Tra i libri di culto che i giovani contestatori del Sessantotto sventolavano alle manifestazioni studentesche, oltre al Libretto Rosso di Mao, ispiratore della Rivoluzione Culturale cinese e ai complicati testi di Marcuse, figurava un volumetto scritto da un prete insieme ai ragazzi di una scuola parrocchiale di montagna, Barbiana. Il libro si intitolava Lettera a una professoressa ed era un atto di accusa contro la scuola classista dell'epoca (e forse di ogni epoca).

Il testo di don Milani fece allora riflettere molto e le idee in esso contenute hanno ispirato larga parte delle riforme scolastiche che si sono succedute nei decenni successivi.

Temperamento focoso, poco disposto ai compromessi e alle mezze misure, don Lorenzo Milani era nato a Firenze il 27 maggio 1923, secondo di tre fratelli. Il fratello primogenito Adriano diventerà un neuropsichiatra infantile mentre la sorella Elena sarà sempre molto affezionata a Lorenzo, tanto che lui le lascerà la propria parte di eredità. La famiglia Milani è facoltosa e vanta, nell'albero genealogico, senatori, psicoanalisti, direttori di museo e pedagogisti. La madre è di origini ebraiche. Il papà Albano, laureato in chimica, ma con multiformi interessi di tipo umanistico, ha ereditato vari immobili, tra cui una villa in città, una in campagna e una sul mare a Castiglioncello, località dove fu girato l'indimenticabile film Il sorpasso, con Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignant.

Nonostante i suoi non siano religiosi, Lorenzo, dopo essere stato fatto battezzare nel 1933, forse per sfuggire alle persecuzioni antisemite del regime fascista, pretende poi, nel 1934, di ricevere anche la prima comunione. A Milano, dove la famiglia si è trasferita per motivi di lavoro, frequenta il prestigioso liceo classico Berchet. A diciannove anni rimane impressionato dalla lettura della Messa. Non intende iscriversi all'università, ma frequenta per breve tempo l'Accademia di Brera, con l'intenzione di dedicarsi alla pittura. Da agosto a settembre del 1941 prende lezioni dal pittore Staude. Scopre però che dipingere non è la sua vocazione. Matura la decisione di farsi prete. Quando lo comunica alla madre, Alice Weiss, la getta nello sconforto. Il rapporto con la madre sarà per Lorenzo il più intenso e significativo della sua vita. Si scrivevano quasi ogni giorno e lei lo sostenne sempre, anche quando non ne condivideva le opinioni e le scelte.

L'8 settembre 1943, che coincide per la nazione italiana con la firma dell'armistizio con gli Alleati, entra in seminario. Il 13 luglio 1947 viene ordinato sacerdote. Nell'ottobre dello stesso anno viene nominato cappellano di Calenzano.

Sorretto da un'incrollabile fede e dall'ammirazione per la figura di Cristo, don Milani entra quasi subito in contrasto con le gerarchie ecclesiastiche. Da autentico testimone del Vangelo si occupa dei poveri, degli ultimi, di chi è indifeso. Soprattutto gli preme la formazione dei ragazzi delle periferie e delle campagne, affinché trovino nell'educazione e nello studio il riscatto dalla loro condizione di eterni oppressi.

È un prete scomodo e i suoi superiori non vedono l'ora di toglierselo dai piedi. Il 7 dicembre 1954 viene inviato a fare il sacerdote a Barbiana, un piccolo borgo dimenticato sulle pendici dell'Appennino, in una sorta di esilio. Don Lorenzo continua il suo impegno di maestro e organizza lo studio per quei ragazzi che la scuola pubblica si ostina a respingere. Ed è in questo contesto che matura la Lettera, pubblicata nel maggio del 1967, pochi mesi prima della sua morte, quando don Lorenzo è già molto malato. Morirà infatti il 26 giugno dello stesso anno, tra le braccia dei suoi allievi, a causa di un linfogranuloma.

Prima della Lettera a una professoressa, don Milani aveva pubblicato nel 1958 un libro che raccoglieva le riflessioni inerenti la sua pratica di sacerdote al servizio dei poveri, Esperienze pastorali.

