Sull’onda lunga delle lotte sessantottine, nel 1978 venne approvata, dopo anni di battaglie politiche progressiste, la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza. Fino ad allora erano in vigore le norme del Codice Rocco, che risalivano all’Italia fascista del 1930 e che annoveravano l’aborto fra i “delitti contro l’integrità e la sanità della stirpe”.
Prima che fosse approvata la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, gli aborti venivano eseguiti clandestinamente, spesso da mammane e “praticoni”, con gravi pericoli per la salute delle donne che potevano arrivare a lesioni permanenti e, non infrequentemente, alla morte. Gli aborti clandestini, per i milioni di donne che ogni anno vi ricorrevano, comportavano inoltre un consistente esborso di denaro.

Gli ostacoli ad una legge più permissiva sull’aborto derivavano in parte dalla preoccupazione che, una volta introdotta, la pratica abortiva potesse diventare un comodo metodo di contraccezione.
Non è stato così. A partire dal 1982, anno in cui si è registrato il picco nazionale di casi, oltre 234mila, il numero di aborti ha conosciuto un costante calo. Anzi, a livello europeo registriamo uno dei tassi più bassi: siamo attestati da tempo sotto i 100mila casi per anno. Ciò è stato possibile in virtù di numerosi fattori positivi: un più alto grado di istruzione, l’educazione sessuale coniugata a metodi contraccettivi più diffusi, l’introduzione di “rimedi” farmacologici resi accessibili per legge, come la pillola “dei cinque giorni dopo”, la pillola “del “giorno dopo” e la pillola abortiva (Ru486).

Purtroppo sulle basse cifre di aborti “legali” incide pesantemente, come un macigno, l’obiezione di coscienza di medici ginecologi, anestesisti, infermieri, personale di sala operatoria e altro personale sanitario, con punte che raggiungono in talune regioni il 90% dei professionisti. Il tutto getta un'ombra sinistra sul nostro sistema sanitario.

Oltre che preponderanti motivi di lucro e di convenienza (gli obiettori vedono ridotti sia i rischi che le responsabilità professionali), grava sulla scelta dell'obiezione di coscienza il condizionamento della Chiesa Cattolica, ancora culturalmente e istituzionalmente forte nel nostro Paese. Numerosi ginecologi sono obiettori nel pubblico e praticanti nel privato. Alcuni camici bianchi, obiettori negli ospedali.pubblici, sono stato arrestati perché praticavano l'interruzione di gravidanza in ambulatori clandestini. In questo modo si nega il diritto delle donne ad abortire in condizioni di sicurezza e gratuitamente. E naturalmente sono a maggiore rischio di veder negato un loro diritto e a mettere a repentaglio la propria vita le donne di classe sociale meno agiata.

Esiste l'aborto farmacologico, che potrebbe restituire potere e indipendenza alle donne, liberandole dalla subordinazione alla chirurgia, ma in Italia tale procedura è fortemente osteggiata. Ci sono, tra l’altro, molti farmacisti obiettori di coscienza.

Ancor oggi l'idea di aborto, pur secondo l'apparente libertario dettato della legge 194/1978, è punitiva e continua ad essere associata alla sofferenza e all'espiazione, anziché all'autodeterminazione della donna.
Ad aggravare il problema, la contraccezione è ancora, in misura consistente, nel nostro Paese, a pagamento, mentre i consultori sono largamente sottodimensionati per numero e personale o affidati al privato, che segue i dettami confessionali e restrittivi della Chiesa. La minoranza di operatori sanitari non obiettori è di frequente ostracizzata, quando non apertamente mobbizzata, dai colleghi e a volte dalla stessa struttura in cui lavora. Né i medici non obiettori, cui va riconosciuto un encomiabile senso civico, hanno un ritorno d'immagine, e conseguentemente economico, se praticano l'interruzione volontaria di gravidanza (Ivg).

La legge 194, pur essendo tiepida in materia di diritti delle donne, è attualmente, secondo l’opinione di molti esperti, sotto attacco da parte delle forze anti progressiste del Paese, finanziate probabilmente da denaro proveniente da stati esteri.
La battaglia contro l'aborto fa parte probabilmente di una strategia reazionaria e integralista tesa ad erodere i diritti civili conquistati negli ultimi anni: il divorzio, l'uso dei contraccettivi e i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Tali forze conservatrici si schierano, a dir loro, contro il potere delle femministe e a difesa della famiglia tradizionale.

In conclusione, per le donne in Italia abortire significa ancor oggi, in troppe occasioni, dover affrontare un’estenuante trafila burocratica e un umiliante processo di colpevolizzazione.

Riferimenti bibliografici:
P. Maltese, La scelta negata. Il diritto all'aborto nel paese dell'obiezione, Catania, Villaggio Maori, 2022