Orhan Pamuk, Istanbul. I ricordi e la cittā, Einaudi, 2008
(titolo originale: Istanbul. Hatralar ve Sehir, 2003)

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copertina libroRomanzo familiare, autobiografia, storia letteraria, guida turistica, romanzo di formazione: Istanbul dello scrittore turco Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura nel 2006, č tante cose. Sicuramente č un bellissimo libro, magari da leggere a tappe, adatto, a mio avviso, a una degustazione lenta. Un libro, nei cui meandri č facile per il lettore perdersi, ma anche piacevole identificarsi.

Pamuk riesce ad intrecciare le vie e le atmosfere di Istanbul con la propria voce interna, con le proprie riflessioni, sensazioni, percezioni, sentimenti e intuizioni, specchio di un'anima complessa e sensibile, a disagio nell'affrontare l'opaca prosa della realtā che lo circonda.

Rampollo di una numerosa famiglia allargata, che gode di una certa agiatezza economica, - genitori, fratello, nonna, zii, domestici e cuochi che abitano in un grande edificio, Palazzo Pamuk- , alieno dai viaggi, lo scrittore frequenta gli stessi luoghi, le stesse vie, le stesse piazze, gli stessi quartieri per cinquant'anni. La mamma e il papā gli vogliono bene, ma tra loro non vanno molto d'accordo. Le liti familiari sono all'ordine del giorno. Il papā č pių aperto, un temperamento artistico e farfallone dedito alle avventure amorose e a imprese economiche destinate al fallimento. La mamma soffre per i continui tradimenti del marito.

Pamuk bambino, complice la fantasia e una vivace vita interiore, riesce tuttavia ad estraniarsi dai conflitti di una famiglia che oggi gli psicologi definirebbero sbrigativamente "disfunzionale", per dare spazio al sogno, all'immaginazione e alla trasfigurazione della realtā. Persino un certo grado di infelicitā e di malinconia viene creativamente trasformato in una gioia e in una felicitā, ampiamente percepibili nelle pagine del libro e che derivano in gran parte dall'amore per la vita e per la propria terra.

Divenuto adolescente, lettore di Mann, Freud, Tolstoj, Woolf, Sartre e Faulkner, aspirante pittore, Orhan diventa pių consapevole della propria unicitā e della propria diversitā. Vivere in modo impersonale, come fanno tutti, gli appare adesso inaccettabile. In contrasto coi genitori, in particolar modo con la madre, abbandona l'universitā, la facoltā di Architettura, e prende una decisione: vuole diventare uno scrittore. Nel frattempo, in piena crisi esistenziale, soltanto le vie di Istanbul lo calmano e sanno riflettergli la tristezza che si porta dentro.

Cosmopolita e provinciale, affascinante e laida, malinconica ed esotica, pittoresca e mercantile, sensuale e religiosa, misto di vecchio e di nuovo, l'Istanbul, che Pamuk ci descrive, rendendone con efficacia "i colori, gli odori e le voci", č una cittā complicata, caotica, affascinante e misteriosa, sospesa tra Oriente e Occidente. Un tempo capitale dell'impero ottomano, la cittā nel Novecento vive "un sentimento di perdita e sconfitta".

"Cercando di raccontare me stesso racconto Istanbul e raccontando Istanbul racconto me stesso", scrive Pamuk a pagina 290 del libro. Ecco, queste parole contengono la sintesi del libro, un libro altamente poetico, impreziosito da suggestive immagini in bianco e nero.

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Pagina aggiornata il 16.10.10
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