Cento miliardi di euro sottratti ogni anni all'Erario, con dieci milioni di italiani che dichiarano al Fisco di vivere al di sotto della soglia di povertà. Queste le cifre di uno dei problemi più scottanti della società italiana: l'evasione fiscale.
In un periodo di crisi, con il Paese sull'orlo della bancarotta, il recupero dell'evasione fiscale rappresenterebbe una salvifica boccata di ossigeno per le casse dello Stato e per tutta l'economia nazionale.
La consistenza dell'evasione delle tasse non è una questione nuova, ma si trascina in Italia da decenni, grazie alla complicità sia della politica, per cui gli evasori sono potenziali elettori da proteggere, che della classe dirigente in senso più ampio, latitante e spesso inadeguata alle esigenze del Paese.
Purtroppo in Italia, per ragioni in larga parte storiche, ampi strati di popolazione avvertono lo Stato come un'entità astratta ed estranea al proprio benessere individuale e familiare. L'italiano medio difficilmente guarda oltre il proprio particolare limitato ed egoista. Si accontenta di curare il proprio orticello e si preoccupa scarsamente della comunità e dei problemi collettivi. Anzi, da noi spesso si guarda allo Stato con profonda diffidenza, un'entità vissuta dalla maggioranza degli italiani come ostile e persecutoria, invece che come dispensatrice di servizi necessari, come ad esempio la sanità, l'istruzione, la sicurezza, la giustizia e la previdenza.
L'italiano medio vive nel culto della furbizia, una forma di astuzia di bassa lega che non ha niente a che spartire per esempio con l'astuzia di grandi personaggi della storia e del mito come Ulisse. O con l'astuzia e la sagacia rinascimentali di un Machiavelli o di un Guicciardini. La furbizia italica è quasi sempre, invece, di piccolo cabotaggio, miope, non si accorge che dal suo esercizio non si ricavano a medio e lungo termine che danni ed abbassamento della qualità della vita per tutti. L'italiano sembra non capire che, in una società in cui tutti si comportano con senso civico, nel rispetto delle regole e di criteri di equità e di giustizia, come accade ad esempio nel Nord Europa, tutto funziona meglio e la vita quotidiana è più piacevole.
Siamo arrivati, dunque, alla grande questione del senso civico degli italiani, ancora scarsamente evoluto e probabilmente la causa principale dei mali che affliggono il Paese. Dominato per secoli da potenze straniere, l'italiano ha sviluppato uno spirito di adattamento, talvolta persino creativo, ma sovente distruttivo, vile e superficiale ben sintetizzato dal motto : "Franza o Spagna, purché se magna". Troppo spesso per l'italiano vivere alle spalle del prossimo, esercitare la propria presunta furbizia ai danni dei cosiddetti "fessi" è motivo di orgoglio, anziché di vergogna.
Detto questo, va anche sottolineato come le norme fiscali siano in Italia inutilmente complicate e farraginose. Anche il cittadino onesto che le tasse le vuole pagare viene ostacolato dalla pubblica amministrazione, con un groviglio di norme attraverso cui è difficilissimo districarsi. Pochi da noi riescono a compilare la denuncia dei redditi senza l'aiuto di un apposito professionista, il commercialista, mentre mi risulta che non sia nelle democrazie più avanzate.
La pressione fiscale inoltre in Italia è eccessiva, una delle più alte del mondo, ed è cresciuta negli ultimi decenni a ritmi sempre più sostenuti, mentre i servizi che vengono forniti in cambio ai cittadini sono gestiti direttamente e impropriamente dalla politica, in modo quasi sempre inefficiente e comunque secondo costi e standard di qualità molto discutibili.
A volte poi, in molte aree del Paese, la piccola evasione fiscale e il lavoro nero sono una forma di
sopravvivenza, quasi un ammortizzatore sociale, in una società ingessata
e antimeritocratica, dove il cittadino che vuole vivere del proprio ingegno
e del proprio talento si trova ad essere avversato da potenti burocrazie, tagliato
fuori da chi già esercita mestieri e professioni e strangolato da leggi,
norme e regolamenti oppressivi.
Il cittadino italiano che, per esempio,
vuole creare un'impresa non deve limitarsi a cercare di affermarsi in un
mercato competitivo, ma deve ottenere decine di consensi e permessi,
misurarsi con un mercato del lavoro poco flessibile e dal costo oneroso e
superare mille ostacoli di natura burocratica ed economica, in un clima
non di rado di ostilità.
Si può concludere, perciò, che il problema dell'evasione fiscale in Italia è collegato alla complessità dei problemi del Paese e non potrà giungere a soluzione fino a che non si provvede a un rinnovamento culturale, civile ed economico della nazione. L'Italia ha più che mai bisogno, per uscire dalla grave crisi in cui si dibatte, di una rivoluzione pacifica che la modernizzi, cambiando leggi e consuetudini sedimentate ed obsolete.
Riferimenti bibliografici
Riferimenti bibliografici:
Ippolito, R. Evasori. Chi. Come. Quanto. L'inchiesta sull'evasione fiscale, Milano, Bompiani, 2008
Leccese, A., P. Le basi morali dell'evasione fiscale. Tutto quello che c'è da sapere sul tallone d'Achille del nostro paese, Roma, Armando, 2007
Ricolfi, L. La Repubblica delle tasse. Perché l'Italia non cresce più, Milano, Rizzoli, 2011
Santoro, A. L'evasione fiscale. Quanto, come e perché, Bologna, Il Mulino, 2010