copertina libro
“[...] avete la casa in cui si è reificata la mia infanzia, l’adolescenza, il sesso mancato e dunque il sesso più vero, la lettura e la scrittura, la misantropia e la nevrosi, l’arresto del tempo, il ripiegamento: la solitudine. Ed i fantasmi”.

Sembra il Gadda della Cognizione del dolore, e invece è Michele Mari, classe 1955, scrittore, narratore e professore universitario. Che ha scritto un gran bel libro su un'infanzia, la propria. Un’infanzia almeno in parte dolorosa (ma uomo che non conosce dolore rimane bambino!), sovrastata da un padre creativo, un genio del Design potentemente innovatore, ma iroso, un duro self made man, con metodi educativi sbrigativi e tradizionali per l'epoca, che pretende che il figlio cresca a sua immagine e somiglianza.
E una madre artista, sensibile, fragile, aristocratica, romantica, incline all'alcol e alla tristezza, amica di Dino Buzzati, imparentata con Eugenio Montale.
Intorno il comune mondo fatto di persone normali, talora limitate, portatrici di una loro sorda sofferenza e già abbrutite dalle vicissitudini dell'esistenza. Non ultimi i compagni di scuola che ti bullizzano perché ti avvertono diverso da loro. E le infatuazioni infantili per ragazze di “celestiale volgarità”, che lasciano impressioni così forti da costituire un imprinting.

Non resta che rifugiarsi nei libri:

"[...] ragazzino, incominciai a trasferire particole di anima nei libri che leggevo, fino a dislocarvela compiutamente: in questo modo potevo circolare nel mondo come un insensibile golem senza patir troppi danni, e quando mi prendeva vaghezza di recuperare un po’ della mia anima andavo a cercarmela là dove l’avevo nascosta, nei libri”.

Fedele alla propria teoria che l'infanzia sia la stagione delle esperienze formative più importanti e forti per ciascun individuo, quella in cui si fa esperienza viva del mondo - teoria peraltro condivisa dalla quasi totalità degli psicologi - Mari, senza indulgere al più vieto freudismo, ha il coraggio di mettere a nudo la sua d'infanzia, non tacendo al lettore neppure i particolari più scabrosi.
Il linguaggio è sempre molto sorvegliato, le parole per esprimere sensazioni, percezioni, emozioni, sentimenti e idee sono scelte con estrema cura, eleganza e una certa ricercatezza.

Un libro ricco di riferimenti all'alta cultura, ma anche alla cultura pop (canzoni, film, fumetti, pubblicità, programmi televisivi), una lettura terapeutica che ci sostiene nell'indagine e nella comprensione della nostra stagione formativa. Un’autoanalisi - quella compiuta dall'autore - che, come tutta la grande letteratura, si fa universale e ci aiuta a capire chi siamo e da dove veniamo.

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