Pierre Lévy, L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, 1996
S o c i e t à |
Certo, il cyberspazio può essere utilizzato dalle masse di consumatori come potenziamento dell'industria dello spettacolo, dell'intrattenimento e del divertimento, in modo del tutto passivo e tradizionale. Ma il vero potenziale delle rivoluzione informatica, in cui siamo immersi, sta nel rafforzamento del fattore "umano", nella possibilità di un'ulteriore civilizzazione dell'uomo. Mentre la rivoluzione del neolitico era organizzata intorno alla agricoltura, alla città, allo stato e alla scrittura e quella industriale, nata insieme alla scienza sperimentale, ruotava attorno alla produzione di merci e alla divisione del lavoro, al flusso di energie, materie prime, capitali, mano d'opera, oggi il benessere delle nazioni dipende sempre di più dallo sviluppo della ricerca, dall'apprendimento, dall'innovazione, dalla cooperazione tra i popoli, dal rafforzamento del legame umano. E i dispositivi informatici, digitali, le nuove tecniche di comunicazione e informazione, possono contribuire fortemente a questo fine. Possono permettere la formazione di un'intelligenza collettiva. "Un'intelligenza"- sottolinea il professor Pierre Lévy, che ne ha coniato il termine - "distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta a una mobilitazione effettiva delle competenze". Intelligenza collettiva significa pensiero transpersonale, continuo, anonimo, vivo e metamorfico. Intelligenza collettiva vuol dire pensare veramente insieme, in modo cooperativo, mettendo in comune le proprie risorse cognitive, interagendo in varie comunità. Significa crescere, differenziarsi, autorealizzarsi. Nella società prefigurata da Lévy i cervelli, le abilità, i saperi, le competenze saranno collegati costantemente fra loro in un processo trasformativo trasversale multidisciplinare, in perenne divenire, dove non ci saranno gerarchie, dipendenze, sottomissione ad autorità o caste predefinite. Nella vita economica ci sarà un passaggio ad
una maggiore autonomia dei lavoratori e alla
creazione di
strutture orizzontali, caratterizzate dal lavoro
di squadra. In politica, la rivoluzione informatica potrà portare alla formazione di un'agorà virtuale, a vere forme di democrazia diretta, che non consistono tanto nel votare delibere, elaborate da altri, seduti accanto a un computer, ma in una maggiore partecipazione delle persone ai problemi della città, nella valorizzazione dello specifico apporto di ciascun cittadino alla definizione e alla risoluzione dei problemi collegati alla vita pubblica. La società dei collettivi intelligenti si coagulerà inoltre attorno a un'etica dell'ospitalità e a un'estetica dell'invenzione. Nel progetto di matrice illuminista stilato da Lévy, visionario, utopico, dai contorni forzosamente imprecisi e nebulosi, che risale ormai alla fine del secolo scorso, non si sa quanto si riuscirà a realizzare concretamente. Tuttavia il suo discorso appare in taluni passaggi addirittura profetico, avendo individuato in anticipo dei cambiamenti che sono già in atto. Per esempio la crisi della politica e del capitale di questi ultimi anni richiamano davvero a un cambiamento dell'economia e della politica nella direzione prospettata dal professore francese. E, mentre in economia abbiamo sempre più bisogno di soggetti motivati, innovatori, creativi, in grado di rivitalizzare la stanche organizzazioni burocratizzate dell'Occidente, in politica i partiti tradizionali mostrano sempre più la corda, appaiono obsoleti ed incapaci di affrontare con tempestività ed efficacia i nuovi problemi, preoccupati tutt'al più da calcoli elettorali di breve periodo, mentre all'orizzonte si prospettano davvero nuove aggregazioni, "più adatte alla complessità dei problemi contemporanei rispetto alle forme rappresentative classiche".
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Pagina aggiornata il 10.07.12 |