copertina libroLa cultura-mondo è "la cultura del tecnocapitalismo planetario, delle industrie culturali, del consumismo totale, dei media e delle reti digitali". Si tratta di un'ipercultura universale, che supera la contrapposizione tra cultura delle elite e cultura popolare. Nel mondo odierno la cultura si intreccia con l'industria e si diffonde in tutto il globo.

Il mondo pare seguire un modello unico di valori. Tramontate le grandi ideologie, è subentrato una sorta di disincanto collettivo. Non ci si concentra più sul futuro ma sul presente e sul breve termine, convergendo in un'ipermodernità fatta di individualismo e consumismo. Le strutture gerarchiche hanno lasciato il posto alle reti, ai flussi, alla fluidità. Spariti i vecchi antagonismi e contrapposizioni, la razionalizzazione, la globalizzazione e la mercificazione invadono tutti i campi. Mercato e competizione sono divenuti valori cardine, universalmente accettati. L'economia è diventata la disciplina che condiziona le nostre vite, a qualsiasi latitudine, e costituisce ormai la base della stessa produzione culturale. La finanza e il mondo egli affari hanno sedotto anche le nuove aristocrazie, un tempo refrattarie al culto del denaro.

Il mondo odierno trabocca di merci, immagini, informazioni, marche, prodotti alimentari, film, musiche, libri, oggetti e servizi di ogni tipo, come mai era accaduto nel passato. Il consumo si è fatto bulimico. Il tempo si è compresso e lo spazio ristretto. Ciò non significa che il mondo ipermoderrno sia completamente uniforme. Anzi, sotto la spinta della globalizzazione riemergono questioni legate all'identità, alle "radici", al credo religioso. Nella cultura-mondo omologazione e differenziazione coesistono:

"Non ci stiamo avviando verso un mondo in cui i gusti, i modi di vivere e i costumi saranno identici, ma verso culture differenti riorganizzate dalle medesime logiche del capitalismo e del tecnicismo, dell'individualismo e del consumismo. non un modello unico, ma versioni differenti di una cultura-mondo fondata sul mercato, la tecnoscienza, l’individuo".

La cultura-mondo non ha soltanto delle ripercussioni esteriori sulla vita delle persone, ma tocca anche la sfera intima, il mondo interiore. Un primo tratto è il disorientamento generalizzato. È un'epoca la nostra caratterizzata dall'ansia, dall'incertezza, dalla confusione, dalla depressione. Le scelte che si aprono davanti a ciascuno di noi sembrano infinite e ciò determina in molti un'angoscia esistenziale insopportabile. Spesso le persone reagiscono alla mancanza dei tradizionali punti di riferimento, avvertendo un senso di vuoto, di assenza di significato, e cercano di stordirsi in molti modi, non ultimi il divertimento e la facile evasione.

L'avidità ci porta all'egoismo e a desiderare sempre di più. Le richieste esterne di "essere sempre moderni, reattivi, informati, efficienti" e performanti generano insicurezza e nuove inquietudini.

La cultura alta è stata sostituita da una cultura di massa forse superficiale, "barbarica", ma diffusa; la cultura scientifica, impregnata di razionalismo, si è imposta su quella umanistica. L'immagine ha la meglio sulla parola e leggere libri sembra essere un'attività pochissimo praticata, dunque non al passo con i tempi. La tradizionale vita intellettuale sembra restringersi soltanto alle università, alle accademie, alle burocrazie del sapere, agli specialisti. Mentre la cultura commerciale, propagata da un'infinità di media, si estende a macchia d'olio, occupando sempre nuovi spazi e assumendo un ruolo preminente nella vita economica.

In sintesi, Lipovetsky, filosofo e sociologo e Serroy, docente universitario esperto di letteratura e di cinema, individuano quattro caratteri fondamentali dell'ipermodernità: l'ipercapitalismo, l'ipertecnicizzazione, l'iperindividualismo e l'iperconsumismo.

Tra le tante novità tecnologiche che hanno cambiato il mondo negli ultimi secoli, quella che oggi ha l'impatto maggiore è lo schermo. Prima quello cinematografico ha generato l'industria hollywoodiana dei sogni, poi la televisione ha concorso a creare il "villaggio globale" di McLuhan. Oggi è il computer a farla da padrone, con la possibilità infinita, tramite Internet, di produrre informazioni, scambi di idee e relazioni personali. Ma soprattutto, capace di determinare un nuovo atteggiamento da parte dell'utente, non più consumatore passivo di notizie e spettacoli, ma protagonista, egli stesso produttore di contenuti. Atteggiamento che sta contribuendo a rivoluzionare in modi ancora imprevedibili tutto il mondo dei media. Si sta realizzando più che mai la profezia di Andy Wahrol: "nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti".

Gilles Lipovetsky e Jean Serroy ci consegnano un bel saggio sulla nostra civiltà in cui quasi tutti, temo, ci riconosciamo. Scritto in un linguaggio chiaro e brillante, con analisi ben argomentate, il libro dei due autori francesi stimola a riflessioni non banali sulla condizione dell'uomo contemporaneo. Soprattutto, sa mantenere un atteggiamento equilibrato, quasi aristotelico, tra l'apocalittico e l'integrato, rilevando della nostra epoca non solo le ombre ma anche le luci e i motivi di fondata speranza.

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