Lettera a una professoressa è una requisitoria contro gli insegnanti che bocciano i poveri, senza far nulla per tentare di recuperarli. La scuola, dice don Milani, è come un ospedale che cura i sani e respinge i malati, che fa parti uguali fra disuguali. Non è vero che  i ragazzi provenienti dalle famiglie meno abbienti siano meno intelligenti di "Pierino" che è figlio del dottore. Anzi, spesso hanno un grado di maturità e una conoscenza della vita superiori. Il problema è che crescono in case prive di libri, con genitori che non possono seguirli a dovere, per mancanza di tempo o per limiti culturali. Ma basta ascoltarli con attenzione, permettere loro di tirare fuori il meglio di sé, per accorgersi che la loro intelligenza è pronta e vivace. Anche se non sanno esprimersi correttamente, sono spesso portatori di un prezioso bagaglio di esperienze di cui una scuola più giusta potrebbe e dovrebbe far tesoro. Invece di mortificarli con la bocciatura e rinchiuderli troppo presto nelle officine e nei campi, l'insegnante dovrebbe far di tutto per migliorarli, far scoccare anche in loro la scintilla che inneschi il sacro fuoco della voglia di sapere.

Secondo il sacerdote fiorentino e i suoi ragazzi, bisogna disegnare una scuola i cui contenuti siano più vicini alla vita delle persone, che tocchino la concretezza della vita quotidiana. Vale più conoscere il contratto dei metalmeccanici che non lo studio delle lingue morte. Conta di più leggere e dibattere quotidianamente gli articoli dei giornali piuttosto che occuparsi superficialmente di storia antica. E anche il programma di matematica, nella scuola dell'obbligo, va sfrondato: nessuno che non sia uno specialista ha bisogno, nella risoluzione dei problemi pratici della vita, della matematica complessa.

Don Milani insiste in particolar modo sul linguaggio, "è sola la lingua che fa eguali" scrive testualmente. Imparare ad esprimersi, padroneggiare il linguaggio permette di chiarire i nostri  stessi pensieri, che altrimenti rimangono oscuri, confusi. Chi sa esprimersi e sa intendere l'espressione altrui, potrà mettere a frutto i propri talenti e diventare un cittadino consapevole e dotato di spirito critico, un autentico sovrano.

I ragazzi di Barbiana propongono una riforma della scuola, che impedisca di bocciare almeno fino all'adempimento dell'obbligo e una scuola accogliente, sempre aperta, a tempo pieno, con maestri ( non importa che l'insegnante sia necessariamente laureato) motivati che abbiano la gioia di condividere con gli altri l'insieme delle conoscenze acquisite.

Dopo l'uscita del libro, furono molte le voci critiche che si levarono da più parti. Vennero evidenziate le contraddizioni, le esagerazioni, i limiti, lo slancio utopico ma irrealistico del messaggio di don Milani. Qualcuno gli imputò, man mano che passavano gli anni e la scuola era sottoposta a vistosi cambiamenti non sempre percepiti come migliorativi, la decadenza stessa dell'istituzione scolastica.

Dopo don Milani, e forse proprio grazie a lui, la scuola di oggi ha una maggiore attenzione verso gli alunni in difficoltà, si batte con forza contro la dispersione, cerca di essere inclusiva. Così come tenta di mantenere maggiori contatti con la vita concreta delle persone e con il mondo del lavoro. Certo, le statistiche sono piuttosto deludenti e segnalano come la nostra sia ancora, malgrado gli sforzi, una scuola di classe. Che continua a premiare il privilegio e l'appartenenza ad un ceto sociale elevato. Evidentemente don Milani, con le sue critiche, aveva colpito nel segno.

Privo di una formazione specifica nel campo della pedagogia e dell'insegnamento, don Milani ha proposto un tipo di scuola tutt'altro che superato. Il pensiero e l'opera del prete fiorentino vengono tuttora spiegati, commentati e analizzati nelle università da legioni di specialisti. Gli vengono a tutt'oggi dedicati saggi, convegni e conferenze, a testimonianza che il suo, sfrondato di alcuni eccessi, è ancora un messaggio vivo, attuale, capace di interrogare la contemporaneità, ma anche di fornire alcune valide risposte.

Soprattutto molte sono le scuole in tutto il mondo, specialmente nelle zone, metropolitane o periferiche, dove maggiore è il bisogno di alfabetizzazione, che si ispirano con successo ai metodi e ai contenuti espressi dalla Scuola di Barbiana. E questo farebbe sicuramente piacere a don Milani, che vedeva, evangelicamente, nella condivisione del sapere uno dei significati più alti della vita.

Riferimenti bibliografici:

E. Affinati, L'uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani, Milano, Mondadori, 2016
R. Contessi, Scuola di classe. Perché la scuola funziona solo per chi non ne ha bisogno, Bari-Roma, Laterza, 2016
L. Milani, Esperienze pastorali, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1958
Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1967