![]() La resilienza
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Un nuovo termine sta diventando di uso comune nei discorsi e nelle pubblicazioni di psicologi ed educatori: si tratta di "resilienza". Mutuato dal linguaggio dell'ingegneria (come del resto la parola "stress"), dove sta ad indicare la resistenza dei materiali a sollecitazioni deformanti ed estreme, in ambito psicologico "resilienza" designa la capacità degli esseri umani di resistere alle avversità, di non farsi completamente travolgere da quei possibili e catastrofici eventi esistenziali che annientano la psiche di molte vittime. La resilienza, dunque, esprime la tenacia di una persona di fronte alle difficoltà della vita, la capacità di rialzarsi dopo una caduta, di riprendersi dopo un fallimento, di opporsi alle circostanze ambientali sfavorevoli. Di resistere agli effetti destabilizzanti di sciagure, lutti, violenze, traumi, abusi, maltrattamenti, rovesci economici, stress prolungati, malattie e carenze affettive. Mentre molto spesso in passato la psicologia si è concentrata su difetti, manchevolezze e patologie (vere e presunte) della psiche, oggi invece pare essere più attenta alle caratteristiche positive e adattive della mente umana. La resilienza è un tratto della personalità che consente all'individuo di adattarsi meglio alle sfide ambientali e gli permette, malgrado le circostanze avverse, di portare a termine con successo i propri progetti esistenziali, in una parola di “autorealizzarsi”. Non sappiamo ancora con assoluta certezza scientifica perché alcuni individui superino difficoltà anche gravi, mentre altri vi soccombono. L’esistenza umana non è stata del tutto svelata dalla scienza e un alone di mistero circonda ancora, e fortunatamente - aggiungo -, le questioni più importanti della vita. Tuttavia la psicologia ha appurato che alcune circostanze facilitano la nostra capacità di rispondere positivamente alle peggiori sfide ambientali, interiori ed esteriori. Per esempio, nel determinare le nostre risposte positive alle avversità, intervengono componenti biologiche, genetiche, comportamentali, ed esperienze vitali positive come l'attaccamento precoce con una figura parentale (o un suo sostituto), che dispensi affetto e infonda sicurezza. Anche in mancanza di corredi genetici favorevoli e di esperienze precoci positive, lo sviluppo della resilienza può essere favorito dalla progettazione di un ambiente esterno favorevole e da cambiamenti sociali benefici, nell'ambito della famiglia e della scuola. Come promuovere, dunque, la resilienza? Per esempio lottando contro la povertà e il degrado ambientale e favorendo lo sviluppo di comunità e associazioni locali che rappresentino un aiuto per l'individuo troppo spesso lasciato solo a sostenere il peso dei colpi avversi della fortuna. Ma importante è soprattutto l’educazione dei singoli ricevuta da genitori ed insegnanti competenti, che sappiano infondere alle persone speranza e fiducia nelle proprie risorse. Un ambiente familiare poco conflittuale, dove i figli siano guidati in maniera coerente senza subire eccessive pressioni, favorisce lo sviluppo di personalità resilienti. In mancanza di genitori validi, altre figure familiari come nonni, zii, fratelli, ecc. possono supplire all’assenza di una salda guida genitoriale, fungendo da figure di riferimento etico ed emotivo per i ragazzi. Allo stesso modo insegnanti preparati, capaci di empatia e di rappresentare per i giovani un modello positivo in cui identificarsi, non solo possono supplire alle inadeguatezze genitoriali, ma costituire per i giovani una potente e decisiva esperienza, capace di mutare positivamente il corso dell’esistenza, verso il traguardo dell’autorealizzazione personale. Il concetto di resilienza può essere esteso anche alle organizzazioni. Nella realtà vediamo come esistano organizzazioni che non sanno reggere ai mutamenti e alle nuove richieste della società e che soccombono alla forte competitività del mercato e vi sono, al contrario, organizzazioni che sanno rinnovarsi ed affermarsi solidamente. In un mondo in continuo e rapido mutamento è chiaro che sopravvivano le aziende più flessibili, capaci di imparare dalle proprie esperienze. Sono le cosiddette learning organization.Infine si può riconoscere e promuovere una “resilienza della terza età”. Ci sono anziani che si sanno conservare in buona salute e sono creativamente produttivi anche in età molto avanzata. In altre parole resistono a quel processo di progressivo decadimento fisico e cognitivo, rappresentato dalla vecchiaia. Ciò dipende in larga misura dalla capacità di mantenersi in esercizio fisico e mentale e di continuare a coltivare interessi e passioni. E, non ultimo, dalla capacità di mantenersi aperti alle novità. Riferimenti bibliografici:
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Pagina aggiornata il 30.04.15 |