Credo di essere un perfezionista. Nel senso deteriore del termine. Mi propongo troppe volte obiettivi grandiosi che richiedono un investimento di energie e di talenti che non possiedo. Mi risulta difficile confrontarmi con la realtà (ma chi ci riesce completamente?) e pormi mete realistiche. Sono quasi sempre insoddisfatto dei risultati che raggiungo.
Ma esattamente, che cos’è il perfezionismo? Non si tratta certo del legittimo amore per il lavoro ben fatto. Fare un lavoro, anche semplice, fosse pure battere un chiodo, va fatto, a mio avviso, con cura, attenzione e perizia. Almeno quella dovrebbe essere sempre l’intenzione. Secondo il vocabolario, perfezione equivale a "qualità, stato di ciò che è perfetto, non suscettibile di miglioramento". Perfetto è “ciò che possiede ogni qualità, che è senza difetto". Sempre secondo il vocabolario il perfezionismo rappresenta "un'eccessiva ricerca della perfezione in ogni cosa".
Il perfezionista si prefigge di raggiungere standard di qualità talmente elevati da non poter essere conseguiti. Non riuscendo a raggiungere il risultato sperato, il perfezionista critica spietatamente sé stesso e gli altri. Invece di vivere con gioia, il perfezionista è eternamente insoddisfatto, rendendosi schiavo delle irrealistiche aspettative proprie e altrui. Nella sua organizzazione mentale l’errore non è ammesso.
Secondo gli esperti esistono varie tipologie di perfezionismo: il perfezionismo di chi si aspetta l'impossibile dalla propria persona, il perfezionismo verso gli altri e il cosiddetto "perfezionismo socialmente prescritto", tipico di chi pensa che gli altri si aspettino la perfezione. In tal modo si attribuisce eccessiva importanza all'opinione altrui e si fa coincidere l'essere valorizzati con l'essere perfetti.
Il perfezionista verso sé stesso vive secondo l'imperativo autoimposto "Sii perfetto!" e tende a concepire il proprio valore soltanto in termini di prestazioni. Si ama solo se ha successo. Se non raggiunge i livelli di successo prefissati sente di non valere niente, di non esistere. Tipico è il caso dello studente che consegue voti altissimi, al prezzo di sacrificare la vita sociale e i bisogni di riposo, di svago e di autorealizzazione giungendo in questo modo all'esaurimento psicofisico. L'aspettativa "Devo essere il migliore, altrimenti non valgo niente" può condurre a drammi esistenziali altrimenti evitabili. Quando ci si ama in maniera condizionata, in realtà non ci si ama.
Il perfezionista (verso sé stesso) ragiona secondo il motto "O si è primi o non si è nessuno”. L'insoddisfazione cronica del perfezionista sfocia nel senso di colpa e nella vergogna. Giudicandosi imperfetto, inferiore e incapace, il perfezionista si procura laceranti sofferenze interiori. Egli non si accetta.
Il perfezionismo verso gli altri si manifesta con l’insofferenza, oltre che nei confronti dei propri, anche verso i difetti altrui. Le critiche impietose possono riguardare i familiari, i vicini, o i colleghi. Sovente privo di tatto, il perfezionista verso gli altri risulta una persona rigida, intransigente, intollerante, pedante e antipatica. Portatore di verità assolute, nel prossimo vede solo difetti. Non riponendo fiducia negli altri, risulta incapace a delegare. Le critiche feroci cui sottopone chi si relaziona con lui, portano soltanto ad una maggiore frustrazione dell’interlocutore anziché a un miglioramento dei comportamenti.
Il perfezionista "prescritto" si sottomette alle presunte elevate esigenze degli altri, che egli si sforza di compiacere. Finisce così col dipendere interamente dalle opinioni e dalle intenzioni altrui. Egli vuole apparire inappuntabile agli occhi degli altri. Il perfezionista "prescritto" manifesta infatti un bisogno smodato di approvazione.
In generale, i perfezionisti non riconoscono i propri limiti, cercano di placare l'ansia con una smania di controllo dei particolari, soprattutto dei più insignificanti, fanno dipendere l'amore verso sé medesimi dalle performance esibite, temono di essere rifiutati dagli altri se non si mostrano perfetti.
Il perfezionista è spesso un narcisista divorato letteralmente da una esagerata (e quindi non sana) ambizione, un individuo che si pone obiettivi impossibili da portare a termine. L' insuccesso, il fallimento non sono contemplati. Fallire per il perfezionista rappresenta sempre una catastrofe, anziché un’occasione di apprendimento.
Va ricordato che esiste anche un perfezionismo buono: quello che punta al miglioramento e all'eccellenza, nella consapevolezza realistica dei propri limiti.
Il perfezionista è dunque un soggetto che si sottopone a un'esistenza eccessivamente stressante, dominata dall'ansia, dall'ostilità e dalla depressione.
Per guarire dal perfezionismo “malato”, oltre alle considerazioni esposte in precedenza, va raccomandato un confronto continuo con la realtà, privo di deliri di onnipotenza, l’imparare a dire “no” alle richieste eccessive dell’ambiente e a non far dipendere l’amore verso sé stessi dal “fare”, bensì dall’”essere”.
Riferimenti bibliografici:
X. Cornette de Saint Cyr, Sono un perfezionista, ma mi curo! Trovare serenità e soddisfazione tra pretese e aspettative realistiche, Vicenza, Edizioni Il Punto d'Incontro, 2010