copertina libroEro un po’ titubante nell'accostarmi a questo libro. Pensavo alla solita storia di malesseri psicologici, risolti alla fine dall’intervento taumaturgico dell' esperto di turno, preferibilmente uno psicoterapeuta freudiano o lacaniano. Un plot a cui non si sono sottratti nel tempo scrittori pure non privi di talento come Giuseppe Berto con Il male oscuro, Ferdinando Camon con La malattia chiamata uomo, Marie Cardinal con Le parole per dirlo e, più di recente, Michela Marzano con Volevo essere una farfalla. Rinunciando in tal modo ad un’interpretazione originale, personale della propria vicenda.

Intendiamoci, lo psicoanalista (una donna per l'esattezza) ad un certo punto fa capolino tra le pagine del libro, ed è anche giusto forse che ci sia - un aiuto esterno è talvolta necessario per tornare “a riveder le stelle” - ma occupa poche pagine ed alla fine ci si scorda quasi della sua presenza.

Ansia, paura, depressione, attacchi di panico, fobie, ossessioni, idee suicidarie, follia costituiscono la materia del libro, il cui genere si può definire racconto-confessione, autofiction, autoanalisi, romanzo terapeutico, racconto autobiografico o semplicemente narrativa, letteratura, vita.
Secondo la mia opinione il libro più bello di Simona Vinci, almeno tra quelli che ho letto, dove il disagio psichico è descritto non come qualcosa di estraneo alle nostre esistenze, un semplice incidente di percorso, un’accidentale sequenza di eventi biochimici avversi, di neurotrasmettitori sregolati, ma come una parte autentica di noi stessi, qualcosa che si fonde inscindibilmente con la  nostra esperienza e con la nostra stessa carne. Una forma di sensibilità acuita, un messaggio che il nostro corpo e la nostra mente ci inviano, affinché ci mettiamo in marcia verso una più completa realizzazione personale.

Al di là delle articolate certezze della psichiatria accademica, la cosiddetta “malattia mentale” rappresenta una realtà diffusa quanto ancora largamente misteriosa ed è un pregio del libro della scrittrice bolognese di non assoggettarsi alle sicurezze degli esperti, ma di mantenere un atteggiamento critico, un dubbio cartesiano, nei confronti della corporazione dei medici, assolutamente rispettabile e spesso benefica, ma che non è estranea alle tentazioni del business anche nel campo della cosiddetta “igiene mentale”.

La Vinci non ci parla soltanto delle sue paure e delle sue idiosincrasie, ma di bellezza e chirurgia estetica, di maternità, di case, di gatti, di giardini, di relazioni personali e amorose, di lutti, di rivolte giovanili e di desiderio di libertà.

Un libro doloroso, in cui entra prepotentemente la vita, una prova narrativa che testimonia una soggettività contemporanea sviluppata, la cui lettura è assolutamente da consigliare.

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I libri di Simona Vinci