![]() Nelson Mandela e la fine dell'apartheid
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Alla commemorazione funebre di Nelson Mandela, celebrata il 10 dicembre 2013 allo stadio di Johannesburg, era presente una folla oceanica di decina di migliaia di persone, tra le quali i principali leader della politica internazionale e l'elite del mondo dello sport, della musica, dello spettacolo e della cultura. Nato nel 1918, Nelson
Rolihlahla Mandela viene
adottato da un capotribù del Trenskel. Lavora in
miniera, studia giurisprudenza, diventa avvocato
e, nel 1945, aderisce
all'African National Congress (ANC), un
movimento di liberazione che,
messo fuori legge, abbandona la nonviolenza e la
disobbedienza civile per rendersi artefice di
attentati e sabotaggi nelle principali città del
Sudafrica. E' con l'avvento al governo di Frederick de Klerk che si giunge a un radicale cambiamento nella politica sudafricana e ad una maggiore apertura verso i diritti della popolazione nera. De Klerk negozia la trasformazione del Paese con Mandela, che viene liberato dopo diecimila giorni di carcere, l'11 febbraio 1990, all'età di 71 anni. A de Klerk e a Mandela le autorità svedesi conferiscono il Premio Nobel per la Pace nel 1993. Nel 1994 Mandela viene eletto Presidente di un Sudafrica, finalmente liberato e democratico. Madiba (come veniva affettuosamente chiamato Nelson Mandela) è diventato una delle icone popolari più rappresentative del nostro secolo, l'emblema della lotta di liberazione dei neri e degli oppressi, il simbolo dell'antirazzismo. Molto sensibile alle esigenze della propria gente, egli fu, come scrisse Nadine Gordimer, l'amica bianca scrittrice, Premio Nobel per la Letteratura nel 1991, "un leader rivoluzionario di enorme coraggio, [...] un negoziatore politico di talento e saggezza straordinari, uno statista che si adopera per un cambiamento pacifico". Soprattutto un uomo che, una volta vinta la propria battaglia politica, non pronunciò mai una parola di vendetta verso gli avversari, ma che aspirava ad un Sudafrica unito e riconciliato, dove tutti potessero vivere dignitosamente in maniera indipendente dal colore dalla pelle. Ancora detenuto disse: "Nutro l'ideale di una società democratica e libera in cui tutte le persone vivano insieme in armonia e possano avere delle opportunità. E' un ideale per cui spero di vivere e che spero di conseguire. Ma, se necessario, è un ideale per cui sono pronto a morire". Una volta al governo, il compito di Mandela non fu dei più facili. Si trattava non solo di sopire gli odi delle opposte fazioni e scongiurare la guerra civile, ma di combattere la povertà, la carenza di abitazioni, la disoccupazione e la scarsa istruzione del popolo. Occorreva inoltre trasformare l'esercito e la polizia, dediti per decenni alla repressione feroce e sanguinaria dei moti popolari, in istituzioni degne di un paese democratico. Obiettivi di impressionante responsabilità, per il raggiungimento dei quali Mandela invocò la collaborazione di tutti. Nel giovane Sudafrica di oggi, liberato dall'apartheid, nonostante le grandi risorse naturali di cui gode, i problemi non mancano. Esistono ancora la povertà, la disoccupazione (specialmente giovanile) e l'acuto divario fra ricchi e poveri. La corruzione è diffusissima e riguarda anche i neri che sono arrivati alle leve del potere. Persino la censura non è del tutto morta. Tuttavia siamo in molti a nutrire la fondata speranza che il testamento politico, l'esempio ricco di umanità, dignità e integrità di Mandela, aiutino il suo popolo a raccoglierne l'eredità e a superare gli attuali problemi. Che, a conti fatti, non sono, purtroppo, molto diversi dai nostri e, con le dovute proporzioni, da quelli di quasi tutte le democrazie occidentali. |
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Pagina aggiornata il 10.06.14 |