Si tratta di una forma di bullismo "virtuale", ma non per questo meno pericolosa di quella, violenta, che viene agita faccia a faccia. Purtroppo spesso si tende a non dare importanza alle ingiurie, alle minacce, alle persecuzioni che avvengono via web, considerandole una forma di aggressività poco pericolosa. E' un errore. Il cyberspazio, con la sua estensione sconfinata, amplifica ogni tipo di messaggio e comunicazione, non lasciando quasi scampo alle vittime di abusi. Le parole, poi, possono diventare pietre e talvolta feriscono più delle aggressioni fisiche, provocando nelle vittime conseguenze gravissime. Non è raro che i media ci informino di giovani arrivati al suicidio perché derisi, ricattati, esclusi, stigmatizzati, ridicolizzati attraverso la Rete.
Chi esercita questo tipo di violenza si nasconde talvolta dietro l'anonimato, oppure spaccia per gioco il suo comportamento prepotente e insultante. Si tratta di giustificazioni false e mistificatorie, che tendono a colpevolizzare la vittima e che purtroppo talora incontrano, se non la solidarietà, sicuramente l'indifferenza di molti adulti e di molti ragazzi. Magari si è convinti, superficialmente, che certe esperienze, anche negative, aiutino a crescere e a imparare a difendersi. Non è così. Le ferite psicologiche inflitte a taluni adolescenti, particolarmente sensibili, minano la loro autostima, la loro reputazione, la loro voglia di vivere. Spalancano le porte a forme di depressione piuttosto importanti, che di frequente determinano impulsi autolesionistici oppure l'abbandono di promettenti percorsi scolastici.
Per questo nessuno può chiamarsi fuori. Gli adulti, in particolar modo gli educatori e gli insegnanti, non possono voltare la faccia dall'altra parte, fingere di non vedere, ma sono chiamati a vigilare ed intervenire quando rilevano situazioni di bullismo e di cyberbullismo. Garantendo sostegno ed intervento attivo in favore delle vittime. Naturalmente un richiamo analogo riguarda la famiglia, i genitori, che non possono disinteressarsi di come i propri figli fanno uso delle nuove tecnologie. Una sorveglianza benevola e discreta, che non deve mirare a vietare l'accesso a computer, tablet e smartphone da parte dei ragazzi, ma deve essere orientata all'ascolto, al dialogo e all'attenzione.
I teenager sovente nutrono una fiducia ingenua e incondizionata nella Rete e nel prossimo. Deve essere compito della scuola, della famiglia e di tutte quelle organizzazioni che aggregano i giovani rendere invece consapevoli i ragazzi dei pericoli che gli incontri virtuali comportano, diffidando loro dal dare immediata confidenza agli sconosciuti, ma anche dal rendere pubbliche opinioni, foto e video che potrebbero rivelarsi negli anni compromettenti.
La scuola, in particolare,
dovrebbe farsi carico del compito di sensibilizzare i millennials sul fenomeno del cyberbullismo, attraverso lezioni, articoli di giornale, discussioni, documentari, film. Deve passare il messaggio che comportarsi da bulli non è
cool, ma è "da sfigati".
Il che risponde, tra l'altro, a verità. In effetti,
abitualmente, dietro un bullo, anche virtuale, si nasconde una persona che cova sentimenti di rabbia, frustrazione e invidia. Un individuo monco dal punto di vista umano, che manca di intelligenza emotiva e di empatia. Qualcuno che cerca il successo sociale attraverso la strada sbagliata.
Certo, la società deve impegnarsi a recuperare i ragazzi che si comportano in modo persecutorio e discriminante verso i propri coetanei. Deve tentare di insegnare loro a mettersi nei panni degli altri e ad elaborare strategie esistenziali più adattive del comportamento antisociale. È possibile, tuttavia, che la prepotenza venga ritenuta, da taluni soggetti, una soluzione gratificante per i propri problemi esistenziali e che non venga di conseguenza abbandonata facilmente. In questo caso deve scattare la repressione. Si deve insegnare alla vittima a denunciare chi le arreca sofferenza e a non avere timore di rivolgersi, quando è il caso, alla Polizia Postale e alle autorità per individuare e fermare chi usa il web per commettere reati. Il cyberbullismo è un reato da non minimizzare e che, stando alle statistiche, è sempre più diffuso.
Va ricordato che sfortunatamente le grandi organizzazioni che dominano la Rete non sempre collaborano nel reprimere il fenomeno del cyberbullismo, cancellando file, video, immagini e messaggi violenti o compromettenti e rendendo note le generalità di chi, in maniera anonima, infastidisce o tormenta il prossimo. I profitti economici spesso prevalgono sulle considerazioni etiche. Una triste verità che non ci deve far disperare. Internet è un fenomeno relativamente nuovo, per cui è probabile che i prossimi anni vedano una legislazione più efficace e matura nel contrastare le sue attuali storture.
Riferimenti bibliografici:
Mura, G., Diamantini, D.,
Il cyberbullismo, Milano, Edizioni Angelo Guerini e Associati, 2012
Sposini, C.,
Il metodo anti-cyberbullismo. Per un uso
consapevole di internet e dei social network, Cinisello Balsamo
(MI), Edizioni San Paolo, 2014