Arresti
respiratori e cardiaci. E infarti, ictus, overdose,
aritmie, traumi, emorragie e pressione bassa. Nonché dolori
addominali, calcoli renali, dolori al petto, fiato corto, stato
confusionale, ferite più o meno profonde, stupri, allucinazioni,
aggressioni. Sono queste le condizioni di maggiore rilevanza che
vengono trattate in un normale pronto soccorso di una città
del mondo occidentale.
Sono situazioni che mettono a dura prova i nervi degli operatori sanitari che vi lavorano, che li stressano al punto che molti di loro abbandonano l'emergenza dopo poco tempo, o si rifugiano nell'alcol o nella depressione. In verità moltissimi in Occidente si rivolgono al pronto soccorso in presenza di disturbi vaghi, in preda all'ansia. Fondamentalmente non hanno niente di grave, ma cercano nei camici bianchi una rassicurazione. Ciò non toglie che tutto questo carico di sofferenza, fisica e psichica, talvolta anche lieve, logori col tempo coloro che hanno l'obbligo di rispondervi.
Può succedere - dice il dottor Maskalyk - che passino intere settimane senza che nel proprio turno si debba intubare o defibrillare qualcuno, ma tutti gli utenti reclamano comunque una risposta, un intervento, una ricetta, 24 ore su 24.
La medicina d'urgenza, branca della medicina quanto mai affascinante, cataloga, tramite il servizio di triage, coloro che accedono all'ospedale, in base alla gravità delle loro condizioni di salute (codice Rosso, Giallo, Verde, Bianco). Hanno la precedenza assoluta i casi più gravi, come è logico. E gli altri, non senza borbottii e lamentele, si mettono in coda, un'attesa che talvolta si protrae per ore.
Chi lavora nei servizi d'emergenza deve sottoporsi a un aggiornamento e a un training pratico continuo, deve fare attenzione ai dettagli e prepararsi al peggio. Tuttavia la possibilità di sbagliare, per quanta attenzione si faccia, esiste sempre, l'errore è costantemente dietro l'angolo, pure nelle organizzazioni più rodate.
Diversa la situazione nei Paesi del Terzo mondo, in Africa per esempio, dove il dottor Maskalyk si reca di frequente per formare gli operatori locali. Qui spesso mancano attrezzature e farmaci essenziali, ma soprattutto una mentalità orientata all'organizzazione, alla precisione, all'attenzione e alla fatica che l'assistenza in emergenza richiede. Anche se - va rimarcato - molte cose stanno cambiando in meglio rapidamente. Per esempio in Etiopia, dove opera prevalentemente il dottor Maskalyk, si sta costruendo una medicina d'urgenza di tutto rispetto.
Membro di Msf (Medicine Sans Frontieres) James Maskalyk, medico d'urgenza di fama mondiale, insegna all'università di Toronto (Canada) e divide il suo tempo tra Toronto e Addis Abeba. Al di là delle esperienze conoscitive e pratiche di assoluto interesse che ci comunica nel libro, il messaggio fondamentale dell'autore è l'esortazione ad aiutare il prossimo come mezzo migliore per aiutare se stessi e dare un significato alla propria esistenza: "Anche se ogni altra cosa gira malissimo, ed esci dal lavoro con due ore di ritardo, vai a dormire contento".