In questa pagina propongo una sintesi del libro, seguita da una breve recensione.
L'età dello sport
Il calcio fa parte della seconda generazione dello sport, che ha origine in Inghilterra circa due secoli fa. Questa nuova forma di sport è profondamente diversa dalle competizioni agonistiche delle epoche precedenti e si distingue dai giochi rituali dell'antichità, dagli spettacoli delle arene romane e dai tornei medievali. Lo sport moderno inglese non consiste solo nell'emergere di nuove gare e giochi, ma nell'adozione di una visione generale della vita, diventando un modello di comportamento. L'etica dello sport fu influenzata dal sistema politico inglese, che dopo le guerre civili tra Parlamento e Corona, sperimentò una "grande pacificazione" basata sul rispetto dell'avversario e sull'accettazione della sconfitta. La cultura atletica si diffonde nelle scuole pubbliche inglesi, dove si cercò di canalizzare l'energia e l'esuberanza degli studenti attraverso i giochi e le gare, trasformandoli in attività disciplinate e controllate. Lo sport divenne una finalità in sé, e la pratica sportiva acquisì prestigio e influenza nell'intero sistema educativo delle élite. Il modello anglosassone delle istituzioni universitarie si identificò sempre più con i successi sportivi, e nacque la figura del Gentleman-Amateur, che rappresentava i valori sportivi. Tuttavia, il dilettantismo sportivo mantiene un pregiudizio sociale nei confronti delle classi più umili, considerando che già svolgevano lavori impegnativi.
Le due anime del football
Il 26 ottobre 1863 a Londra, rappresentanti di undici squadre di calcio si riunirono per smettere di litigare sulle regole del gioco e formarono la Football Association (FA). Questo evento segnò una fase della rivoluzione di un gioco popolare noto come mob football, praticato in Inghilterra fino al tardo Medioevo. Lo sport aveva origini violente ed eccitanti al punto che spesso necessitava di proibizioni da parte delle autorità. Il mob football aveva due versioni principali: "hurling at Goal", giocato in spazi delimitati tra due squadre che lottavano senza esclusione di colpi per mettere il pallone nella porta avversaria, e "hurling to the country", una zuffa sanguinosa tra giovani di villaggi rivali che cercavano di portare il pallone nella metà avversaria. Nel Settecento, si cominciarono a contenere gli eccessi di violenza nel gioco.
L'unità nazionale del pallone
Fino al 1905, la maggior parte delle squadre italiane di calcio era concentrata nelle regioni settentrionali, con il triangolo Torino-Milano-Genova come centro principale. Nel 1914, tuttavia, il calcio si era diffuso anche in altre regioni, con il Veneto e il Friuli in crescita. Nel 1909 fu istituita la Federazione Italiana del Giuoco del Calcio (FIGC) che iniziò a darsi una struttura, inclusa l'introduzione delle classifiche e dello "scudetto" come massima aspirazione. L'Italia partecipò alle Olimpiadi di Stoccolma nel 1912, sebbene il calcio italiano avesse ancora bisogno di migliorare la sua organizzazione e tattica. L'influenza britannica si fece sentire, e gli incontri con squadre britanniche divennero comuni, contribuendo alla crescita del calcio italiano. Si introdusse progressivamente la figura dell'arbitro come giudice unico delle partite. L'Associazione Italiana Arbitri (AIA) fu fondata nel 1911, promuovendo i principi del dilettantismo e del disinteresse tra gli arbitri.
Gente antica del calcio
Il calcio italiano ebbe un'evoluzione e si trasformò da un gioco di élite a uno spettacolo seguito da un pubblico sempre più numeroso. Le prime partite di calcio avevano un numero limitato di spettatori, composto principalmente da amici, parenti e fidanzate dei giocatori. Tuttavia, tra il 1910 e il 1914, il pubblico calcistico in Italia iniziò a crescere, sebbene ancora lontano dalle grandi folle sportive del ciclismo. Si costruirono i primi stadi calcistici, come il campo di Marassi a Genova, e il calcio iniziò a coinvolgere l'intero ambiente urbano.
Con l'aumento del pubblico, iniziarono a emergere anche i primi fenomeni di tifo, spesso alimentati dagli scommettitori. Le partite di calcio divennero occasione di festeggiamenti e cortei per le strade delle città, coinvolgendo l'intera comunità. Il calcio divenne oggetto di interesse anche per la stampa, con la nascita delle prime testate sportive. Tuttavia, il calcio italiano delle origini era ancora concentrato tra i ceti superiori e le classi medie urbane e aveva poche connessioni con il mondo rurale.
