Una gita a Venezia con i miei genitori
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"Viaggiare apre la mente" sentenzia mio padre. Pure alla mamma sta a cuore che la mia mente migliori e si faccia più complicata e che il mio cervello riceva gli stimoli necessari ad aumentare le connessioni nervose. Le vacanze di luglio al mare sono finite. La routine di appartamento in affitto-spiaggia-ombrellone-ritorno all'appartamento in affitto, con noia e arrabbiature correlate, è finita. "Perché non ce ne andiamo un giorno a Venezia?" butta lì mia madre. Pensare che i miei non si schioderebbero mai di casa, mia mamma interessata alla sua cucina e alla eliminazione perfetta del più piccolo granello di polvere da ogni angolo, mio padre con la faccia sempre incollata allo schermo della tv o del computer per seguire le partite di calcio del venerdì, sabato, domenica, martedì e mercoledì sera, in pratica tutta la settimana. A nessuno dei due piace poi guidare. "Ma andiamo in treno!",
mi tranquillizza la mamma, mentre papà fa una
smorfia. Alla stazione mia madre disbriga tutte
le incombenze pratico-burocratiche: fa i
biglietti, controlla gli orari e il numero del
binario di partenza. Saliamo sul treno, non
senza aver adoperato i gomiti per farci largo
tra gli altri viaggiatori e occupare un posto a
sedere. Io e mamma stiamo uno di fronte
all'altra. Io ascolta
musica con gi auricolari, lei legge una rivista
di gossip. Intorno, nello scompartimento,
c'è chi gioca col cellulare, chi guarda fuori
dal finestrino, chi fa le parole crociate, chi
chiacchiera ad alta voce. Il papà, che è
innervosito dal treno come lo dovevano essere i
primi viaggiatori dell'Ottocento
non abituati al nuovo mezzo di trasporto,
se ne sta in fondo al vagone, nel vestibolo, in
piedi davanti alla toilette. Mio padre poco dopo la discesa dal treno, si procura una guida turistica. Io e mamma sbuffiamo. Ci sarà da camminare e da ascoltare le prediche e i commenti saputelli di papà. La città è indubbiamente bella con le sue calli e i suoi campi e i suggestivi ponti, un continuo faticoso e fatato saliscendi, ma è anche inquietante con quella enorme distesa d'acqua che la circonda da ogni dove. Io sono l'unico della famiglia che sa nuotare e, sul vaporetto, mamma e papà sono irrigiditi dalla paura. In una botteguccia di cinesi, mia madre compra dei panini al salame che costituiranno il nostro pranzo. "È una bella città, ma pensavo meglio", azzardo io. "E che ti credevi, che ti portavamo a Eurodisney?", ribatte sarcastico mio padre, convinto che per godersi un viaggio in qualsiasi località bisogna prima documentarsi e raccogliere le notizie storiche, artistiche e architettoniche del luogo. E infatti, mentre morde il panino, non stacca gli occhi dalla sua preziosa guida.Si, Venezia è splendida come testimoniano milioni di persone che l'hanno visitata e le centinaia di scrittori che ne hanno scritto pagine piene di poesia e di note lusinghiere. E' una città romantica, ma non così accogliente come credevo. Tutti ti vogliono vendere qualcosa e poi c'è sempre qualche battello da prendere, e soprattutto c'è da camminare, camminare, camminare, fino a farsi venire le vesciche ai piedi. E se ti siedi un attimo, arrivano gli ausiliari del traffico a farti alzare, accusandoti di bivaccare. Insomma, mi è sembrata una città bella, ma umida e un po' respingente. I veneziani col loro dialetto cantilenante e gentile, sembrano nascondere dietro l'ostentata cordialità il cinismo e la durezza degli abili mercanti che sono stati nei secoli passati, quando signoreggiavano su tutto il Mediterraneo. E le strade sono piene di turisti, di tutte le nazionalità. Si procede a fatica, si suda, ci si urta in continuazione. Ma forse ha ragione papà, chi non conosce niente non vede niente e la mia parziale delusione è causata senza dubbio dalla mia ignoranza. Faccio sfoggio, davanti a mamma e papà ammirati e increduli, del mio inglese scolastico e riesco a convincere, più che altro a gesti, una ragazza tedesca a scattarci una foto. Faccio merenda con uno snack, mentre un paio di piccioni mi osservano, con l'occhio languido, che muove a compassione, bramosi di cibo. Mentre i colombi si contendono le briciole della mia Girella, penso che, se venivamo una settimana fa, c'era la Mostra del Cinema e forse vedevo quell'attrice americana che mi piace tanto. Nel tardo pomeriggio facciamo tappa a Murano, per vedere all'opera i mastri vetrai. Anche qui, nell'officina, c'è il divieto di sedersi. L'isola è pittoresca, così come pittoresca e incantevolmente colorata è Burano. Torniamo in stazione che il sole sta tramontando. Arrivati in città, la mamma dice che non ha voglia di cucinare, per cui ci fermiamo, prima del rientro a casa, a cenare da McDonald's. Sono felicissimo. Ho un debole per il BigMac, le patatine col ketchup e la Coca-Cola. Arriviamo a casa che fa già buio. Mi stendo sul divano con la televisione accesa, per rilassarmi. E mentre penso che le gite di una giornata sono faticosissime e che andrebbero vietate, mi addormento sognando di essere in gondola, cullato dallo sciabordio ritmato delle onde. (tema svolto da n.l.) |
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Pagina aggiornata il
20.07.13 |