Orhan Pamuk, Istanbul. I ricordi e la cittā, Einaudi, 2008
(titolo originale: Istanbul. Hatralar ve Sehir, 2003)
L e t t e r a t u r a |
![]() Pamuk riesce ad intrecciare le vie e le atmosfere di Istanbul con la propria voce interna, con le proprie riflessioni, sensazioni, percezioni, sentimenti e intuizioni, specchio di un'anima complessa e sensibile, a disagio nell'affrontare l'opaca prosa della realtā che lo circonda. Rampollo di una numerosa famiglia allargata, che gode di una certa agiatezza economica, - genitori, fratello, nonna, zii, domestici e cuochi che abitano in un grande edificio, Palazzo Pamuk- , alieno dai viaggi, lo scrittore frequenta gli stessi luoghi, le stesse vie, le stesse piazze, gli stessi quartieri per cinquant'anni. La mamma e il papā gli vogliono bene, ma tra loro non vanno molto d'accordo. Le liti familiari sono all'ordine del giorno. Il papā č pių aperto, un temperamento artistico e farfallone dedito alle avventure amorose e a imprese economiche destinate al fallimento. La mamma soffre per i continui tradimenti del marito. Pamuk bambino, complice la fantasia e una vivace vita interiore, riesce tuttavia ad estraniarsi dai conflitti di una famiglia che oggi gli psicologi definirebbero sbrigativamente "disfunzionale", per dare spazio al sogno, all'immaginazione e alla trasfigurazione della realtā. Persino un certo grado di infelicitā e di malinconia viene creativamente trasformato in una gioia e in una felicitā, ampiamente percepibili nelle pagine del libro e che derivano in gran parte dall'amore per la vita e per la propria terra. Divenuto adolescente, lettore di Mann, Freud, Tolstoj, Woolf, Sartre e Faulkner, aspirante pittore, Orhan diventa pių consapevole della propria unicitā e della propria diversitā. Vivere in modo impersonale, come fanno tutti, gli appare adesso inaccettabile. In contrasto coi genitori, in particolar modo con la madre, abbandona l'universitā, la facoltā di Architettura, e prende una decisione: vuole diventare uno scrittore. Nel frattempo, in piena crisi esistenziale, soltanto le vie di Istanbul lo calmano e sanno riflettergli la tristezza che si porta dentro. Cosmopolita e provinciale, affascinante e laida, malinconica ed esotica, pittoresca e mercantile, sensuale e religiosa, misto di vecchio e di nuovo, l'Istanbul, che Pamuk ci descrive, rendendone con efficacia "i colori, gli odori e le voci", č una cittā complicata, caotica, affascinante e misteriosa, sospesa tra Oriente e Occidente. Un tempo capitale dell'impero ottomano, la cittā nel Novecento vive "un sentimento di perdita e sconfitta". "Cercando di raccontare me stesso racconto Istanbul e raccontando Istanbul racconto me stesso", scrive Pamuk a pagina 290 del libro. Ecco, queste parole contengono la sintesi del libro, un libro altamente poetico, impreziosito da suggestive immagini in bianco e nero. ordina
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Pagina aggiornata il 16.10.10 |