Si diffuse anche l'idea che il calcio italiano avesse radici antiche e derivasse dal calcio fiorentino del Rinascimento. Tuttavia, questa teoria non aveva fondamento storico e si basava più sulla tradizione culturale italiana dell'epoca che sui fatti concreti. Nonostante ciò, il calcio in Italia ha continuato a crescere ea conquistare un posto importante nella società.
La nuova generazione del calcio
Ben presto il calcio si diffuse ina ltri Paesi, come il Brasile, l'Argentina e l'Uruguay, che svilupparono club e concezioni di gioco indipendenti dalla matrice britannica. Nel 1916 venne fondata la Confederacion Sudamericana de Football, e si disputò il primo campionato tra Uruguay, Argentina, Brasile e Cile.
Durante la prima guerra mondiale, molte squadre di calcio subirono perdite e il calcio divenne un mezzo per celebrare il mito giovanile e per sfogare la tensione accumulata. In questo periodo, anche la sinistra italiana iniziò a manifestare interesse per lo sport.
Il ciclismo continuò a dominare nel dopoguerra, con la nascita del mito di Costante Girardengo nel Giro d'Italia del 1919.
Nel Sud Italia, il calcio iniziò a proliferare con la presenza di numerose squadre nei centri commerciali e marittimi, ma la diffusione della pratica calcistica non fu uniforme su tutto il territorio.
La base sociale dei giocatori cominciò a trasformarsi, con nuove figure di atleti che raggiungevano i vertici del calcio provenendo da famiglie di artigiani, bottegai e contadini. La nuova generazione di giocatori era spesso meno istruita rispetto a quella precedente, ma nonostante ciò, l'Italia riuscì a mettere in campo una buona formazione universitaria.
Infine, si giunse alla creazione del girone unico nella stagione 1929-30, con la nascita della Serie A e Serie B, oltre a tre divisioni inferiori a carattere interregionale, regionale e locale. Questo ha segnato un nuovo inizio per il calcio italiano.
La nascita del tifo
negli anni '20 si assite all'incontro tra industria, pubblicità e calcio, con generosi mecenati e protettori che si dedicarono al supporto dei club. Piero Pirelli fu uno dei primi industriali a concepire il calcio come canale pubblicitario. Questo fenomeno non si verificò a livello lavorativo come avvenne in Gran Bretagna, dove i padroni delle fabbriche promossero squadre di calcio di successo.
Negli anni '20, si affermò il fenomeno del "tifo" in Italia, che rappresentava il sentimento di partecipazione e il supporto appassionato per una squadra. Questo sentimento raggiunse livelli senza precedenti e si trasformò da un semplice gergo a un vero e proprio linguaggio e cultura.
Durante questo periodo, il calcio divenne sempre più popolare, e gli incontri coinvolsero intere città, portando a una maggiore affluenza di pubblico negli stadi. Il campanilismo sportivo emerse come un aspetto distintivo del calcio italiano, con il gioco che divenne l'espressione delle rivalità locali.
Il termine "tifo" fu coniato in questo periodo e fu utilizzato sia nel calcio che in altri sport come la boxe e il ciclismo. La passione dei tifosi era presente ovunque, ma la violenza era allora di natura spontanea e non raggiunse il livello di crudeltà e predeterminazione che sarebbe emerso in seguito.
La letteratura italiana iniziò a trattare il fenomeno del "tifo" con interpretazioni antropologiche e sociologiche. Alcuni scrittori riconobbero il potenziale del calcio come spettacolo del futuro e guardavano agli stadi come modelli architettonici per il nuovo teatro.
Infine, giornalisti come Emilio Colombo e Bruno Roghi si dedicarono a raccontare le imprese degli eroi del calcio e della bicicletta, contribuendo a creare una cultura sportiva sempre più radicata nella società italiana.
Il professionismo imperfetto
Negli anni '20 e '30 il calcio italiano conosce un'evoluzione. Nuovi interessi investono il calcio e si fa sempre più stretta relazione tra il calcio e l'industria. In questo periodo, si affermò la figura del ricco presidente di società disposto a investire cifre significative pur di ottenere buoni risultati per la sua squadra.
