Il bene e il male
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L'uomo, nel corso della storia, si è sempre
interrogato su cosa è bene e cosa è male, su ciò
che è giusto e ciò che è ingiusto. Ha sempre
ricercato dei criteri morali cui ispirare le
proprie azioni. E dalla tradizione religiosa e filosofica del passato noi traiamo degli ammaestramenti validi ancor oggi. Il precetto biblico "Ama il
prossimo tuo come te stesso", per esempio,
nella sua lapidaria espressività, rappresenta una massima di saggezza ancora attuale
cui conformare il nostro comportamento, un
insegnamento che, se messo in pratica, racchiude
più verità e si rivela più efficace di interi
trattati. Tuttavia, anche se dalla tradizione del passato possiamo trarre insegnamenti irrinunciabili, non possiamo ignorare che la morale è mutata nel corso della storia dell'uomo. Nel mondo odierno, almeno in quello occidentale, la religione non occupa più, nella vita degli uomini, il ruolo centrale che occupava alcuni secoli fa. Dopo la rivoluzione industriale il potere è passato dalla Chiesa ai centri economici e politici. Nessuna norma, nessuna regola è considerata
oggi immutabile. Il relativismo culturale è
diventato la bandiera di molti. I viaggi sempre
più diffusi e lo studio della storia e
dell'antropologia hanno
insegnato agli uomini contemporanei la
relatività geografica, culturale e storica delle
norme morali. Un filosofo tedesco dell'Ottocento, tenuto in grande considerazione dai filosofi contemporanei, Friedrich Nietzsche, ha invitato addirittura l'umanità ad andare al di là del bene e del male, criticando radicalmente la morale giudaico-cristiana basata, secondo lui, su di un'inversione di valori e sulla colpa. Tuttavia, anche se il nostro tempo sembra caratterizzato da un allentamento della tensione morale individuale e collettiva, le questioni etiche, la scelta tra bene e male, continuano a turbare le nostre coscienze. Possiamo anzi affermare che valori e virtù non sono scomparsi, ma si sono modificati gli imperativi etici, hanno fatto la loro comparsa nuove proibizioni e nuovi problemi morali. La fredda e asettica era della tecnica in cui siamo immersi celebra oggi nuove virtù: la dedizione orientata a un fine, l'uguaglianza, la libertà, la conoscenza, la democrazia. Non è sempre stato così. Le religioni del passato, in particolare l'islam e il cristianesimo, le due grandi civilizzazioni culturali della storia, garantivano agli uomini dei secoli scorsi un orientamento valoriale sicuro e forte, una cornice che forniva all'esistenza umana punti di riferimento saldi e pressoché immutabili. Il mondo moderno, invece, contraddistinto dallo sviluppo scientifico, tecnico ed economico, dove i fini sono determinati dai mezzi, appare assoggettato a un cambiamento continuo, senza meta apparente e senza solidarietà. Nonostante ciò, la società occidentale non si
è disgregata. È stata
invece capace di rinnovarsi, stimolata da
movimenti sorti come risposta, come reazione
alla crisi, alle situazioni di perdita e di
sofferenza. I movimenti, per svolgere un'azione efficace e utile per tutta la società, devono accettare dei limiti, rinunciare al fanatismo e alle pretese totalitarie, rispettare le regole democratiche. L'equilibrio raggiunto nelle democrazie, nel tempo del dominio della tecnica, è, comunque, un equilibrio sempre precario, fragile, basato su un'incertezza continua. La nostra civiltà, nel suo sviluppo caotico, spesso fa sperimentare alle persone il cosiddetto "disagio della civiltà", l'alienazione, il senso di vuoto, lo smarrimento dovuto all'assenza di significato, al non percepire una finalità chiara e positiva nelle proprie azioni. In Italia, poi, esiste una vera e propria "questione morale", collegata ai sempre più frequenti scandali della vita pubblica, alla corruzione, alle chiusure corporative, al disprezzo della cosa pubblica, ad una burocrazia incapace di mettersi al servizio del cittadino, al "familismo amorale" di troppi, a un deficit di senso civico. Ciò è dovuto, almeno in parte, alla storia del nostro paese, che ci ha portati ad essere socievoli, ma non sociali. La sfida del futuro è quindi quella di lavorare non soltanto per una crescita economica e materiale, bensì per il progresso morale. L'evoluzione stessa di altri paesi ci ha dimostrato che soltanto attraverso lo sviluppo etico dei propri componenti una società può raggiungere una qualità della vita elevata e un benessere economico stabile.
Riferimenti bibliografici:
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Pagina aggiornata il 08.10.12 |