con il disegno di coordinare l’azione dei partiti rivoluzionari dei vari paesi. Subito dopo la guerra, la rivoluzione comunista e la susseguente guerra civile, la Russia si trovò in condizioni economiche disastrose. Una grave carestia con milioni di morti funestò il paese. Per far fronte all’acutezza della crisi, venne instaurato il “comunismo di guerra”, ossia vennero presi una serie di provvedimenti piuttosto radicali che comprendevano la requisizione dei prodotti agricoli, il monopolio statale del commercio del grano e la nazionalizzazione della maggior parte delle industrie.

Superata l'acme della crisi, dal 1921 al 1928 si diede corso alla Nuova politica economica (NEP), che tentava di conciliare la gestione collettiva e statale dell'economia, con la parziale permanenza di elementi di gestione privata delle aziende e del commercio, nel tentativo di correggere l'arretratezza del Paese. Lenin denominò il nuovo sistema “capitalismo di Stato”.

Si procedette all'elettrificazione del Paese. Furono riconosciuti i diritti delle donne e il diritto generale al lavoro, all'assistenza sociale e all’istruzione. Fu istituito un sistema sanitario pubblico. Nel 1922, dopo che vari stati limitrofi si riavvicinarono alla Russia sovietica, si costituì l’URSS ((Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche).

Il governo sovietico cercò in politica estera di uscire dall’isolamento in cui era rinchiuso e vari paesi a “economia capitalista” procedettero al riconoscimento ufficiale dell’URSS.

Il 21 gennaio 1924 morì Lenin. Trai i due contendenti alla sua successione, Trockij e Stalin, prevalse Stalin. Nel 1927 Trockij, favorevole alla rivoluzione permanente, venne espulso dal partito e due anni dopo venne costretto all’esilio. Fu infine ucciso da un sicario, nel 1940, mentre si trovava in Messico.

Nel 1927 Stalin varò un piano quinquennale (1928-1933), con l'obiettivo di trasformare il Paese da agricolo a industriale. La pianificazione voluta da Stalin prevedeva la trasformazione sociale delle campagne, l’abolizione delle aziende individuali e la collettivizzazione delle aziende agricole. I kulaki (proprietari terrieri) vennero letteralmente annientati da Stalin, che attuò il suo piano senza nessuno scrupolo, a tappe forzate. In seguito Josif Stalin procedette all'annientamento fisico anche dei propri oppositori di partito e si segnalò come uno dei dittatori più sanguinari della storia moderna. Il sogno di costruire una società democratica governata dal basso, si trasformò così in un incubo totalitario.

Riferimenti bibliografici:

G. Sabatucci, V. Vidotto, Le età del presente, Bari-Roma, Laterza, 1995
Villari, R. Storia contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 1975