Le società occidentali vanno sempre più orientandosi verso la concretezza. E non è detto che sia un male: meglio, molto meglio i fatti e i risultati raggiunti e documentabili che una marea di chiacchiere inconcludenti e di prediche retoriche. Scuola e lavoro esigono lo sviluppo di competenze concrete; la conoscenza è importante, ma è relegata in secondo piano: viene valorizzata soltanto se propedeutica al “saper fare”. Ormai tutto il settore economico verte su una competizione globale che vedrà come vincitori coloro che sapranno realizzare il maggior numero di scoperte scientifiche e di innovazioni tecnologiche.
I media spingono i giovani ad abbandonare gli “inutili” dipartimenti umanistici per dedicarsi allo studio delle cosiddette discipline STEM, le uniche che sembrano promettere denaro, benessere e riconoscimento sociale.
Tuttavia questa concezione estrovertita e materialista dell’esistenza sembra ignorare l’esistenza di un mondo vastissimo, enigmatico, ancora largamente inesplorato: quello costituito dalla vita interiore di ciascuno di noi. Proprio in un momento storico caratterizzato da crescenti opportunità per tutti, ma anche da un disorientamento valoriale senza precedenti, prestare attenzione alla vita interiore non rappresenta un semplice passatempo per perdigiorno, ma una necessità fondamentale di ogni essere umano.
La razionalità che sta dietro allo sviluppo della scienza e della tecnica non è l’unica dimensione della nostra personalità, anzi spesso gioca un ruolo secondario nel dipanarsi delle nostre esistenze. Molto rilievo lo assume il mondo delle emozioni, delle passioni, della ricerca di significato. Ecco allora che si profila l’esigenza di dedicare una parte, forse quella più consistente, della nostra vita, allo studio dello sconfinato mondo interiore che ci abita.
Stare bene con sé stessi, intrecciare relazioni gratificanti, dedicare del tempo alla cura di sé appare più importante, ai fini della soddisfazione personale e del raggiungimento della gioia e della felicità individuali, del successo materiale, del consumo vistoso, della carriera, della fama o del conseguimento di uno status sociale elevato.
L’educazione emotiva dovrebbe diventare a mio avviso una vera e propria materia scolastica. Troppi ragazzi rischiano di perdersi, di soffrire, di non realizzare completamente il proprio potenziale e il proprio destino giustappunto perché nessuno li aiuta a confrontarsi con gli abissi e gli inciampi del proprio essere.
Il disagio emotivo, le ansie e le depressioni, i casi di autolesionismo, l’apatia esistenziale, il ritiro sociale, i disturbi alimentari, il consumo abnorme di psicofarmaci, il tasso elevato di suicidi (e tentati suicidi) sono problemi che colpiscono un segmento significativo del mondo giovanile.
Un’educazione emotiva ben condotta mitigherebbe questo mare di sofferenze in gran parte evitabili. Un’educazione emotiva che non dovrebbe imporre certezze, valori e interpretazioni conformi alla cultura dominante, bensì dovrebbe tradursi in una pratica non dogmatica, un tentativo educativo aperto alla discussione, alla rielaborazione e alla sintesi di esperienze personali e proposte culturali le più varie.
Penso che una materia di questo tipo dovrebbe attingere agli avanzamenti delle neuroscienze e della psicologia, ma anche (e forse soprattutto) al messaggio contenuto nelle grandi opere artistiche, letterarie, filosofiche, musicali (senza escludere cantautori e musica pop!) e alla saggezza profonda e spirituale delle religioni. Non una semplice e passiva trasmissione di conoscenze e informazioni, dunque, ma un vero avviamento alla vita.
Un insegnamento olistico di questo genere conferirebbe spessore alle nostre personalità, profondità storica, culturale e soprattutto umana alle nostre azioni quotidiane.
Sappiamo come il passaggio dall’infanzia alla vita adulta costituisca per ogni essere umano una sorta di shock, che richiede a ogni adolescente di misurarsi con sfere dell’esistenza prima ignorate o perlomeno schermate dalla presenza mediatrice dei genitori. La relazioni di coppia, l’amore, il sesso, l’amicizia, il lavoro, la dimensione di gruppo, l’uso del tempo, la ricerca di un senso del vivere sono ambiti dell’esistenza problematici, con cui tutti dobbiamo fare i conti, a qualsiasi età. Non solo: ci sono emozioni, sentimenti ed esperienze che spesso fatichiamo a gestire: la rabbia, la gelosia, l’odio, il risentimento, l’aggressività, l’ambizione, l’orgoglio, la vanità, la timidezza, la vergogna, l’imbarazzo, l'inadeguatezza, la solitudine, il fallimento, l’errore, il perfezionismo, il giudizio degli altri, il lutto, il rimpianto, l’ossessione, la paura, la colpa, la violenza, il rifiuto, l’abbandono, il ricordo, l'indifferenza, il conflitto, l’identità, l’incertezza, il rischio e molto altro. Scoprire chi siamo e cosa vogliamo, scoprire le nostre aspirazioni autentiche e i nostri talenti, liberarsi da condizionamenti e insegnamenti sbagliati è un compito arduo, direi "interminabile" e tuttavia è forse l'avventura più importante che ci è dato di affrontare durante la nostra breve esistenza.
Oggi tutti gli ambiti vitali, compreso quello economico e produttivo, richiedono lo sviluppo di qualità collegate all'intelligenza emotiva: gentilezza, empatia, attenzione alla proprie e altrui esigenze, socialità, grinta, una sufficiente stabilità psicologica, creatività, apertura mentale. Gli esperti le chiamano abilità trasversali o soft skills, aspetti della personalità che contribuiscono ad aumentare il “capitale umano” di ciascuno di noi e in definitiva la nostra occupabilità.
Ma al di là delle sempre un po’ tristi e alienanti esigenza produttive, sviluppare armoniosamente la propria sfera emotiva ci consentirebbe di condurre una vita qualitativamente migliore, più soddisfacente.
In conclusione, il socratico “Conosci te stesso”, rimane ancora oggi il compito più importante della nostra esistenza. Ignorarlo potrebbe risultare esiziale per noi e per chi ci circonda.
Riferimenti bibliografici:
de Botton, A., The School of Life, Un'educazione emotiva, Parma, Guanda, 2020
La Marca, A., Soft skills e saggezza a scuola, Brescia, Scholé, 2020
Prete, A., Il cielo nascosto. Grammatica dell'interiorità, Torino, Bollati Boringhieri, 2016
Sestito, P., Cipollone, P., Il capitale umano, Bologna, Il Mulino, 2010