copertina libroÈ forse arrivato il momento che la politica e il mondo dell’istruzione prendano coscienza che i tempi sono cambiati. La crisi economica che dal 2008 ha investito il mondo intero, in Italia ha avuto ripercussioni ancora più gravi per un ingiustificabile ritardo culturale e per lo sclerotizzarsi di ideologie e pregiudizi. In particolare tutto il sistema della formazione e dell’istruzione, la scuola e l'università italiane insomma, si sono dimostrate incapaci di confrontarsi con la realtà e si sono irrigidite a difesa di corsi di studio organizzati secondo modalità e prospettive obsolete. I nostri diplomati, che non di rado ricevono una formazione umanistica di qualità non riescono poi a inserirsi nel mondo del lavoro e l’università in generale sforna laureati che il mercato non riesce ad assorbire.

Le professioni tradizionali (l’avvocato, l’architetto, l'insegnante), che fino a qualche decennio fa consentivano la sicurezza economica e spesso un trampolino per l’ascesa sociale, mostrano ormai una saturazione difficilmente modificabile in futuro. C’è sempre meno spazio per coloro che intendono condurre una vita agiata dietro a una scrivania, nell’ambito di carriere tradizionali. Forse è giunto il momento che gli italiani scoprano nuove occupazioni, che inizino ad impiegare le mani per ritagliarsi un posto al sole.

Sembra ormai esaurita la spinta propulsiva all’economia dei cosiddetti analisti simbolici (scienziati, architetti, avvocati, consulenti finanziari, giornalisti). Oggi è arrivata l’ora degli “uomini del fare”, dei “makers”, di coloro che le cose non solo le pensano, ma le sanno anche attuare e costruire. L'artigianato, in tutte le sue molteplici forme, potrebbe costituire l'ancora di salvezza, che ci può permettere di uscire dalla crisi, specialmente in Italia dove esiste un tessuto vitale di piccole e medie imprese estremamente competitivo ed apprezzato dal mercato internazionale.

È incredibile come si trascuri il fatto che il nostro Paese sia leader mondiale nel campo dell’abbigliamento-moda (tessile, abbigliamento, calzatura, occhiali e gioielleria), degli articoli di lusso, dell’alimentare (principalmente nella produzione ed esportazione di vino), dell’arredo-casa (prodotti in legno, mobili, piastrelle ecc.), dell’automazione-meccanica. Si tratta del cosiddetto "Made in Italy" che tanto concorre a fare dell’Italia la seconda potenza manifatturiera d’Europa (dietro soltanto alla Germania) e la quinta del mondo. Una serie di produzioni di elevato livello tecnico che genera miliardi di fatturato, resa possibile da un uso sapiente della mani, da un’abilità manuale che tutto il mondo ci invidia.

Lavorare in questi settori non costituisce un ripiego, ma richiede invece una formazione assolutamente di prim’ordine. Formazione che per motivi snobistici, per una concezione eccessivamente nozionistica e teorica degli studi, tende ad essere mortificata. Al contrario, ad esempio, di quanto avviene in Germania, dove la formazione tecnica di alto livello viene coltivata da decenni, con numeri che non hanno l’eguale nel nostro Paese.

Il ripensamento dei sistemi di istruzione e l’interesse per le attività artigianali è d’altronde un fenomeno che ormai riguarda tutto il mondo industriale avanzato. Negli Stati Uniti, sempre all’avanguardia in campo culturale ed economico, sono comparsi numerosi saggi che si occupano del lavoro artigianale. Due su tutti: Il lavoro manuale come medicina dell’anima di Matthew Crawford e L’uomo artigiano del sociologo Richard Sennett. Proprio questi saggi gettano luce sulla complessità del lavoro pratico che, lungi dall'essere un’attività esclusivamente manuale, coinvolge l’intero essere umano. L’artigiano è padrone del proprio tempo e la sua attività si avvicina a quella del creativo e dell’artista. Egli è detentore di un sapere profondo che sa misurarsi sapientemente con la materia. E’ un lavoro che affonda le proprie radici in una comunità, in una tradizione culturale che richiede lunghi tempi di apprendimento. L'artigiano è spesso un risolutore eccezionale di problemi, che supera le sfide quotidiane che il lavoro gli pone, trovando soluzioni originali.

Sarebbe sbagliato tuttavia pensare che i mestieri artigiani rimangano invariati nel tempo, legati indissolubilmente a una tradizione immutabile. Al contrario: l'artigianato contemporaneo sa fecondare le vecchie pratiche con il sapere scientifico-tecnologico della nostra epoca in una superiore sintesi innovativa, sa usare gli strumenti che la rivoluzione informatica gli mette a disposizione, sa comunicare e situarsi in un panorama economico ormai globale e internazionale. L'artigianato di qualità potrebbe rappresentare davvero il futuro per i nostri ragazzi, alle prese con problemi di disoccupazione che sono diventati una piaga nazionale.

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Professore di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, Stefano Micelli esegue in questo pregevole volume una disamina puntuale del lavoro artigiano ed accompagna il lettore nella scoperta di realtà economiche e di aziende d’avanguardia spesso ignorate dalla grande stampa nazionale.

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