Proust nasce a Parigi nel 1871, in una famiglia dell'agiata borghesia francese. Non porta a termine studi accademici regolari, ma frequenta fin da giovane gli ambienti mondani.
La morte della madre, cui era legatissimo, avvenuta nel 1905, cambia la sua vita. Si ritira in solitudine, fa tappezzare di sughero la sua camera per isolarsi dai rumori esterni e si dedica totalmente alla scrittura e, in particolare, alla stesura del suo capolavoro: Alla ricerca del tempo perduto (À la recherche du temps perdu). Il lunghissimo e articolato romanzo, in cui il Narratore si confonde con l'autore, viene respinto da editori e intellettuali di spicco, tra i quali André Gide, futuro premio Nobel per la letteratura. Proust finirà per pubblicarlo a propria spese e ad ottenere un ormai insperato successo. Proust muore a Parigi nel 1922.
L’imponente opera proustiana si compone di sette parti o romanzi collegati (La strada di Swann, All’ombra delle fanciulle in fiore, I Guermantes, Sodoma e Gomorra, La Prigioniera, Albertine scomparsa - La fuggitiva, Il tempo ritrovato) e si estende per oltre tremila pagine. Alcune parti sono state pubblicate postume. Vi domina un'introspezione finissima, mentre il tema prevalente è l'amore, nelle sue infinitesime sfumature.
Proust aveva un'indole sedentaria, tendente all'ozio e all'indolenza. A parte la scrittura, sarebbe stato inetto a qualsiasi professione o mestiere. Mondano, pallido, di salute malferma, omosessuale, snob, nevrotico: la biografia di Proust desta ancora nei lettori di tutto il mondo una grande curiosità, per la sua singolarità e per l'influenza che esercitò sulla sua opera, frutto di una estenuata sensibilità. Era un uomo capace di dissipatezze, ma anche in grado di portare a termine, in solitudine, acquisendo abitudini ascetiche, il suo capolavoro.
Il suo stile di scrittura contempla lunghi periodi, frasi subordinate complesse che si intrecciano togliendo quasi il respiro al lettore.
La Recherche è stata al centro di molti studi e di una quantità esorbitante di saggi critici. Ha esercitato ed esercita sugli stessi letterati di professione un fascino ipnotico. Proust, nella Repubblica delle Lettere, rappresenta a tutt’oggi un mito.Il capolavoro proustiano è un romanzo intimo, generato nell'oscurità e nel silenzio. Un romanzo che riproduce il ritmo della vita interiore. Un'opera monumentale che si fonda sulla Memoria, il Ricordo, il Tempo. In particolare la memoria evocata da Proust non è una memoria esclusivamente volontaria, bensì principalmente una memoria spontanea, o sensoriale, evocata dai sensi, generata da un sapore, un profumo, una musica. Si tratta di soffermarsi su quelle che sono definite le "intermittenze del cuore", ossia "quei soprassalti straordinari che nello scorrere di una vita normale ci riportano a eventi, cose o persone del passato". La narrazione non segue perciò un ordine cronologico, ma si dipana con continui rimandi tra presente e passato, seguendo il flusso di coscienza del Narratore.
Leggendo Proust impariamo a leggere noi stessi. Il francese si rivela essere un profondo conoscitore del cuore umano, rivaleggiando in tale ambito con il genio di Shakespeare.
Proust era uno scettico. Non credeva nelle istituzioni e nei valori ai quali tutti tributano ossequio. Non credeva in Dio, nella patria, nella famiglia, nella politica. Non aveva fiducia nella medicina (nonostante il padre fosse un medico insigne). Soprattutto non credeva nell'amicizia. E, malgrado nelle sue pagine lo analizzi a lungo, non credeva neppure nell'amore. Considerava l'amore una forma di autoinganno. Secondo il suo punto di vista, l'amore è un sentimento che esiste soltanto nella psiche dell'innamorato, una faccenda che riguarda esclusivamente lui. L'oggetto amato è inconoscibile. In tutto il processo amoroso l'amato è soltanto una comparsa.
Nella Recherche lo scrittore finisce per discettare su tutto. Non c'è quasi argomento o esperienza umana che Proust non abbia trattato in profondità.
Nel romanzo di Proust si fa la conoscenza di personaggi straordinari. Il raffinato Charles Swann, Madame Verdurin col suo conformismo, Odette de Crecy, Saint-Loup, il barone de Charlus. Personaggi che ci ricordano caratteristiche, sentimenti, emozioni riconoscibili in noi stessi o in persone con cui abbiamo familiarità. Di essi l'autore sa restituirci la complessità, gli aspetti contraddittori, le identità che essi assumono a seconda della percezione e dei diversi punti di vista degli interlocutori. Personaggi dunque sfaccettati, ma anche dinamici, in continuo divenire.
Nella sua opera Proust continua la nobile tradizione francese della introspezione che ha nei Saggi di Montaigne il suo modello più fulgido. I personaggi di Proust hanno una vividezza che richiama quelli creati da Balzac, di cui Proust era un acuto lettore.
La memoria e il tempo considerato come durata sono elaborati nel romanzo sulla scorta delle concezioni filosofiche di Henri Bergson. Per la sua originalità e complessità, il romanzo di Proust è stato accostato alla teoria della relatività di Einstein. Per il carattere sapienziale e di summa della propria opera principale, nonché per l'esperienza di discesa agli inferi, fosse pure della vita mondana parigina, in molti (per esempio l'illustre critico Gianfranco Contini) hanno accostato Proust a Dante. Le analogie tra Dante e Proust non si esauriscono naturalmente in questi accenni, ma per essere sviscerate nella loro complessa articolazione richiedono le competenze di sensibili quanto eruditi letterati. Di certo, dopo Proust nessun romanziere di valore ha potuto ignorare la sua opera.
Riferimenti bibliografici: S. Guglielmino, Guida al Novecento, Milano, Principato, 1971 (a cura di) P. Pinto e G. Grasso, Proust e la critica italiana, Roma, Newton Compton, 1990 A. Piperno, Proust senza tempo, Milano, Mondadori, 2022