La democrazia, forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e vanto dell'Occidente, è in pericolo. I generosi sistemi di welfare delle nazioni più ricche sono stati pesantemente ridimensionati, i diritti di cittadinanza erosi, la forbice tra ricchi e poveri si è negli ultimi decenni pericolosamente allargata, l'inquinamento atmosferico ha raggiunto livelli insopportabili. I lavoratori, nelle aziende attuali, sono mantenuti, in misura sempre maggiore, in condizioni di precarietà, insicurezza e incertezza esistenziale.
La globalizzazione e l'ideologia neoliberista della deregolamentazione radicale dei mercati hanno favorito la formazione di gruppi economici sempre più potenti ed estesi, capaci di condizionare la politica e il controllo dei cittadini sulle attività dei governi. Tramite una capillare attività di lobbying, le grandi corporation condizionano gli uomini e i partiti politici a prendere provvedimenti a loro favorevoli. Una ristretta cerchia di persone sembra così in grado di prendere le decisioni più importanti e di spartirsi potere e appalti a scapito dei legittimi interessi degli elettori, che stanno progressivamente perdendo il controllo sulla cosa pubblica.
Diritti fondamentali che dovrebbero essere garantiti dallo Stato, come l'istruzione e la sanità, sono di fatto limitati. I relativi sevizi pubblici sono sottofinanziati e minacciati di passare in mano privata, dove il profitto farebbe premio sulla qualità del servizio reso al cittadino, provocando inoltre un possibile accesso discriminato alle prestazioni, stabilito in base al censo e alle capacità di spesa.
A questa costellazione di fatti, di intrecci, di relazioni, a questo nuovo tipo di gestione della cosa pubblica, il politologo inglese Colin Crouch ha dato il nome di postdemocrazia. Si tengono ancora libere elezioni, ma il potere decisionale è in mano alle élite, a specifiche oligarchie del mondo dell'economia, dei media, della burocrazia e della tecnica.
La collusione della politica con gli affari prefigura il diffondersi della corruzione. La politica, distratta delle sue funzioni di servizio ai cittadini, rischia di trasformarsi sempre più in un'accorta operazione di marketing. Si sta aprendo la strada a una politica svuotata di contenuti, la politica degli slogan, dei sondaggi, del marchio e dell'immagine.
Lungi dal realizzarsi come mercato concorrenziale perfetto, un’attività economica priva di controlli, dove prevalgono i gruppi di interesse, le amicizie e le relazioni tra politici ed esponenti del mondo dell'economia e della finanza, si trasforma nella negazione dell'efficienza e della competizione sana.
Non tutto è perduto. Bisogna cominciare ad opporsi a quelle forme di capitalismo globalizzato che mirano a distruggere le comunità e
a creare un instabilità diffusa. E’ necessario prestare attenzione a quei gruppi e movimenti che esprimono con energia la protesta,
pur a volte contraddittoria, e le nuove istanze della base sociale.
Occorre che i cittadini riprendano attivamente il controllo dello Stato
Riferimenti bibliografici:
C. Crouch,
Postdemocrazia, Bari-Roma, Laterza, 2003