La gente comune è convinta di condurre la propria esistenza in maniera sostanzialmente libera. È cioè persuasa di progettare come vivere, di scegliere liberamente tra più opzioni, di decidere come comportarsi. Si sente responsabile delle proprie azioni. E assolutamente responsabili considerano le persone il diritto e il sistema giudiziario, che reputano colpevole colui che trasgredisce le leggi e le regole fissate dalla società. Lo giudicano colpevole perché ritengono che ogni persona agisca in libertà e liberamente scelga di compiere il bene o il male.
Ma le cose stanno realmente così? Molti filosofi nel corso della storia dell'umanità ne hanno dubitato. E hanno negato (e tuttora negano) che l'uomo disponga del libero arbitrio. Sono scettici circa la possibilità umana di scegliere liberamente la propria condotta.
Personalmente io mi schiero con le persone comuni. Con il comune buonsenso. Da non-filosofo, pur riconoscendo che ogni essere umano è condizionato da mille variabili, ritengo che la libertà nell'esistenza di tutti occupi uno spazio immenso. Certo, tutti nasciamo con un corredo genetico che condiziona le reazioni biochimiche del nostro corpo, le nostre propensioni, le nostre abilità, il nostro temperamento, la nostra intelligenza, la suscettibilità alle malattie. Oltre al nostro corredo genetico non possiamo scegliere l'ambiente in cui muoviamo i primi passi: non i genitori, né l'epoca storica, né l'educazione che ci viene impartita. Difficilmente possiamo evitare determinati errori dettati dall’inesperienza, o possibili traumi precoci. Con difficoltà possiamo opporci nel corso della vita alla Fortuna e agli accadimenti provocati dal caso. Arriviamo alla maggiore età forgiati, almeno in parte, da elementi e circostanze che non abbiamo potuto scegliere. Da condizionamenti culturali dettati dai valori in cui la famiglia e la società di appartenenza ci hanno plasmati.
Eppure io credo che man mano che cresciamo noi possiamo sviluppare una consapevolezza sempre più matura ed evoluta, liberarci di gran parte dei condizionamenti culturali ricevuti e compiere delle scelte libere. Diceva Sartre: “Non siano zolle d’argilla e l’importante non è quel che si fa di noi, ma quel che facciamo noi stessi di ciò che hanno fatto di noi". Ma io trovo l'affermazione ancora eccessivamente riduttiva e pessimista. A volte mi capita di pensare che la scienza e la filosofia traggano piacere nel mortificare il legittimo amor proprio dell'uomo. Credo che il determinismo con il suo concatenamento esatto e meccanico di cause ed effetti sia una spiegazione antiquata di ciò che ci accade. La scienza moderna che si è emancipata dal meccanicismo newtoniano, la fisica quantistica ad esempio, ci parla oggi di altri paradigmi, di indeterminazione, di probabilità. Non siamo orologi regolati da meccanismi rigidi. Non siamo proprio congegni meccanici. L'uomo non è un automa. Neppure gli istinti e le passioni ci determinano rigidamente. Siamo meno razionali di quanto molti di noi vorrebbero ammettere, ma siamo capaci di riflettere sulle nostre scelte. Siamo capaci di cambiare idee, visioni del mondo, atteggiamenti. Possiamo anche se con difficoltà imparare dagli errori e trovare la soluzione a molti dei nostri problemi. Le passioni e le pulsioni influenzano la nostra razionalità, ma si tratta di un processo biunivoco: anche la razionalità, il pensiero, i costrutti mentali modellano la nostra parte emotiva e apparentemente irrazionale. I nostri sentimenti ed emozioni sono influenzati dalle nostre credenze, dai valori, dalle idee e dalla visione del mondo che abbracciamo. La nostra energia, il nostro entusiasmo, la nostra volontà, la nostra tenacia ci permettono, pur tra mille ostacoli, di dirigere o almeno di tentare di farlo, il timone della nostra esistenza nella direzione desiderata.
La libertà gioca, a mio avviso, nelle nostre vite, un ruolo notevole. Anzi, spesso per l'uomo moderno è la libertà stessa a costituire un problema. Messo di fronte a una miriade di scelte possibili, l'uomo finisce per provare una sorta di vertigine esistenziale, un sentimento di angoscia per cui molti preferiscono consegnarsi ad altri, delegare loro le decisioni importanti, affidarsi agli esperti, o peggio ancora ai capi, agli uomini forti, alle personalità autoritarie, ai tiranni. Ed è così che nascono i totalitarismi, le dittature.
Più che l'esistenza del libero arbitrio il problema dell'uomo moderno sembra sia la fuga dalla libertà e dalla responsabilità. In una società aperta il futuro non è ancora scritto, sia quello delle comunità nazionali che quello individuale. Le opzioni per ciascuno di noi sono aperte e spetta a ciascuno decidere responsabilmente.
Da ultimo credo che anche qualora si dimostrasse che il libero arbitrio non esiste, a noi conviene comportarci come se esistesse. Parafrasando Voltaire, che pur non credeva nel libero arbitrio, l’individuo fatalista potrebbe non impegnarsi più in nulla, diventare indifferente a tutto, credersi privo di ogni potere e cadere preda della depressione e dell’apatia. Diverso è invece il caso di colui che crede nel libero arbitrio. Convinto di dover scrivere ancora il proprio futuro, sarà una persona piena di energia e di fiducia, ottimista, moltiplicherà i propri sforzi per raggiungere i propri obiettivi e probabilmente ci riuscirà.
Quindi, anche qualora il libero arbitrio fosse una credenza illusoria, nondimeno esso è un catalizzatore che potenzia i nostri talenti e la nostra personalità, un’illusione positiva.