Il concetto di professionismo divenne sempre più evidente, poiché la disciplina e gli allenamenti richiesti ai calciatori, insieme agli impegni agonistici e ai viaggi frequenti, si rivelavano incompatibili con la figura del dilettante. Ciò portò al trasferimento di molti giocatori dal calcio provinciale alle grandi squadre delle città, come Torino, Milano, Genova, Bologna, Roma e Napoli.
La distinzione tra dilettanti e "non dilettanti" fu formalizzata dalla Carta di Viareggio, ma la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) non riconobbe ufficialmente il professionismo. Tuttavia, l'idea della professionalità era ormai radicata nel calcio italiano, e ciò portò ad alcuni privilegi per i primi calciatori sudamericani che giunsero in Italia. Nonostante ciò, solo una piccola percentuale di giocatori ricevette stipendi elevati e benefici extra.
La giustizia sportiva, rappresentata dagli arbitri, si trovò in difficoltà a causa della trasformazione del calcio in un contesto sempre più professionistico. Gli arbitri erano rigorosamente dilettanti e appartenevano principalmente a categorie sociali medio-basse.
Nel frattempo, la costruzione degli stadi si diffuse in tutta Italia negli anni '30, con il "Littoriale" a Bologna come primo stadio italiano costruito per iniziativa pubblica. Questo stadio era un impianto polisportivo che comprendeva un campo di calcio circondato da una pista podistica e altre strutture sportive. La costruzione degli stadi continuò in varie città italiane, riflettendo l'importanza crescente del calcio nella cultura sportiva del paese.
Gli italiani d'Argentina
Particolare attenzione dedicano gli autori all'evoluzione del calcio italiano durante gli anni '20 e '30. Nello specifico l'attenzione si appunta sugli italiani d'Argentina e sull'influenza dei giocatori sudamericani sul calcio italiano.
Prima del primo dopoguerra, i club italiani erano gestiti secondo principi rudimentali, con strutture e servizi scadenti per i giocatori. Tuttavia, la situazione iniziò a cambiare quando i giocatori sudamericani delle squadre austriache, ungheresi e cecoslovacche si trasferirono in Italia alla ricerca di migliori opportunità economiche. Questi giocatori portarono con sé una maggiore tecnica individuale e nuovi modelli di etica professionale, che influenzarono il calcio italiano.
La riforma del fuorigioco del 1925, che ridusse il numero di difensori necessari per tenere l'attaccante in gioco, portò all'introduzione del "sistema" tattico nel calcio inglese. Anche in Italia, i principi tattici subirono un lento processo di formazione, ma con l'influenza combinata dei giocatori danubiani e sudamericani, l'esperienza calcistica italiana divenne unica al mondo.
Il calcio sudamericano si caratterizzava per una maggiore tecnica individuale e un gioco più lezioso, ma ricco di affascinanti figurazioni. I giocatori venivano reclutati principalmente dal popolo minuto e la loro presenza influì sul gioco collettivo delle squadre italiane. Alcuni dei giocatori sudamericani più noti, come Raimundo Orsi e Luis Monti, si unirono a squadre italiane e anche alla nazionale italiana.
Tra i giocatori italiani, Giuseppe Meazza, conosciuto come "il balilla", divenne una leggenda del calcio italiano. Secondo Vittorio Pozzo, Meazza aveva uno stile di gioco individuale affascinante e una capacità unica di diffondere il gioco e coinvolgere l'intero settore d'attacco.
L'evoluzione del calcio italiano durante questo periodo fu anche caratterizzata da una maggiore mondanità e trasgressione tra i nuovi astri del pallone, che spesso conducevano una vita privata al di fuori degli standard di integrità sportiva. Tuttavia, la passione per il calcio e l'influenza dei giocatori stranieri contribuirono a plasmare il calcio italiano nella crocevia dei continenti del calcio.
Gli stili nazionali
durante gli anni '30 si cominciano adefinire in modo più netto gli stili nazionali nel calcio. Durante il torneo di calcio della VIII Olimpiade a Parigi nel 1924, il calcio internazionale vide un netto miglioramento e guadagnò maggiore importanza. La nazionale italiana a Parigi si distinse per l'utilizzo di una linea difensiva del Genoa e una linea di attacco guidata da Adolfo Baloncieri e Virgilio Levratto.
