
Intelligenza, ironia, comicità, raffinatezza, umorismo, leggerezza, competenza costituiscono la cifra stilistica dei due scrittori, autentici e insuperabili virtuosi della macchina da scrivere.
Con il consueto understatement i due “torinesi” elogiano la parodia, ci introducono ai misteri eleusini del dialogo, della traduzione, della fantascienza, della ghost story, del racconto giallo, poliziesco, horror e thriller, del cinema e dei fumetti, del funzionamento del mondo editoriale, degli scoop letterari inesistenti, dell’apprendimento delle lingue straniere, fino a sconfinare nei territori della fisica e della filosofia.
Circola tra le righe un sano scetticismo sulla capacità di creare scrittori tramite corsi strutturati, tutt'al più esiste la possibilità di formare (sfornare) dignitosi artigiani della scrittura.
Fruttero e Lucentini prendono in giro amabilmente se stessi e il
lettore, le pose intellettuali, la mediocrità, i tic, le
ambizioni sbagliate, la presunzione di troppi che aspirano a
scrivere. Anzi, più che spingere all’emulazione, i loro scritti
fanno sentire il lettore, che avesse qualche velleità di autore, assolutamente inadeguato. Le pagine della pregiata ditta Fruttero&Lucentini sembrano suggerire con un sorrisetto sardonico: “Non ce la la farai mai a
diventare bravo come noi”.