
Non è andata così. A molti è venuto il sospetto che troppi provvedimenti presi negli ultimi anni non rispondano alle esigenze dei cittadini, bensì giovino principalmente alle elite dominanti, alle oligarchie che detengono il potere. La globalizzazione, anziché rivelarsi quel volano di sviluppo del benessere per tutti, sembra aver inferto un duro colpo a quella classe media che ha costituito e costituisce l'asse portante di una democrazia liberale matura.
Constatando che i provvedimenti presi dal potere burocratico ed economico portavano a un deterioramento progressivo della propria qualità della vita, i cittadini si sono sentiti traditi e hanno cominciato a diffidare delle elite e degli esperti. I ceti popolari, gli abitanti delle periferie, i lavoratori hanno abbandonato i partiti di sinistra che un tempo li rappresentavano, avvertendo che questi ultimi condividevano politiche che favorivano i ricchi e contribuivano ad aumentare le disuguaglianze.
Invece di rappresentare con forza gli interessi della classe operaia e dei nuovi lavoratori sempre più sfruttati e precari (fattorini di Amazon, commesse degli ipermercati, vigilantes e addetti alla sicurezza, infermiere negli ospedali, ecc.) le sinistre negli ultimi anni si sono schierate a fianco delle minoranze e, soprattutto, di quelli che loro considerano gli "ultimi": gli immigrati. Un'immigrazione incontrollata, disordinata, negatrice del concetto di "confine", favorita da politiche velleitarie che pontificano di integrazione senza riuscire minimamente a realizzarla nella pratica, ha portato all'esasperazione i nativi, che si sentono abbandonati nell'affrontare i duri problemi della vita quotidiana: il lavoro che non c'è, la difficoltà di arrivare a fine mese, i problemi nell'assistere i sempre più numerosi anziani non autosufficienti o mandare i figli all'università, la scarsità di alloggi e non ultimo il degrado in cui si è abbandonata una parte del territorio, l'instaurasi di zone franche off limit anche per le forze dell'ordine, terreno fertile ovunque per lo sviluppo della criminalità
Tali motivi hanno spinto molti cittadini esasperati, non soltanto in Italia, a votare per i partiti di destra, populisti e demagogici fin che si vuole, ma in maggiore sintonia con i desiderata dell'opinione pubblica.
Mentre negli anni Settanta li partiti comunisti e socialisti analizzavano il voto facendo autocritica, la sinistra odierna sembra incapace di comprendere le esigenze formulate dalle persone comuni. Le sinistre di oggi - leader e sostenitori - ostentano invece disprezzo e superiorità morale nei confronti di coloro che non li votano più, accusandoli con superficialità di fascismo e di razzismo e rendendo di fatto impossibile quel dialogo politico costruttivo, senza il quale non si può svolgere una normale vita democratica. Scrive Rampini:
"Quando elenco i tanti errori compiuti - dall'immigrazione alla vecchia retorica europeista ed esterofila, dal globalismo ingenuo alla collusione con le elite del denaro e della tecnologia - , è perché sono convinto che da lì bisogna ripartire, ed è ancora possibile correggere quegli sbagli.
[...] Quanta presunzione, quanta arroganza nell'autodefinirsi minoranza eletta, moralmente superiore, l'unica a detenere valori degni di questo nome. È una sinistra pigra e autoreferenziale, che non ha nessuna aspirazione a tornare maggioranza, quella che passa il suo tempo a lanciare scomuniche, a levare alte grida d'allarme contro la deriva autoritaria".
Questo e molto altro, relativo agli equilibri geopolitici internazionali, ci racconta in questo suo godibile saggio Federico Rampini, giornalista ex comunista, che scrive da sempre sulla stampa di sinistra e che vanta una vasta esperienza sia in campo economico che nel campo culturale delle idee. Uno che ha girato il mondo in lungo e in largo cercando, in anticipo sugli altri, di individuarne i cambiamenti più significativi.
Un autodafé necessario. Un contributo originale ed equilibrato al dibattito politico odierno.