Possiamo definire classici quei libri che hanno resistito all'usura del tempo e sono giunti fino a noi. Quei libri che i lettori, attraverso le epoche storiche, hanno consacrato come opere di valore. Esistono classici antichi, che hanno attraversato i millenni e che appartengono ad antiche civiltà, come ad esempio quella greca e quella romana, e classici moderni, che si sono affermati in epoche recenti, secoli o decenni a ridosso della nostra contemporaneità.

Più citati che letti, i classici rappresentano il meglio della creatività umana in ambito testuale, il tesoro che il passato ci ha lasciato in eredità. I classici sono quei libri che mantengono una freschezza espressiva nonostante il passare del tempo e una ricchezza di significati che può definirsi inesauribile.

Si dice spesso che la letteratura è inutile. Io invece credo che i grandi libri non solo costituiscano un nutrimento per il nostro spirito, ma abbiano una valenza terapeutica. Si tratta di "vere presenze". Se siamo angustiati da un problema, se l'esistenza ci pone davanti a interrogativi angosciosi, difficilmente noi leggeremo un classico senza incontrare quel passo, quel brano che non ci dischiuda una parvenza di soluzione, che non accenni a una risposta e che non acquieti le nostre ansie e i nostri timori. Non siamo noi a leggere i classici, ma sono loro a leggere dentro di noi. Attraverso i personaggi che costruisce sulla carta, la grande letteratura ci offre modelli cui ispirare la nostra esistenza. I classici ci insegnano a vivere. Secondo il grande scrittore e critico francese George Steiner le letture serie e profonde possono addirittura cambiarci la vita.

Certe opere ci aprono mondi interiori inesplorati, accrescono la nostra percezione della realtà, potenziano le nostre capacità emotive, ci aiutano a comprendere meglio noi stessi e il mondo circostante, ci permettono di superare pregiudizi inveterati, bonificano la nostra aridità di mente e di cuore. Spesso i classici, non importa di quale epoca, ci trasmettono idee per noi nuove, ci restituiscono in modo chiaro certe nostre oscure intuizioni, riflettono i nostri pensieri migliori, che non abbiamo mai avuto il coraggio di esprimere compiutamente a noi stessi e agli altri.

Leggere grandi opere letterarie non significa dedicarsi allo studio di libri polverosi e dimenticati, privi ormai di interesse per noi ipermoderni, ma arricchire le nostre esperienze cognitive, infrangere la chiusura delle nostre menti, troppo spesso nutrite da un'attualità giornalistica sciatta e superficiale, quando non dall'imbecillità così diffusa sui social media. Non che di per sé il giornalismo scritto e televisivo e i social media siano realtà negative da abolire, anzi. Tuttavia è innegabile che il livello medio di quanto vi si trova espresso è non di rado avvilente.

I classici rappresentano poi un antidoto alla dittatura del presente. L'umanità esiste da millenni, e le principali passioni dell'uomo rimangono quasi sempre le stesse; cambiano le istituzioni, le strutture politiche, i modi di produrre. I classici ci permettono di conferire profondità alle nostre visioni del mondo; attraverso i pensieri di altre epoche e di altre mentalità ci consentono di superare la claustrofobica cronaca, e di giudicare il nostro presente con maggiore intelligenza.

Attraverso i classici ci è data la possibilità di vivere in altre epoche storiche e addirittura di vivere più vite oltre alla nostra. Mediante la frequentazione dei grandi libri, noi impariamo ad esprimerci e ad argomentare con maggiore efficacia, affinando le nostre abilità retoriche.

Quando si devono leggere i classici? Non esiste un'età migliore. Dipende dalla sensibilità e dalla maturità di ciascuno. Certo, incontrarli troppo presto impedisce il più delle volte di coglierne appieno tutte le valenze di senso. Meglio forse leggerli quando si ha qualche esperienza di vita significativa alle spalle.

Nonostante la tarda modernità in cui viviamo tenda a magnificare le conquiste della scienza e della tecnica, le grandi opere letterarie (e filosofiche) non hanno esaurito la propria funzione formativa. Qualsiasi professionista (un medico, un avvocato, un ingegnere, ecc) non può che avvantaggiarsi, nell'esercizio della prorpia attività, di una ben assimilata cultura umanistica oltre che scientifica, specialistica, tecnica. Non tutto quello che ha valore si può misurare e perciò faccio un'affermazione statisticamente non verificabile, ma io sono dell'opinione che un individuo, qualunque lavoro svolga, fornirà una prestazione professionale di maggiore qualità avendo alle spalle un'autentica e personale relazione con i classici, pur se parziale e frammentaria, piuttosto che essendone privo.

Concludo riportando quanto scrive, nel suo splendido saggio La letteratura in pericolo, il critico e filosofo Tzvetan Todorov: "La [grande] letteratura può molto. Può tenderci la mano quando siamo profondamente depressi, condurci verso gli esseri umani che ci circondano, farci comprendere meglio il mondo e aiutarci a vivere. Può trasformarci nel profondo. La conoscenza della letteratura non è fine a sé stessa, ma rappresenta una delle vie maestre che conducono alla realizzazione di ciascuno".
I classici rappresentano dunque una scuola di vita, una tappa ineludibile nel nostro cammino verso la saggezza.

Riferimenti bibliografici:
A. Bloom, La chiusura della mente americana, Milano, Frassinelli, 1988
I. Calvino, Perché leggere i classici, Milano, Mondadori, 2017
G. Lavia, Se vuoi essere contemporaneo leggi i classici, Milano, Piemme, 2017
G. Steiner, Vere presenze, Milano, Garzanti, 2014
T. Todorov, La letteratura in pericolo, Milano, Garzanti, 2018