Lo sviluppo della nostra personalità non avviene nel vuoto. Non conduciamo la nostra esistenza, fin dalla nascita, all'interno di una campana di vetro, ma evolviamo interagendo con gli altri: prima la mamma e il papà, poi il gruppo dei pari, gli amici, le persone più o meno significative che via via conosciamo. L'essere umano è un animale relazionale.
"Ogni vita vera è incontro" afferma il filosofo, teologo e pedagogista Martin Buber (Vienna 1878 - Gerusalemme 1965).
Ogni incontro è un turbamento, uno shock, un misurarsi con l'alterità, qualcosa che ci coglie di sorpresa e increspa il nostro stato di quiete.
L'incontro può esitare in travolgenti passioni, che cambiano il corso della nostra vita, in vertigini che mettono lo scompiglio in abitudini consolidate e in opinioni, gusti e valori che credevamo indiscutibili. Può conferire intensità alla propria altrimenti grigia e monotona esistenza.
L'incontro, quando è autentico, ci mette in contatto con la nostra vita interiore, ci permette di conoscere meglio noi stessi.
Se rimaniamo vincolati al nostro sé sociale, al nostro ruolo lavorativo, ai nostri doveri esteriori, alla maschera che presentiamo al mondo, soffochiamo la curiosità e ci precludiamo l'interazione autentica con l'altro.
Spesso l'incontro si traduce in qualcosa di magico, sentiamo una familiarità inspiegabile con la persona appena conosciuta, la conversazione scorre fluida, abbiamo l'impressione di conoscere questa persona da sempre, ci sembra di aver trovato quell'anima gemella che abbiano sempre cercato.
Allo stesso tempo l'altro ci è estraneo, ci offre uno sguardo diverso sul mondo, è un enigma. Ci si dischiude così davanti un mondo nuovo. L'incontro ci apre al cambiamento e al desiderio, esperienze che richiedono tempo per svilupparsi e per approfondirsi, in antitesi con l'agitazione che caratterizza la nostra epoca iperconnessa e dispersiva.
Qualche volta l'incontro si traduce in progetto, in un tentativo di creare qualcosa di più grande di noi. Quando incontriamo la persona giusta cadono ansie e inibizioni per lasciare spazio all'entusiamo, alla libertà, all'avventura, alla leggerezza. Senza l'amore e l'amicizia, che rappresentano i frutti dell'incontro, sarebbe impossibile elaborare una prospettiva complessa sul mondo. L'incontro ci permette di aprirci all'altro, ma anche di mantenere la nostra unicità, di continuare ad essere noi stessi.
L'incontro con l'altro, attraverso il confronto dialettico, ci consente di trasformarci e di progredire. E' una tesi che si può far risalire al pensatore tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda 1770 - Berlino 1831), il cui sistema filosofico si basa appunto sulla dialettica. Ma, ancora prima, nell'antichità, Platone (Atene 427 a.C. - 347 a.C.) ci aveva dimostrato l'utilità del dialogo, del confronto fecondo fra diverse visioni del mondo e delle cose.
L'incontro con l'alterità non riguarda soltanto la sfera delle relazioni amorose e amicali. L'incontro è anche quello tra insegnante e studente, genitore e figlio, educatore e ragazzo, tra il medico e il suo paziente. Talvolta l'incontro può letteralmente salvare una vita, se si incrocia il terapeuta giusto o la persona amorevole e saggia, capace di ascolto profondo e non giudicante. L'incontro è anche quello con le persone fragili: il senzatetto, il migrante, l'indigente. Un incontro che ci chiama con forza alla responsabilità morale e alla solidarietà.
Per favorire gli incontri significativi è necessario muoversi, uscire di casa, abbandonare la nostra zona di comfort, passare all'azione. Occorre uscire da se stessi e superare l'egocentrismo. Tenere gli occhi spalancati, i sensi ricettivi, la mente aperta e abbandonare la routine. Richiede ad ognuno di noi l'assunzione del rischio di fallire, l'accettazione dell'imprevisto. Incontrare significa mantenersi disponibile, buttarsi nel mondo senza essere completamente pronti e senza soverchie aspettative, non aver paura della gentilezza, della delicatezza e della vulnerabilità.
Prepararsi all'incontro richiede la cura della nostra vita interiore, della nostra immaginazione e dei nostri sogni. Ecco allora che assume rilievo la solitudine, la capacità di stare soli che di frequente si accompagna ad un arricchimento della nostra vita emotiva e spirituale. Appunto: solitudine e socialità non sono antitetici, ma poli opposti che non si escludono, ma anzi si attraggono. Nella solitudine incontriamo una persona per molti aspetti sconosciuta: noi stessi.
Forse proprio in questo richiamo alla solitudine e alla vita interiore, contro la superficialità di un'inautentica vita tutta apparenza ed esteriorità, assumono significato i versi del poeta Konstantinos Kavafis (Alessandria d'Egitto 1863 - ivi 1933):
E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balía del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.
Gli incontri che ci trasformano e ci cambiano non consistono soltanto di persone, ma possono riguardare film, romanzi, poesie, quadri, canzoni. Possiamo, ad esempio, attraverso la lettura, entrare in comunione con i nostri scrittori preferiti. Ci può capitare di incontrare persone tossiche, mentre le realizzazioni artistiche risultano di frequente più vive e autentiche di moltissimi esseri umani.
In conclusione - come sottolinea il filosofo e romanziere francese Charles Pepin (Saint Cloud 1973), in un suo saggio dedicato proprio al tema dell'incontro - la vita vera "è una vita di sorprese, di abbagliamenti, di sconvolgimenti", ma "non c'è speranza di diventare noi stessi senza uscire da noi e incontrare gli altri".
Riferimenti bibliografici:
C. Pepin, Filosofia dell'incontro. La riscoperta di un gesto dimenticato, Milano, Garzanti, 2022