
Di professione scienziato (ricercatore nel campo della fisica a Cambridge), ma di vocazione scrittore, Charles P. Snow ha modo di frequentare entrambe le categorie. Si accorge che, pur a parità di intelligenza e reddito, scienziati e scrittori rappresentano ormai due vere e proprie culture separate, quella scientifica e quella letteraria, che non comunicano più tra di loro.
Un'incomprensione abissale che talvolta sfocia in aperta ostilità e disprezzo. Gli umanisti considerano gli scienziati presuntuosi e vanesi. Gli scienziati pensano che gli umanisti siano in fondo indifferenti alle sorti degli uomini loro fratelli.
Gli scienziati concorrono a una cultura che condivide comportamenti, metodi e schemi di riferimento.
Essi riescono quasi sempre a comunicare efficacemente tra loro. Sono molto orientati al futuro. Tra i
letterati lo spettro di atteggiamenti è più eterogeneo.
Moltissimi letterati manifestano una profonda incomprensione nei confronti della scienza. Ciò conferisce un carattere a-scientifico, quando non apertamente antiscientifico, alla cultura tradizionale, una cultura che governa di fatto il mondo occidentale.
La divisione tra le due culture comporta un danno per tutti noi e la nostra società.
Gli scienziati raramente coltivano una formazione umanistica. Di rado occupano il loro tempo libero
leggendo e meditando i classici della letteratura e della filosofia.
Hanno una loro solida preparazione, fatta di concetti rigorosi che però è estranea ai valori espressi nei testi
canonici della cultura umanistica. Pur se intelligentissimi, di rado gli
scienziati si interessano di arte o leggono romanzi, storia, poesia, teatro. Ciò non toglie che a livello sociale siano molto ben inseriti e che abbiano una
propria solida morale, che traggono dal metodo scientifico stesso. La scarsa
frequentazione letteraria si traduce purtroppo in una limitazione della loro intelligenza
immaginativa.
Dall'altra parte i letterati mostrano di ignorare completamente la scienza e i suoi raggiungimenti. Non solo non si curano della conoscenza scientifica, ma ne menano pure vanto. Anzi considerano gli scienziati degli specialisti ignoranti. Nonostante essi - gli scienziati - si inseriscano meglio nella società, siano richiestissimi dal mondo del lavoro e retribuiti in media molto meglio dei laureati in lettere o filosofia.
Mentre, dunque, la scienza progredisce continuamente, gli intellettuali non ne capiscono niente. Essi non accettano, per lo più, il progresso tecnico-scientifico, rifiutano la rivoluzione industriale, si atteggiano a luddisti, proprio quando la scienza e la tecnica producono ricchezza e migliorano la qualità della vita di tutti.
L'industrializzazione, frutto della conoscenza scientifica, è l'unica riconosciuta speranza per i poveri del mondo, ha generato e genera salute, cibo e istruzione. La rivoluzione industriale, misconosciuta per molto tempo dagli accademici, ha trasformato, grazie all'impiego progressivo di macchine, milioni di lavoratori agricoli in occupati nella produzione industriale. Le industrie chimiche e meccaniche e, più tardi quelle legate all'elettronica, all'energia atomica e all'automazione, sono il frutto di una vera e propria rivoluzione scientifica che ha determinato fondamentali trasformazioni della società occidentale.
La rivoluzione scientifica più recente rappresenta la base materiale della nostra vita. Ma la maggior parte delle persone colte ignora i più semplici concetti su cui si fonda. Scienze pure e scienza applicata sono ignote alla cultura occidentale tradizionale. Persino all'interno della comunità scientifica, esiste una spaccatura, fonte di incomprensioni, tra scienziati puri e scienziati e tecnici che si dedicano alla scienza applicata, in primis gli ingegneri. Un grande scienziato come Rutherford, per esempio, nutriva scarse simpatie per la tecnica.
Eppure la diffusione della conoscenza tecnico-scientifica è l'unico
strumento che può contribuire a colmare lo iato fra Paesi ricchi e popolazioni povere. Grazie alla scienza, nei Paesi ricchi la gente vive di più, mangia meglio e lavora di meno. Per progredire i Paesi poveri hanno perciò bisogno di scienziati, ingegneri e tecnici più che di
letterati.
Inoltre necessitano di capitali e macchine. In questo modo si potranno scongiurare in futuro povertà, guerre e sovrappopolazione.
Nonostante gli uomini di scienza siano, proprio in virtù della loro formazione, privi di pregiudizi razziali, sarebbe tuttavia auspicabile che i nuovi ingegneri coltivassero anche la tradizione umanistica, per evitare poi, nella loro attività, eventuali atteggiamenti paternalistici .
"Colmare la frattura che separa le nostre culture- scrive Snow - è una necessità sia nel senso intellettuale più astratto, sia nel senso più pratico". Un sistema educativo (scuole primarie e secondarie,
college e università) equilibrato e di qualità è importante per
le sorti del mondo intero. Nessuno può più aspirare a una
cultura completa e universale come quella dell'uomo del
Rinascimento, ma uno dei pericoli odierni, che ostacolano l'integrazione culturale, è proprio l'eccessiva
specializzazione.
La riconciliazione tra le due culture permetterebbe alla società di procedere con maggiore assennatezza. Mentre, invece, la separazione delle culture storpia la nostra vita creativa, intellettuale e morale.
A distanza di anni, l'ottimismo di Snow circa "le magnifiche sorti
e progressive" generate dalla diffusione della cultura scientifica appare, almeno in parte,
infondato. Come fa notare Giuseppe O. Longo, in un commento posto in coda al volume, alcuni Paesi in via si sviluppo e
alcune civiltà "altre" continuano a dimostrarsi refrattari al verbo della razionalità e della scienza. Longo fa
notare come "Le sue speranze (di Snow, n.d.r.) sembrano sconfitte dalla
'complessità' del mondo reale rispetto alla semplicità del suo volonteroso modello ideologico".
E anche il sistema educativo, la scuola insomma, non appare più quel monolite inattaccabile di civiltà
vagheggiato da Snow, ma un'istituzione conservatrice, messa
alle corde dalle potenti sollecitazioni del mondo esterno, quali le innovazioni tecnologiche stesse e il mondo della produzione.
In conclusione, le tesi di Snow appaiono oggi abbastanza
semplicistiche e la cultura scientifica sembra ben lungi dall'incarnare quell'aspetto salvifico da lui prospettato.