La partecipazione italiana al torneo di Parigi ha segnato una svolta nella storia della nazionale, grazie all'ulteriore ringiovanimento della squadra e all'adozione del primo training psicologico sotto la guida di Vittorio Pozzo. Pozzo sottopose i giocatori a sedute collettive per dettare la tattica di gioco e discutere delle necessità morali del momento.
Secondo Gabriel Hanot, uno dei pionieri del football in Francia, il calcio italiano negli anni '30 era più moderno di quello argentino o danubiano grazie alla tattica del contropiede con la difesa bloccata e i lanci lunghi sulle ali.
Tuttavia, secondo Annibale Frossi, il calcio italiano non possedeva una vera e propria scuola tecnica, ma si era evoluto grazie agli incontri con il calcio danubiano e sudamericano, adattando le tecniche straniere al suo temperamento.
Il commissario tecnico della nazionale italiana, Vittorio Pozzo, giocò un ruolo fondamentale nello sviluppo dello stile nazionale italiano. Egli prediligeva un gioco largo, appoggiato sulle ali, con azioni in profondità, tiri da tutte le posizioni e una difesa centrata. Pozzo enfatizzava la condizione fisica, le virtù muscolari e le doti di guerrieri dei giocatori, ma non amava quelli con personalità forti.
Il calcio austriaco dominava l'Europa negli anni '30, e il Wunderteam ottenne numerosi successi internazionali.
Riguardo ai manuali del calcio, il primo apparve nel 1910: un'opera di Carlo M. Magni, che esaltava il calcio come uno sport di qualità superiore basato su principi scientifici. Negli anni successivi, altri manuali furono pubblicati, tra cui quelli di Giuseppe Cavazzana nel 1921, Arpad Weisz e Aldo Molinari nel 1930, Giuseppe Zanetti e Guglielmo Tornabuoni nel 1932, e Jan Vaniczek nel 1934. Questi manuali fornivano elementi tecnici e didattici per la formazione razionale delle squadre di calcio.
Il manuale di Weisz e Molinari ha influenzato la prima generazione di ex giocatori italiani diventati allenatori, e il calcio italiano ha iniziato a sviluppare una metodologia e una scuola di allenatori. Nel manuale di Vaniczek, veniva enfatizzata la preparazione tecnica e la psicologia dell'apprendimento dei giocatori.
Nel manuale di Ermanno Marielli apparso nel 1935, venivano esaltate le virtù morali del giocatore, tra cui coraggio, ostinazione e spirito di combattimento, oltre alla cura della preparazione fisica e alla consulenza medica.
Infine, nel 1938 e nel 1941, Mario Zappa pubblicò due edizioni di un manuale ampiamente diffuso, trattando dei problemi della medicina dello sport e fornendo preziosi consigli sulla tattica e la preparazione fisica dei giocatori.
L'età dei “mondiali”
Un suggestivo argomento trttato nel libro è l'età dei "mondiali" nel calcio e l'istituzione della Coppa del Mondo. L'idea di un torneo mondiale di calcio era stata concepita con la fondazione della FIFA, ma non si era ancora realizzata. Il CIO aveva stabilito l'incompatibilità dello sport con la remunerazione, minacciando l'esclusione del calcio dalle Olimpiadi.
Jules Rimet, presidente della FIFA dal 1919 al 1953, sostiene l'idea di istituire il campionato mondiale di calcio come alternativa alle Olimpiadi. La prima edizione si svolse in Uruguay nel 1930, ma molte squadre europee non parteciparono a causa delle difficoltà logistiche ed economiche.
La Coppa del Mondo, coniata dall'orafo Abel La Fleur, fu messa in palio come trofeo per il torneo. L'Uruguay vince la prima edizione battendo l'Argentina in finale per 4-2.
Nel 1934, l'Italia ospitò il torneo e vinse la finale contro la Cecoslovacchia per 2-1 dopo i tempi supplementari. L'evento servì per mostrare l'Italia come un paese organizzato ed efficiente, attraente per il turismo di massa.
Alle Olimpiadi di Berlino nel 1936, il calcio fu ammesso solo per gli atleti studenti, e l'Italia vinse la medaglia d'oro sconfiggendo l'Austria nella finale.
Nel 1938, l'Italia vinse nuovamente la Coppa del Mondo, questa volta in Francia. Nella finale, sconfissero l'Ungheria per 4-2. La vittoria della squadra italiana fu duramente contestata a causa del suo legame con il regime fascista.
