Tra il 1859 e il 1862, nella sua tenuta di Jasnaja Poljana, Lev Tolstoj (1828-1910) aprì una scuola e fondò una rivista che fossero alternative rispetto alle istituzioni scolastiche tradizionali. Il libro qui proposto è frutto di tali esperienze e, pur risalendo a un secolo e mezzo fa, rimane tuttavia una testimonianza e una critica dell’istituzione-scuola ancora assolutamente attuale.
A Jasnaja Poljana l’apprendimento deve essere un processo vivo.
La sperimentazione di sempre nuovi modalità di insegnamento e di apprendimento è continua e si prediligono quegli approcci che rispettano la libertà e l’unicità degli allievi. La noia deve essere bandita il più possibile dalla scuola perché rallenta e distorce l’apprendimento. Il gioco è uno dei mezzi più usati per raggiungere le mete educative prefisse. L'apprendimento è un processo in larga parte misterioso per cui il maestro deve rispettare il funzionamento cognitivo di ogni ragazzo. Anzi, è l’anima stessa dello studente in tutta la sua complessità e vastità ad essere coinvolta nel processo di conoscenza. E spesso tale anima risulta imperscrutabile al maestro, per cui meno egli interferisce meglio è.
“Con l’esperienza mi sono convinto che non c’è niente di più dannoso per lo sviluppo del bambino di questo genere di interrogazioni singole e del rapporto di superiorità tra l’insegnante e l’allievo che ne scaturisce, e inoltre secondo me non esiste niente di più ributatnte di un simile spettacolo. Un adulto tortura un piccino, senza averne alcun rispetto.”
Implicitamente Tolstoj critica anche il cosiddetti metodi di studio:
“Là dove esistono gli esami (per esame intendo qualsiasi esigenza di risposta a una domanda), è stata introdotta in realtà solo una nuova ed inutile materia, che esige un particolare lavoro, determinate capacità, e questa materia si chiama 'preparazione agli esami o alle interrogazioni'. Il ginnasiale studia la storia, la matematica, e, ancor più importante, ‘l’arte di rispondere agli esami”. Io considero quest’arte un’inutile materia di insegnamento”.
Per il massimo romanziere russo la scuola non può essere confinata, monoliticamente, ad un edifico scolastico, col suo corredo di lavagne, cattedre, banchi, registri e professori, ma l’educazione è un concetto più ampio che potrà in un prossimo futuro coinvolgere le conferenze publiche, “la galleria, il teatro, la biblioteca, il museo, la conversazione ". E piuttosto che falsi educatori, l’autore di Guerra e pace preferirebbe una macchina, prospettandoci profeticamente uno scenario molto attuale.
Quando imposta dell'insegnante, l’analisi sintattica e grammaticale appare come una ”scomposizione” e una “deformazione meccanica” della “parola viva”. Secondo il grande narratore russo, non si devono inchiodare le parole e i discorsi al “tavolo di laboratorio”.
La grammatica pare a Tolstoj “come un esercizio mentale privo di utilità”.
Si può evitare di memorizzare la nomenclatura corretta della grammatica e scrivere con esattezza.
Tolstoj si interroga sull’opportunità di insegnare la storia e la geografia nel modo tradizionale. E giunge alla conclusione che no, storia e geografia sono da studiare all’università, perché un bambino non può afferrarne l’utilità per la propria vita in così tenera età. Al limite si potrebbe invertire il sistema tradizionale di insegnamento, cominciando dalla fine: dalle vicende contemporanee in storia e dal proprio villaggio in geografia.
Grandissimo giovamento, per le intrinseche caratteristiche poetiche, traggono invece i bambini dalla lettura delle storie contenute nella Bibbia, Antico e Nuovo Testamento.
Interessato al benessere e all’emancipazione del popolo, Tolstoj dimostra molto rispetto per gli acerbi frequentatori della sua scuola e di ciascuno individua carattere e talenti, manifestando sempre grande attenzione, benevolenza e comprensione.
Insofferente verso qualsiasi metodo precostituito e ogni regola dogmatica, Tolstoj sottolinea come l’insegnante debba stimolare l’autonomia dello studente, per renderlo un individuo capace di creare e non solo di imitare.
Tolstoj si rivela un critico radicale dell' istituzione scolastica, anticipando molta pedagogia del Novecento. Le sue considerazioni appaiono quelle di un descolarizzatore ante litteram. La sua visione del sistema educativo e formativo sarebbe all’avanguardia anche oggi, in opposizione alla angusta e antiquata mentalità che media mainstream e opinione pubblica manifestano in materia scolastica.
Chiara ed esplicativa la prefazione di Marco Corsetti, che inquadra storicamente e concettualmente il testo, restituendone una sintesi perfetta.