Mi piacciono le storie delle varie letterature del mondo, mi piace quando la critica letteraria assurge ad alta letteratura, per eleganza di stile, per profondità di indagine, per espressione creativa. Quando il critico, parafrasando Wilde, diventa egli stesso artista.
Per tali motivi ho molto apprezzato Il grande romanzo americano dell’anglista e americanista Agostino Lombardo (Messina 1927 - Roma 2005), allievo di Mario Praz e docente di letteratura anglo-americana e inglese in varie università: Bari, Milano e Roma.
Così lo ricordano, nella prefazione, Sara Antonelli e Luca Briasco:
“L’ingresso in aula di Agostino Lombardo era lento e silenzioso. [...] Iniziava sempre leggendo. Sempre in medias res. Le frasi erano chiare, nette, dirette. Il suo italiano, sempre incantevole, sempre disteso e sereno, era quello di un grande scrittore. Ogni lezione era la performance di un testo su cui Lombardo aveva lavorato a lungo. [...] Aveva il dono della misura, della sintesi, della limpidezza. [...] Parlava come scriveva e scriveva come parlava. Aveva pieno possesso della lingua dell’accademia ma non era un critico che esisteva solo sulla pagina”.
I saggi raccolti in questo volume illustrano le opere e la poetica dei principali romanzieri americani, da Poe a Hawthorne, da Melville a Mark Twain, da James (Il suo romanziere prediletto) a Edith Wharton, da Hemingway a Faulkner, per finire con Steinbeck, Salinger e Saul Bellow.
Mi preme segnalare con questa brevissima recensione una lettura godibilissima e accessibile anche al lettore comune.