
Le cerimonie che accompagnano la consegna dei premi sono abominevoli e Bernhard vi partecipa soltanto perché ad ogni premio si associa una somma di denaro, che serve al nostro per comprarsi una casa da ristrutturare o per finanziarsi viaggi all’estero.
Scopriamo così anche un lato frivolo della personalità di Bernhard, come quando con i proventi di un premio si compra un’automobile di
lusso, una Triumph Herald, che sfascerà pochi giorni dopo in un incidente.
Ad un certo punto, il disprezzo di Bernhard per i premi e per tutta l'organizzazione che ruota loro intorno è tale che, con l'avanzare dell’età, lo scrittore decide di rinunciare ad ogni futura onorificenza.
Le frecciate di Bernhard non risparmiano neppure il Sessantotto e la cultura prodotta da quel movimento di protesta e di rinnovamento della società occidentale, definito una “dilettantesca rivolta tutta romantica”, un “movimento ricalcato con superficialità sull’esempio francese, che non aveva niente di rivoluzionario ma era solo una moda rubata ai Francesi”, “un perverso trastullarsi con il tedio intellettuale”.
Chiudono il libro una serie di discorsi pronunciati dallo scrittore in occasione delle premiazioni, discorsi che vertono sulla miserabile condizione spirituale dell’uomo contemporaneo, consegnato alla fredda chiarezza della Scienza e sempre più infelice.
I miei premi è senz'altro un'opera minore di Bernhard, ma conserva l'aggressività, la lucidità e la profondità delle sue opere maggiori.