Si calcola che siano ormai oltre 6 milioni i ragazzi italiani, tra i 13 e i 24 anni, iscritti a Facebook, mentre l’80% dei nostri giovani possiede uno smartphone. Sempre in Italia - ma altrove le cifre sono ancora più elevate - l’84% dei giovani si connette a internet tutti i giorni, mentre il 61% scarica App sul telefono. Ci troviamo al cospetto di quella che è stata classificata come la “Net Generation”, o generazione dei “nativi digitali”, calzante definizione coniata da Marc Prensky nel 2001.

Chi sono dunque i “nativi digitali”? Sono coloro che sanno usare le nuove tecnologie intuitivamente, senza sforzo. Quelli che si trovano a loro agio tra computer, tablet, cellulari, connessioni internet, social network, collegamenti wi-fi, videogame, touch screen, istant messaging (WhatsApp). Sono i bambini e gli studenti che hanno vissuto la rivoluzione informatica tuttora in corso e che sono “madrelingua” del linguaggio digitale.

Questo cambiamento tecnologico epocale, che ci riguarda tutti, ma in particolar modo le giovani generazioni , non è privo di conseguenze, sul rapporto che abbiamo, ma che principalmente hanno i ragazzi con l’apprendimento, la conoscenza, l’elaborazione e la memorizzazione delle informazioni, la comunicazione, la socializzazione. La mente, l’identità, le relazioni e l’educazione dei nativi digitali sono fortemente condizionate dalla rivoluzione digitale in atto e si organizzano ormai intorno ad esperienze e paradigmi del tutto nuovi.

La mente dei nativi digitali utilizza nuovi schemi. Le esperienze digitali cambiano la percezione dei confini del proprio corpo e dello spazio circostante. I nuovi media sono in grado di mutare il modo in cui conosciamo noi stessi e il mondo che ci circonda.

Le possibilità offerte dal cyberspazio ci consentono di allargare la nostra schiera di conoscenze, di uscire dai limiti talvolta quasi soffocanti della cerchia familiare e amicale per cercare nuove amicizie e nuove affinità. Permettono inoltre di dare di se stessi una definizione e un’immagine meno stereotipate e, invece, più ricche e articolate.

Accanto alle reti sociali tradizionali, i nuovi media permettono di crearsi anche degli “amici digitali”, che magari non si incontreranno mai dal vivo, ma che occupano un ruolo significativo nella vita di molte persone. Si crea sempre più di frequente una permeabilità tra reti sociali digitali e reti sociali tradizionali, offline.

Ma è sotto il profilo educativo che si prospettano forse le possibilità più suggestive offerte dai nuovi media ai nativi digitali. È ragionevole pensare che nell’arco di pochi decenni i nuovi mezzi rivoluzioneranno i nostri modi di apprendere e di studiare e che il mondo della scuola tradizionale ne uscirà radicalmente trasformato. Se ne avvertono già adesso le prime avvisaglie: lo sviluppo dell’e-learning (educazione a distanza), l’offerta sempre più massiccia e accreditata di corsi online fornita da università prestigiose, la possibilità di creare contenuti multimediali, affidati alla collaborazione degli esperti più qualificati in ogni campo del sapere, il numero impressionante di informazioni, consigli, tutorial che si possono reperire sul web circa le più svariate attività umane, lo sviluppo di un’intelligenza collettiva che, mettendole in rete, moltiplica le cognizioni e le abilità individuali.

La scuola di oggi deve perciò già da subito tener conto dei cambiamenti e adottare quelle tecnologie che i nativi digitali usano abitualmente. E, a onor del vero, qualcosa si sta già facendo con l’introduzione della Lim (lavagna interattiva multimediale), del libro elettronico e dei tablet. Ed è sempre più importante, secondo molti esperti, che gli insegnanti conoscano i nuovi mezzi e i nuovi linguaggi.

Per completezza vanno segnalate anche le voci critiche circa il concetto di “nativi digitali”, nuove tecnologie e loro impatto educativo, come per esempio le opinioni del pedagogista Pier Cesare Rivoltella che definisce quella dei “nativi digitali” una “neuromitologia”, oppure la posizione del linguista Raffaele Simone, secondo il quale la rivoluzione digitale ci conduce alla pericolosa perdita di importantissime forme di sapere.

Naturalmente, i grandi cambiamenti degli ultimi decenni pongono i nativi digitali di fronte a nuovi pericoli: il cyberbullismo, per esempio, le molestie di malintenzionati, le truffe ordite su internet da organizzazioni criminali, la sovrapposizione talvolta confusa tra sfera pubblica e sfera privata, l’enorme mole di informazioni, talvolta inutili e ridondanti, che può finire per disorientare, per disperdere inutilmente energie creative e generare ansia, lo sviluppo di rapporti sociali numerosi, ma superficiali e poco gratificanti.

Infine le nuove tecnologie tendono a creare nuove diseguaglianze, per esempio quella fra i “nativi digitali”, che hanno accesso ai nuovi media e li usano intuitivamente e quella degli “immigrati digitali”, cioè di coloro che la rivoluzione digitale la subiscono, senza conoscerla o utilizzarla vantaggiosamente.

Ma è sempre stato così. Ogni evoluzione cancella alcuni problemi e ne crea altri. Una sfida che anche la generazione dei “sempre connessi” dovrà raccogliere.

Riferimenti bibliografici:
Ferri, P., Nativi digitali, Milano, Bruno Mondadori - Pearson, 2011
Riva G., Nativi digitali. Crescere e apprendere nel mondo dei nuovi media, Bologna, Il Mulino, 2014
Rivoltella, P.C., Neurodidattica. Insegnare al cervello che apprende, Milano, Cortina, 2012
Simone, R., La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Bari-Roma, Laterza, 2000