La vittoria italiana al torneo del 1938 fu esaltata dalla stampa internazionale e celebrata come una dimostrazione dei progressi dell'Italia sotto il regime di Mussolini. L'impresa di Parigi entrò così nella mitologia sportiva degli anni '30, affiancandosi ad altre vittorie italiane in diversi sport.
Le biblioteche del calcio
Il calcio comincia ad essreer raccontatoe e i mezzi di comunicazione ne fanno da cassa di risonanza. Durante gli anni '30, i progressi nei mezzi di comunicazione hanno contribuito a rendere popolari i nomi, i volti e le gesta dei nuovi eroi del calcio. Riviste, figurine, giocattoli e radio sono diventati strumenti importanti per la diffusione e la promozione del calcio.
Le riviste sportive dell'epoca, come "Lo Sport Illustrato" e "La Domenica Sportiva", hanno iniziato a presentare immagini e notizie sul calcio. Anche il disegno umoristico e le figurine che accompagnavano i prodotti industriali hanno contribuito a fissare nella memoria le sembianze degli eroi sportivi.
La radio ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione del calcio. Il radiocronista Niccolò Carosio si è distinto per la sua capacità di raccontare le partite in modo coinvolgente, e la radio ha dato vita anche alla fiction radiofonica dedicata al calcio.
Si pubblicano numerosi romanzi e racconti legati al calcio, alcuni rivolti a un pubblico infantile. La letteratura sportiva ha avuto una presenza significativa. Critici e filosofi cominciano a riconoscere il ruolo dello sport nella cultura.
Inoltre, si stampano alcune antologie e storie generali del calcio italiano, che hanno cercato di tracciare la storia e l'evoluzione del calcio nel paese.
IIl calcio si affermanon non solo come fenomeno sportivo, ma assume una dimensione culturale di rilievo, suscitando interesse tra scrittori, filosofi e critici letterari dell'epoca. Il calcio diventa quindi oggetto di analisi e riflessione da parte di diverse personalità culturali e intellettuali del tempo.
Recensione
La Storia sociale del calcio in Italia offre un'analisi approfondita e ricca di dati sullo sviluppo e l'evoluzione del calcio in Italia durante il periodo che va dal 1887 al 1945.
Il testo si presenta come un viaggio nel tempo, in cui gli autori esplorano le radici del calcio italiano, partendo dai primi club dei pionieri fino alla sua crescita come nazione sportiva. Con un linguaggio piacevole e coinvolgente, i due accademici salernitani riescono a tratteggiare una panoramica completa, prendendo in considerazione aspetti storici, sociologici, economici e tecnici.
Uno degli aspetti interessanti del libro è il modo in cui Papa e Panico trattano l'evoluzione dei mezzi di comunicazione e la loro influenza sulla popolarità del calcio. Dai primi magazine alle figurine che hanno contribuito a fissare nella memoria le gesta dei nuovi eroi sportivi, fino all'avvento della radio, i lettori vengono guidati attraverso le varie fasi di diffusione del calcio nella cultura italiana.
Inoltre, i capitoli dedicati alla letteratura sportiva e ai romanzi legati al calcio aggiungono un prezioso elemento culturale al libro, dimostrando come lo sport abbia suscitato interesse e riflessioni tra scrittori, critici e filosofi dell'epoca.
La Storia sociale del calcio in Italia si distingue per la sua completezza e ricchezza di dettagli. I dati storici e le analisi approfondite permettono al lettore di comprendere non solo l'evoluzione del calcio come fenomeno sportivo, ma anche il suo impatto sulla società italiana, la sua trasformazione da semplice passatempo a elemento significativo.
Gli autori dimostrano una grande competenza nel campo della ricerca storica e sociale, offrendo una visione equilibrata e accurata degli eventi e dei personaggi che hanno contribuito alla crescita e alla diffusione del calcio nel paese.
Nel saggio storico di Papa e Panico, il calcio si staglia sopra la chiacchiera spesso insulsa e macchiettistica dei talk show sportivi, per assurgere alla dignità di fenomeno culturale nel senso più pieno del termine.
In conclusione, Storia sociale del calcio in Italia è un libro appassionante e informativo che rappresenta un importante contributo alla comprensione del ruolo del calcio nella cultura e nella società italiana. Un'opera imperdibile per gli appassionati di calcio e per chiunque sia interessato alla storia dello sport e alla sua evoluzione nella nazione italiana.