![]() Nicola Gardini, I Baroni. Come e perché sono fuggito dall'università italiana, Feltrinelli, 2009
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N a r r a t i v a |
Approdato per un gioco di potere, del tutto indipendente dai suoi meriti, all’Università di Palermo, il protagonista del romanzo viene impossibilitato a svolgere il proprio lavoro. Ignorato dai colleghi, viene lasciato senza ufficio, senza corsi da svolgere, senza studenti da seguire, in una città abulica, fredda, indifferente e caotica. Si accorge presto di essere soltanto una insignificante pedina di un gioco più grande di lui, condotto abilmente dai baroni, impegnati in un perenne minuetto di alleanze e antagonismi, in un eterno meschino gioco di scambi di favori, ritorsioni, affermazioni di sé e vendette. Una carta da gioco che può essere calata sul tavolo come, all’occorrenza, scartata. Vive interi, lunghi anni di profonda frustrazione e alienazione, rischia di smarrire la propria identità, diventa un personaggio kafkiano di cui sembra condividere le medesime angosce. Assiste ad esami farsa, condotti con
approssimazione, in cui non di rado vengono
promossi, con voti alti, studenti mediocremente
preparati. Ad un certo punto il protagonista arriva persino a provare pietà per loro, in fondo misere persone, narcisi immaturi, bambini incapaci di riconoscere l’altro, persone talmente vuote da essere incapaci di sopportare il silenzio, la solitudine e persino quasi la loro stessa presenza. Professori intellettualmente mediocri, di scarsa qualità umana e professionale, che portano la responsabilità del degrado dell’università italiana. A Gardini capita di trascorrere brevi periodi di insegnamento negli Stati Uniti e di percepire immediatamente il differente clima rispetto all’asfittico e allucinante mondo universitario italiano. Nei campus universitari statunitensi trova organizzazione, cordialità e una competizione talvolta anche dura, ma trasparente, leale, rispettosa del valore e del merito delle persone. Gli studenti ricevono attenzione e hanno diritto ad un insegnamento di alto livello. Alla fine della sua travagliata storia, il protagonista riesce a diventare professore di Letteratura italiana nella prestigiosa università di Oxford. Semplicemente compila una richiesta su Internet e, convocato, viene poi esaminato imparzialmente da una commissione formata da persone competenti. Nonostante il vittorioso epilogo, al protagonista rimane l’amarezza di cittadino italiano nel vedere gli ideali di tanti giovani preparati calpestati da una casta che continua ad agire indisturbata, perseguendo i propri fini abietti. Da qui nasce l’esigenza (e il dovere civico) di scrivere un lucido e infuocato j'accuse. Io ce l’avevo e ce l’ho con i Baroni, i quali sono colpevoli di fronte a tutti gli italiani. Preoccupati di promuovere solo le loro cause personali, incuranti dello sviluppo del sapere e delle coscienze, i Baroni provocano ogni giorno, nella più arrogante certezza dell’impunità, danni incalcolabili al patrimonio umano e intellettuale dell’intero paese. I Baroni operano contro la cultura e contro la libertà. I Baroni sono colpevoli di un crimine tremendo: rubano il futuro. (p. 198)Godibile da un punto di vista letterario, il coraggioso romanzo-documento di Nicola Gardini risulta più incisivo di mille inchieste giornalistiche nella pubblica denuncia dei mali dell’università italiana. La palla ora passa ai politici per l’elaborazione di una necessaria riforma, ormai improcrastinabile, che restituisca alla scuola italiana dignità, credibilità ed efficacia. acquista il libro
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Pagina aggiornata il 30.09.15 |