Ci sono epoche in cui le nuove realizzazioni tecnologiche comportano, nell'evoluzione di una civiltà, un vero e
proprio salto di paradigma. Pensiamo per esempio all'invenzione della stampa a caratteri mobili ad opera di Gutenberg, alla locomotiva a vapore, alla diffusione dell'elettricità.
Si tratta di periodi storici in cui tutto il sistema produttivo subisce un terremoto, una
trasformazione radicale. Spariscono vecchi mestieri e se ne affacciano sulla scena di nuovi. E ciò comporta un periodo più o meno lungo di smarrimento per tutti.
Con l'avvento del computer, dell'intelligenza artificiale e di Internet noi stiamo vivendo, in questi anni, uno di questi periodi di cambiamento profondo. Lo sviluppo di specifici software e la capillare, globale connessione in Rete stanno distruggendo la quasi totalità dei lavori, talvolta ben pagati, che si basavano su una consolidata routine. Operai dell'industria, addetti alla reception, cassieri di banca, impiegati, commessi, autisti, segretarie stanno subendo nel panorama del mondo del lavoro odierno un drastico ridimensionamento, mentre professioni intellettuali come il giornalista, l'insegnante, il medico, il commercialista potrebbero essere insidiate in un futuro abbastanza prossimo dalle applicazioni digitali.
La possibilità di sostituire il lavoro umano con macchine che hanno un minor costo, non si ammalano, non fanno errori e non hanno bisogno di ferie alletta la maggior parte degli imprenditori. Si sono già realizzati robot in grado di sostituire il lavoro umano non soltanto nelle fabbriche, ma
anche negli alberghi e nell'ambito dell'assistenza agli anziani. Da anni si sta sperimentando la cosiddetta auto senza conducente, un veicolo totalmente guidato da un computer, con risultati incoraggianti, mentre le nuove stampanti 3D sembrano in grado di rivoluzionare la produzione di qualsivoglia manufatto.
In uno scenario di questo tipo sopravviveranno soltanto i lavori ad alto valore aggiunto di
creatività e quelli, anche manuali, non facilmente rimpiazzabili da un computer o da un robot.
Il risultato della rivoluzione tecnologica in corso, sommato alla competizione su scala mondiale del mercato del lavoro, ha comportato un impoverimento generalizzato delle società occidentali, abituate negli ultimi decenni ad un elevato tenore di vita. In particolare sembrano le classi medie le più colpite, mentre è in aumento il fenomeno della povertà in aree geografiche in cui soltanto qualche anno fa era quasi sconosciuto. Una ristretta oligarchia di ricchi (banchieri, imprenditori, star dello spettacolo, dello sport e della moda, professionisti di fama internazionale, manager di grandi società, esponenti dell'alta finanza, ecc.) detiene la maggioranza delle risorse economiche, mentre il divario di ricchezza tra chi sta bene e chi è in difficoltà cresce esponenzialmente.
Uno scenario deprimente, di cui pochi avevano pronosticato la comparsa. Tra questi il grande economista John Maynard Keynes, che già negli anni Trenta del secolo scorso aveva parlato di una possibile disoccupazione tecnologica. In epoche passate le nuove tecnologie avevano comportato, nel medio termine, un aumento dell'occupazione e del benessere generale. Oggi gli economisti non sono più tanto sicuri che ciò avverrà anche nel nostro caso. Al momento, la rivoluzione informatica ha distrutto più posti di lavoro di quanti ne abbia creato.
Per reagire nell'immediato agli scompensi sociali generati dalle nuove tecnologie non serve assumere atteggiamenti luddisti, ossia simili a quelli assunti nel Settecento da Ned Ludd e nei primi anni dell'Ottocento dai suoi seguaci, che distruggevano i telai meccanici perché ritenuti responsabili della disoccupazione e dei bassi salari. Occorre invece procedere ad una migliore redistribuzione delle ricchezza, attraverso la leva fiscale e il rafforzamento del Welfare.
La speranza, ottimistica ma non del tutto infondata, è che comunque l'inventiva umana trionfi ancora una volta e che le nuove tecnologie creino lavori numerosi e migliori di quelli odierni. Qualche autorevole esperto è già convinto assertore di ciò. Anzi è auspicabile che proprio la tecnologia liberi progressivamente l'uomo dalla necessità di lavorare per consegnarlo finalmente ad un'esistenza di ozio creativo, dove dispiegare liberamente i propri talenti.
Riferimenti bibliografici:
Brynjolfsson, E., McAfee, A.,
La nuova rivoluzione delle macchine. Lavoro e prosperità
nell'era della tecnologia trionfante, Milano, Feltrinelli,
2015
Moretti, E.,
La nuova geografia del lavoro, Milano, Mondadori, 2014
Staglianò, R.,
Al posto tuo. Così web e robot ci stanno rubando il lavoro,
Torino, Einaudi, 2016