Abbiamo ragione di credere che un medico (o qualsiasi persona dedita a una professione di cura) tragga beneficio dal coltivare una passione letteraria. È probabile e sperabile che saprà occuparsi di coloro che gli si affidano con maggiore empatia e umanità.
Considerazione che va elevata al quadrato qualora il medico (o altro professionista sanitario) sia, oltre che lettore, anche uno scrittore.
Il connubio tra medicina e letteratura è abbastanza stretto. Scrivere e curare sono atti che hanno molti punti di contatto. Le storie cliniche dei pazienti, che altro non sono che narrazioni, sono importanti per il medico al fine di occuparsi non soltanto della malattia, bensì dell'intera persona ammalata nella sua unità biopsicosociale, al fine di predisporre una terapia adeguata. Non a caso in questi anni ha visto la propria affermazione un approccio alla medicina che fa leva proprio sul racconto che il malato fa della propria condizione: la Medicina Narrativa.
La Medicina, almeno quella che si dispone all’ascolto profondo della persona sofferente, si sviluppa all’intersezione con le discipline umanistiche: filosofia, letteratura, psicologia. Medici e scrittori hanno infatti in comune una radice umanistica. Medicina e Letteratura condividono l’attenzione verso gli aspetti della vulnerabilità e della fragilità umane. Gli scrittori, come i medici, si occupano di quella malattia mortale che è la vita stessa. Non a caso Filippo La Porta (Roma, 1952), l’autore di questo prezioso libretto, mette in esergo alle proprie pagine una citazione significativa, tratta da La coscienza di Zeno di Italo Svevo:
“A differenza delle altre malattie la vita è sempre mortale. Non sopporta cure.”
Sfogliando le storie letterarie ci imbattiamo in tantissimi medici-scrittori. Limitandoci a considerare soltanto l’epoca moderna ricordiamo Giovanni Morelli (1816-1891), Axel Munthe (1857-1949), Conan Doyle (1859-1930), William Carlos Williams (1883-1963), Gottfried Benn (1886-1956, Michail A. Bulgakov (1891-1940), A.J. Cronin (1896-1981), Mario Tobino (1910-1991), Bruno Tacconi (1913-1986) Giuseppe Bonaviri 1924-2009), Claudio Clini (1949), Andrea Vitali (1956). E l’elenco potrebbe estendersi ancora a dismisura.
Il critico e scrittore romano Filippo La Porta - scrivendo questo saggio secondo me assolutamente necessario - appunta la propria attenzione su tre casi emblematici di medici-scrittori: Anton Pavlovic Čechov (1860-1904), Louis-Ferdinand Céline (1894-1961) e Carlo Levi (1902-1975). In loro medicina e letteratura si mescolano in una sintesi mirabile.
Čechov da giovane si guadagna da vivere scrivendo racconti umoristici, ma opera la scelta razionale di studiare medicina. Dirà che la medicina è sua moglie, mentre la letteratura è la sua amante. Alcuni suoi racconti più memorabili, coincidenti con la sua maturità letteraria, vertono sulla medicina, come ad esempio La corsia n. 6, che vede come protagonista il dottor Efimyc, destinato a una fine tragica. Ma sono oltre un centinaio i racconti dello scrittore russo che coinvolgono un medico come personaggio. I più significativi sono: Contarietà, La principessa e Avventura professionale. Per non parlare delle sue piu famose opere teatrali.
La cultura scientifica, al tempo condizionata dal positivismo, porta Čechov a valorizzare la razionalità e a nutrire una moderata e talvolta contraddittoria fiducia nel progresso. Ad esempio Čechov era favorevolmente impressionato dalle applicazioni pratiche sortite dall'elettricità e dal vapore. La narrativa di Čechov è polifonica. Di umili origini, Čechov prova compassione per tutti i sofferenti. La sua visione della vita è disincantata e amara. L'esercizio della medicina, cui Čechov attendeva con amore (e che dovette interrompere a causa di una grave forma di tubercolosi di cui mori a soli quarantaquattro anni), gli conferiva una comprensione più completa della vita. Le sue diagnosi circa il male di vivere sono sempre precise, ma animate da umana simpatia.
Lo stile di Čechov è sobrio, essenziale e concreto, cosi come deve essere il lavoro di un buon medico. Čechov racconta il quotidiano, l'ordinario. Nel Novecento gli si possono assomigliare, per stile e temi, Hemingway, Carver e John Cheever. In definitiva Čechov coglie e rappresenta l'elemento tragico che accompagna la nostra quotidianità.
Il francese Céline è un iconoclasta che odia borghesi e intellettuali. Proietta sugli ebrei tutto ciò che disprezza. È uno scrittore anarchico, esagerato, aspro, contraddittorio, che suscita nel lettore amore e rabbia. Come medico, cura per anni gratuitamente schiere di diseredati. La Porta lo definisce "il medico delle banlieue". Il suo stile di scrittura e' improntato a una prosa tagliente. Usa "una lingua pulsante, sfrontata, febbrile". Talvolta le sue prediche appaiono deliranti. Il suo odio per il genere umano, la sua misantropia sembrano nascere da bisogno d'amore insoddisfatto. Il mestiere di medico lo porta a individuare le patologie esistenziali dell'uomo e le tare della società, a certificare l'entropia che accompagna la vita di ciascuno di noi. E a solidarizzare con le miserie dei derelitti. Nelle sue opere più famose, largamente autobiografiche, Morte a credito e Viaggio al termine della notte, fa riferimento all’attività di medico.
Medico, scrittore, poeta, pittore, militante politico, Carlo Levi si dedica veramente a curare le persone soltanto quando viene mandato al confino dal regime fascista. Scriverà di questa sua fondamentale esperienza nell'intramontabile opera narrativa Cristo si è fermato a Eboli. La formazione scientifica e la vocazione ad aiutare gli altri portano l'intellettuale torinese a cogliere con obiettività la realtà che lo circonda.
Cantore della civiltà contadina, che contrappone all’ideologia dell’homo oeconomicus tipica della civiltà borghese, Levi si batte per l’autonomia, la libertà individuale, la responsabilità, la partecipazione politica dal basso. Egli critica il progresso costruito all’insegna del consumismo e della sopraffazione. Una critica del progresso che convive con l’ammirazione, quasi positivistica, per gli scienziati e per il metodo sperimentale, il quale unisce l'osservazione alla riflessione. Nel 1958 Levi scrive Ritratto di un illuminista, un saggio entusiasta su Lazzaro Spallanzani (1729-1799), fisiologo, geologo, zoologo, botanico e microbiologo ante litteram.
Cristo si è fermato a Eboli - sottolinea La Porta è “un romanzo almeno atipico”, “sperimentale”, estraneo agli stilemi del neorealismo che dominava la scena culturale del dopoguerra.“Levi attraversa molti generi letterari con felice nomadismo e con una scrittura spesso spiazzante, insieme documentaristica e lirica, referenziale e intensamente metaforica.”
Cura del corpo e cura dell'anima. Medici e scrittori sono i nostri compagni di viaggio che ci aiutano ad affrontare quel fenomeno complesso e pieno di ambiguità che è la vita.